Salvini e la nuova era della comunicazione politica

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Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini è ormai il leader indiscusso dell’uso del web, la piattaforma relazionale sempre più utilizzata nel rapporto tra leader e simpatizzanti.

Dimostra di essere un leader capace di comunicare, di attuare la ‘banalizzazione del quotidiano’ allo scopo di porsi sullo stesso piano emotivo dei cittadini. La foto al mare, mentre fa colazione, sulla barca in vacanza con la fidanzata non sono altro che l’applicazione della sua strategia di comunicazione politica. Questi episodi, che in passato avrebbero ucciso la carriera del politico di turno poiché delegittimanti, oggi invece premiano con una valanga di like. Sono proprio questi ultimi che misurano la popolarità e il successo di un personaggio mediatico e che sempre di più si applicano alla categoria dei politici.

La classe politica, non può fare a meno di adeguarsi al cambiamento imposto dal tempo, tanto che chi resiste a queste pressioni ambientali e storiche rimane schiacciato. Così come è annientata la distanza tra l’elettorato e la ‘casta’; una leadership politica che fa entrare il cittadino nella sua sfera più intima e privata, una confidenza che è sempre più remunerativa a livello elettorale. In un contesto in cui le fedeltà ideologiche sono sempre più in crisi, in cui i partiti non esercitano più la loro funzione educativa e di socializzazione, c’è un bisogno continuo di attrarre sostenitori per reagire alla fluidità del voto.

Ciò che spesso si ignora è che chi mette un like, chi commenta è parte di un universo digitale, che non equivale alla vita reale. La rete non è la realtà. O meglio è una parte di essa (ma non necessariamente si trasformerà in elettori).

Si apre dunque un problema: quello della dialettica tra comunicazione istituzionale e quella sulla rete. Un leader politico, specie se occupa una carica istituzionale, dovrebbe essere consapevole della sua influenza nell’innescare determinati comportamenti (coscienza della propria responsabilità politica).

Non bisogna dimenticare che il cuore della comunicazione politica rimane sempre il messaggio che si vuole veicolare. Un esempio di questo può essere rappresentato da un atteggiamento di per sé innocuo, come l’indossare da parte di Salvini la divisa della Polizia di Stato durante apparizioni pubbliche (che non siano occasioni ufficiali o pertinenti): esso può veicolare un messaggio come ‘la Polizia appartiene a me’. Infatti ciò è stato oggetto di critica da parte di Roberto Saviano al Ministro dell’Interno, ricordando l’importanza dell’uso della divisa nelle dittature totalitarie.

L’utilizzo della strategia della banalizzazione del quotidiano tramite la rete è stato accolto sia da politici alleati di governo (come il recente video di Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio in macchina verso Strasburgo per ‘cambiare l’Europa’) che dall’opposizione (come l’appuntamento di Matteo Renzi con il suo #matteorisponde), a dimostrazione che questa tendenza è generalizzata.

Dunque i mezzi utilizzati in passato sono in crisi? La Tv è ancora rilevante? La Rete è il futuro della comunicazione politica? Quello che si può constatare è la dicotomia tra online e offline, ossia tra l’uso della rete e la necessità, forse ancestrale, del rapporto sempre più diretto con l’elettore. Proprio la dimensione relazionale orizzontale con il leader è il fattore sempre più rilevante per convincere, per spronare a recarsi alle urne. Questa ambivalenza può sembrare contraddittoria ma utile a capire quali difficoltà sta vivendo una società in trasformazione nell’adattarsi al nuovo contesto ma in costante tensione con un passato che rappresenta sempre un porto sicuro.

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