Maria Fida (figlia di Aldo Moro) fa causa allo Stato

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 “La legge sulle vittime del terrorismo è applicata per tutti tranne che per noi. Non vogliono darci quella pensione perché mio padre aveva donato tutte le sue indennità parlamentari ai bambini poveri. Era un grillino ante-litteram, però nello spirito iniziale, io sono stata al primo V-day e mi chiedo dove sia finito quello spirito. Lo Stato si è girato dall’altra parte e ha negato l’evidenza in maniera sovraumana. Che cosa l’hanno fatta a fare la Commissione d’inchiesta se poi hanno secretato tutto. Andreotti? Gli sono state attribuite più responsabilità di quante effettivamente ne avesse. Andreotti, che era di una corrente politica avversa a quella di mio padre, almeno è stato gentile, Cossiga invece mi telefonò dal Quirinale e poi sparì nel nulla”

Maria Fida Moro, figlia primogenita di Aldo Moro, è intervenuta ai microfoni de “L’Italia s’è desta” condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

Riguardo la sua decisione di far causa allo Stato. “Premesso che non mi piace il mestiere di vittima, perché non è né una vocazione né una scelta, nel nostro caso è una questione di giustizia –ha affermato Maria Fida Moro-. Posto che la legge delle vittime sul terrorismo del 2004 è stata applicata per tutti tranne che per la mia famiglia, volevo ricorrere alla Corte europea dei diritti umani dove però potrò andare solo dopo aver tentato tutte le strade in Italia. La Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro ha trovato l’80% della verità e ha secretato tutto per i prossimi 50 anni, questo è perlomeno un po’ inquietante. Avevano il diritto giuridico di farlo, ma che l’hanno aperta a fare una nuova commissione d’inchiesta se poi viene tutto secretato per 50 anni? Oltre a questo ci sono tanti comportamenti che non vanno bene. Ad esempio familiari delle vittime erano stati invitati a vedere la fiction con Placido, che non mi era piaciuta per niente come tutti i film e le fiction sul caso Moro, mi piace un po’ il film “Piazza delle Cinque Lune” che almeno distingue tra la parte romanzata e quella di cronaca. Comunque, ci invitano alla prima di questa fiction dicendo: sarebbe meglio se non veniste. Questo accade perché noi richiamiamo all’attenzione della coscienza del popolo sovrano la parte dolente di questa ingiustizia conclamata che è il caso Moro. Possono parlare tutti e dire le peggiori stupidaggini, tranne noi. La stupidaggine più grossa l’ho sentita da una pilota di elicotteri che raccontava in pubblico che mio padre studiando a Napoli le faceva da babysitter sulla spiaggia e le dava le caramelle. Mio padre non ha mai studiato a Napoli, non ha mai fatto il babysitter, non dava mai le caramelle primo perché c’era la guerra e non aveva le caramelle e inoltre era un igienista convinto e neanche a noi le dava. Tutti vogliono trovare un posto in questa vicenda, ma non nel dolore, nella verità, vogliono fama.

C’è gente che abitava nel nostro stesso condominio che ci detestava perché gli scocciava che nei giorni del rapimento avessimo una visibilità che di certo non avevamo cercato. Io non mi lamento per me, mi lamento per mio padre. Mio padre è emblema delle vittime del terrorismo, ma per lui la legge non vale. A me, figlia maggiore, ex senatore della Repubblica, non possono applicare la legge. Con questa legge ti viene data una pensione virtuale che aggiunge degli anni virtuali a quelli che tu hai effettivamente fatto. Mio padre ha dato tutte le sue indennità parlamentari ai bambini poveri perché potessero studiare. Era un grillino ante-litteram, però nello spirito iniziale, io sono stata al primo V-day e mi chiedo dove sia finito quello spirito.

Chiusa parentesi, lui avrebbe avuto diritto ad avere questi anni virtuali. Sono denari che a mio padre non servivano perché era professore universitario e ci faceva vivere con quelli. Lo Stato, come fa in tutti gli altri casi di vittime, prende gli applausi, ma ricordo un ministro che a una celebrazione ridacchiava con un altro. Questi non ci devono venire alle celebrazioni. Non servono le ricorrenze, le corone di fiori, il giorno della memoria, servirebbe un silenzio rispettoso e l’applicazione delle leggi dello Stato.

Hanno negato l’evidenza in una maniera sovraumana. La Commissione parlamentare che ha secretato gli atti, ha scoperto che la mattina del 13 marzo la GDF è andata nel covo giusto e il portiere gli ha detto: non è qui. Lo Stato si è girato dall’altra parte. Io non ho il potere di giudicare, chiedo solo conto allo Stato del suo comportamento”.

Su Andreotti. “Dopo la morte di mio padre il mondo si è diviso in due: la gente della strada ci accoglieva, poi c’era il potere che ci disprezzava, ci ignorava. Andreotti stranamente quel poco che poteva fare l’ha fatto, ha risposto alle lettere, ha risposto al telefono, ha mandato a mio figlio Luca un violino il giorno del suo compleanno. Ad Andreotti sono state attribuite più responsabilità di quante effettivamente ne avesse. Andreotti, che era di una corrente politica avversa a quella mio padre, almeno è stato gentile.

Vogliamo parlare di Cossiga che era un amico di mio padre e si davano del tu? Cossiga cosa ha fatto? Niente. Quando è stato eletto Presidente della Repubblica, Cossiga mi ha chiamato al telefono dal Quirinale e mi ha detto: la prima telefonata che faccio da Presidente è per voi, sono a disposizione. Poi è sparito nel nulla. Una volta gli chiesi di far visitare a un bambino malato la carrozza d’oro che sta nelle scuderie del Quirinale chiedendo che potesse andare fuori orario. La sua risposta è stata no”.

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