Caso Regeni, la svolta

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Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io stesso l’ho colpito più volte al volto”. A parlare è uno dei funzionari della National security egiziana sospettati del sequestro di Giulio Regeni che, a quanto riferiscono il ‘Corriere della Sera’ e ‘la Repubblica’, ha raccontato di aver partecipato al “prelevamento” del giovane ricercatore italiano rapito al Cairo la sera del 25 gennaio 2016.
L’episodio è stato rivelato da una persona che ha assistito alla conversazione tra il funzionario egiziano e il suo interlocutore, un testimone occasionale che conosce la lingua araba e ha capito cosa si dicevano i due.

Testimone che ha deciso di raccontare tutto ai legali della famiglia Regeni, coordinati dall’avvocato Alessandra Ballerini che assiste i genitori del ricercatore ucciso, i quali hanno messo queste dichiarazioni a disposizione dei magistrati romani. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco, secondo quanto riferisce il ‘Corriere’, “considerano la testimonianza attendibile, logica e congruente con altri elementi acquisiti nell’indagine, per questo nei giorni scorsi hanno inoltrato al Cairo una nuova rogatoria in cui chiedono informazioni che potrebbero fornire ulteriori riscontri”.

CHI E‘ – Sarebbe Sharif Magdi Abdelal, 35 anni, l’ufficiale della National Security, il servizio segreto interno egiziano, ad aver ammesso di essere stato uno dei rapitori. La novità, secondo quanto riporta il ‘Tg La7’, emergerebbe dai documenti appena inviati dalla Procura di Roma a quella del Cairo, sui quali venerdì c’è già stato un primo confronto telefonico tra il premier Giuseppe Conte e il presidente egiziano Al Sisi.

Finora i tragici fatti di tre anni fa al Cairo – ricostrusce il ‘Tg La7’ – sono stati avvolti da una nebbia impossibile da diradare per la Procura di Roma. Ma ora un testimone non italiano che nell’estate del 2017 era in Kenya, a Nairobi, si sarebbe trovato casualmente ad ascoltare una conversazione nel tavolo accanto al suo. Un pranzo in cui Sharif Magdi, chiacchierando della situazione politica egiziana e della lotta all’opposizione, ha messo se stesso al centro del sequestro di Giulio Regeni, facendo ammissioni fondamentali.

Secondo il racconto del maggiore Magdi, la sera del 25 gennaio 2016 Giulio Regeni viene caricato a forza in una macchina della National Security. ”Io stesso l’ho colpito più volte, credevamo che fosse una spia e che stesse per incontrare una persona sospetta”, ha ammesso il maggiore, mettendo poi un punto al proprio coinvolgimento nel tragico destino di Giulio.

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