Le famiglie consumano meno, tagli anche sul cibo

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Rispetto al 2011 le famiglie consumano meno. Nel 2018 la spesa media annuale e’ stata di 28.250 euro, 2.530 in meno rispetto a otto anni fa (-8%). E’ il quadro fornito da Confesercenti. Si risparmia anche sul cibo, una spesa ritenuta ‘incomprimibile’, che ha perso 322 euro.

Le famiglie spendono meno e i negozi continuano a chiudere. E’ quanto emerge dallo studio di Confesercenti sullo stato del consumo e del commercio in Italia. Un quadro che rischia di aggravarsi se l’Iva dovesse aumentare nella prossima legge di bilancio. Secondo l’associazione infatti lo scatto delle clausole di salvaguardia nel 2020 avrebbe un impatto devastante: la spesa si contrarrebbe di 8,1 miliardi, pari a 311 euro in meno per famiglia, provocando la chiusura di oltre 9mila negozi. L’aumento dell’imposta sul valore aggiunto renderebbe poi nulli gli effetti positivi delle misure espansive adottate nell’ultima manovra, compreso l’aumento della spesa delle famiglie generato dal reddito di cittadinanza che la Confesercenti stima pari a 7 miliardi di euro nel triennio 2019-2021.”L’Italia è un malato con la febbre alta che va curato, non si possono aumentare le tasse”, ha commentato la presidente dell’associazione Patrizia De Luise sottolineando la necessità di un intervento immediato da parte del governo. In particolare, secondo Confesercenti, per dare una spinta ai consumi, e di conseguenza al Pil, bisognerebbe introdurre una flat tax sugli aumenti salariali al di sopra dei minimi contrattuali che, se applicata per tre anni, lascerebbe nelle tasche degli italiani 2,1 miliardi di euro in più all’anno.

Nel 2018 la spesa media annuale delle famiglie è stata di 28.251 euro, inferiore di 2.530 euro rispetto ai livelli del 2011 (-8,2%). Una cifra superiore alla perdita effettiva di reddito (-1990 euro) registrata nello stesso periodo. Complessivamente, il mercato interno italiano ha perso dunque circa 60 miliardi di euro negli ultimi otto anni.Si spende di meno praticamente su tutto ad eccezione di istruzione e sanità. Tra le spese sono state tagliate soprattutto quelle per l’abitazione, -1.100 euro all’anno per famiglia rispetto al 2011, l’abbigliamento (-280 euro), ricreazione e spettacoli (-182 euro), comunicazioni (-164 euro) e alimentari (-322 euro), una voce di consumo che un tempo si riteneva una spesa incomprimibile, e che invece ha perso il 6%.La riduzione dei consumi ha avuto un impatto forte sulle imprese. Tra il 2011 ed il 2018 sono spariti oltre 32mila negozi in sede fissa specializzati in prodotti non alimentari e nel 2018 hanno chiuso 153 negozi al giorno. A pagare più di tutti è stato il settore dell’abbigliamento, che lascia sul campo oltre 13mila saracinesche abbassate. Ma pesanti perdite si registrano anche per le librerie (-628), le edicole (-3.083), i ferramenta (-4.115) e per i negozi di giocattoli (-1.034). A sostituire le botteghe, sempre di più, ristoranti e web con un boom dell’e-commerce. Nel 2018 le imprese attive nel commercio via internet erano 22.287, il 119,8% in più rispetto al 2011.

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