I numeri che smentiscono la bufala dei troppi italiani che si spostano in auto

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Dall’inizio del lockdown, i chilometri percorsi sono diminuiti dell’87%. Dal 22 marzo, data del fermo alle attività non essenziali, il calo sfiora il 90%. Il confronto è con la media giornaliera di uno degli ultimi periodi di normalità, quello che va dall’11 al 25 febbraio 

© Francesco Fotia / AGF
– L’erba cresciuta a Piazza del Popolo

No, in Italia non ci sono più auto in giro che altrove. No, gli italiani non cercano di evadere nei fine settimana. Anzi: il sabato e la domenica sono immobili. No, non è vero che Milano ha più contagiati di Roma perché “non si ferma”. Si è fermata eccome. I dati arrivano dall’app di navigazione Waze. Confermano, a grandi linee, quello che ha già detto Google. A differenza di Maps, però, è utilizzata solo al volante e dà quindi un quadro degli spostamenti in auto. Risultato: dall’inizio del lockdown, i chilometri percorsi sono diminuiti dell’87%. Dal 22 marzo, data del fermo alle attività non essenziali, il calo sfiora il 90%. Il confronto è con la media giornaliera di uno degli ultimi periodi di normalità, quello che va dall’11 al 25 febbraio. Per dare un’idea di quanto sia forte la stasi italiana: a livello globale, gli utenti di Waze stanno percorrendo il 60% di chilometri in meno.

L’impatto dei decreti sulla mobilità

I dati dell’app sono quotidiani. Permettono quindi di osservare le oscillazioni giorno per giorno e (quantomeno) di ipotizzare una relazione tra le misure del governo e la circolazione di auto. All’inizio di marzo e prima ancora che iniziasse l’estensione della zona gialla nel nord Italia, i chilometri percorsi erano già diminuiti del 20%. L’8 marzo, alla vigilia dell’annuncio del lockdown nazionale, il calo è del 40%. Quattro giorni dopo, il Dpcm che ha decretato lo stop di vendita al dettaglio e ristoranti accelera la tendenza: la contrazione arriva al 76%.

Dal 12 al 21 marzo, con gli italiani in casa e i negozi chiusi, la flessione media è dell’85,6%. A questo punto arriva l’ultima stretta: il Dpcm del 22 marzo chiude le attività ritenute non essenziali, impianti produttivi compresi. Con quali effetti? Da questo momento e fino al 18 aprile il calo si è rafforzato, passando all’89,6%, con una leggere ripresa del traffico nelle ultime due settimane del periodo. Pare quindi che il blocco delle attività non essenziali abbia avuto un impatto sulla mobilità del 4% in termini di chilometri percorsi ogni giorno.

Ma quali grigliate: il fine settimana tutti a casa

Da quando pub e ristoranti sono stati chiusi, gli italiani si sono dimostrati sin da subito molto diligenti nei fine settimana. Il calo registrato da Waze è stabilmente oltre il 93%. Con un picco del 97% a Pasqua e del 96% a Pasquetta. Insomma: se gli italiani hanno acceso la macchina e si sono mossi non è stato certo per capricci o grigliate. Come suggerisce la differenza con i giorni feriali, lo hanno fatto quasi sempre per lavorare. Tra i Paesi europei analizzati dall’app, solo Spagna e Lussemburgo hanno avuto una frenata paragonabile a quella italiana, anche se è iniziata una settimana dopo. La Francia ha avuto più o meno gli stessi tempi di Madrid, ma con un calo del chilometraggio più blando, vicino all’83%. Per non parlare del Regno Unito: dal momento del lockdown, la flessione è stata del 73%.

Milano si ferma (come Roma)

Waze ha analizzato il traffico in due città italiane: Roma e Milano. L’impatto del coronavirus, almeno nei numeri dei positivi registrati, non ha confronto. Nella Capitale sono poco più 4 mila, meno di un quarto rispetto a quelli del capoluogo lombardo. Si è parlato spesso di una Milano che non può o non vuole fermarsi. I numeri dicono altro: dall’8 marzo, giorno in cui è stato dichiarato il blocco totale per la Lombardia, il traffico in città ha registrato una diminuzione dell’86%, identica a quella di Roma e senza differenze significative nei giorni feriali né in quelli festivi. Il mantra della “Milano che non si ferma” ha fatto i suoi danni, ma poi Milano si è fermata davvero. Le ragioni di una così marcata differenza con Roma nella diffusione del contagio, quindi, non si spiegano con una più o meno marcata mobilità e andrebbero approfondite altrove. Certo: la disciplina non si quantifica in chilometri, non si circola solo in macchina, non tutti utilizzano Waze. E poi ci sono i mezzi pubblici (a Milano più agevoli) e la densità delle auto per abitante (a Roma è maggiore). I numeri dell’app, quindi, non sono verità assoluta. Ma sono comunque un indizio perché rappresentano una platea significativa. Waze non rivela quanti utenti attivi abbia, ma afferma che l’Italia è il terzo mercato europeo. Nel 2019, gli utenti italiani hanno percorso in media 443.931.611 chilometri e usato l’applicazione per 10.564.275 ore al mese.

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