Liberazione e Costituzione, le due conquiste più importanti del secolo scorso

Politica

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Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.

(La Divina Commedia, Purgatorio, canto I, vv 71-72)

I movimenti clandestini che vanno sotto il nome RESISTENZA costituirono uno dei fatti nuovi della Seconda Guerra Mondiale e sorsero per combattere contro il regime nazifascista che aveva soppresso tutte le libertà civili. Si attestò come un movimento antifascista, anche se inizialmente la sua lotta armata era diretta contro l’occupazione nazista dell’Italia. In seguito si trasformò in un movimento ideologico che considerava la guerra quale scontro frontale tra democrazia e totalitarismo.

Molti furono i martiri tra le loro fila e tra coloro che in qualche misura li aiutavano. Con il passare del tempo il Movimento si fece sempre più forte e, per la presenza di personaggi di grande spessore politico, ma anche per le feroci rappresaglie con le quali reagirono le forze tedesche, cominciò ad allargare la prospettiva iniziale proiettando la sua visione oltre il presente. Soprattutto iniziò a pensare alla costruzione di una democrazia forte che potesse resistere contro ogni tentativo di restaurazione di regimi totalitari. Il passo più importante della Resistenza fu quello di rovesciare il regime dittatoriale del fascismo e della monarchia che quel regime consentì che nascesse e si rafforzasse. Proprio per questo la Resistenza non può essere considerata solo un Movimento volto alla liberazione dell’Italia dall’invasore nazista ma anche quale promotore di un rinnovamento politico dell’organizzazione statale, prefigurandosi un assetto politico nel quale potessero vivere ed esprimersi idee e partiti di diversa ideologia. In pratica, un assetto politico fondato su principi di democrazia, reso possibile dalla maturazione del popolo italiano che aveva compreso la differenza morale e politica tra la democrazia e il totalitarismo.

E’ il momento della politicizzazione del Movimento che comprese che la lotta non poteva esaurirsi con la liberazione del territorio dalle forze tedesche e con la caduta del Fascismo. Occorreva un salto di qualità che prevedesse un’attività volta a dare un assetto all’organizzazione statale per evitare il ritorno del regime totalitario e per garantire il riconoscimento a tutti gli italiani le libertà che il Fascismo aveva soppresso. Del resto la Resistenza fu guerra di popolo contro il regime ma anche promotore di forma di governo democratico con un ordinamento giuridico che impedisse anche nel futuro ogni tentazione di ripristino della dittatura fascista. Avvertivano i resistenti che l’ideologia totalitaria non era del tutto estinta. Da qui l’esigenza di impedire che i focolai della peste nazi-fascista si propagassero e riproponessero la rinascita, anche se sotto diverso nome, di un regime antidemocratico.

Non è mio compito soffermarmi sullo svolgimento della lotta clandestina del Movimento né su quello che successe dopo l’8 settembre 1943. Questo è un compito che spetta agli storici molto più attrezzati nell’esaminare le vicende postbelliche. Aggiungo solo che i danni provocati dalla guerra erano molto ingenti, le case distrutte, il sistema delle comunicazioni e dei trasporti resi inefficienti. L’agricoltura aveva subito gravi danni soprattutto nelle regioni centrali e in vaste zone dell’Emilia, dove le razzie dei tedeschi in danno del patrimonio zootecnico erano state frequenti. La situazione economica era, quindi, disastrosa e pesava gravemente sul popolo italiano. Da qui la necessità di dare all’Italia un governo capace di risollevare le sorti dell’economia nazionale.

I partiti antifascisti, il PCI, il Partito d’Azione, la Democrazia Cristiana, i Liberali, i CLN dovettero confrontarsi con le forze conservatrici presenti in modo rilevante specialmente al NORD. Valiani per il PdA, Pertini per il PSIUP, Sereni per il PCI, Marazza per la DC, Arpesani per il PLI, confluiti nel CLN, insieme pensarono di predisporre riforme radicali sia del sistema economico sia dell’ordinamento costituzionale dello Stato. Costituzione e ricostruzione furono visti come i principali obiettivi politici da realizzare al più presto e nel modo migliore. Il Governo Parri, costituito nel giugno del 1945, sulla scia delle proposte dei partiti che lo sorreggevano, era impegnato a preparare le elezioni della Costituente, elezione che doveva svolgersi a suffragio universale, maschile e femminile, con voto diretto e segreto.

Il 2 giugno 1946 si celebrarono libere elezioni a suffragio universale. Il referendum istituzionale si concluse con la scelta della forma repubblicana dello Stato. Il 28 giugno Enrico De Nicola venne eletto Capo Provvisorio dello Stato e successivamente, il 22 dicembre 1947, fu approvata la Costituzione che fu promulgata il 27 dicembre dal Capo Provvisorio dello Stato. I costituenti, considerato che una gran parte del popolo italiano manifestava qualche nostalgia per il passato regime, stabilirono e codificarono che la Costituzione fosse rigida, cioè non modificabile seguendo le procedure ordinarie, ma con la procedura prevista dall’art. 138 secondo il quale “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni, ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi stesse sono sottoposte a “referendum”popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquantamila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata , se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione di ciascuna Camera a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.

Ebbene, i nostri costituenti furono molto avveduti, in quanto i tentativi di alcuni personaggi politici non solo del passato remoto ma anche di questi ultimi anni qualche tentazione l’hanno avuta. Ma proprio la rigidità della Costituzione ha reso vano ogni tentativo in tal senso. Perciò, festeggiamo il 25 aprile come la festa più importante della nostra storia repubblicana. Ma anche per ricordarci che il pericolo totalitario non è scomparso del tutto.

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