L’Isis approfitta del coronavirus in Iraq. «Presto colpiranno Baghdad»

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Il coronavirus si è rivelato una vera manna per quel che resta dello Stato islamico in Iraq e in Siria. Non solo l’attenzione mondiale, paesi mediorientali compresi, si è spostata sull’emergenza sanitaria ma anche i contingenti militari hanno ridotto la propria operatività per prevenire contagi. E l’Isis ne ha approfittato, passando «da 4 a 20 attentati al mese».

«LA MINACCIA È REALE, PRESTO A BAGHDAD»

Tra aprile e maggio i jihadisti sono riusciti a compiere due attacchi complessi, utilizzando dei kamikaze, nel nord dell’Iraq, soprattutto a Kirkuk, e a uccidere almeno 10 soldati iracheni. I numeri possono sembrare esigui rispetto alle stragi compiute tra il 2014 e il 2017, ma gli esperti rilevano un aumento importante della potenza letale dei terroristi islamici rispetto soltanto a pochi mesi fa.

«La minaccia è reale», dichiara il vicepremier del Kurdistan, Qubad Talabani, all’Associated Press. «Si stanno mobilitando e ci attaccano nel Nord. Presto cominceranno a colpire anche Baghdad». Secondo l’intelligence americana, l’Isis dispone ancora di 2.500-3.000 soldati in Iraq, ma anche in Siria ha intensificato gli attacchi a Homs e Deir Ezzor.

ATTACCHI SOFISTICATI NEL NOME DEL LEADER

Se prima si limitava alle azioni di disturbo, ora, complice la diminuzione del 50 per cento del personale militare iracheno sulle strade a causa del coronavirus, compie attacchi più sofisticati e coordinati. Secondo alcuni ufficiali delle forze armate, l’obiettivo dell’intensificarsi degli attacchi nel mese di Ramadan sarebbe quello di aumentare l’influenza del nuovo leader dell’Isis, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi.

Foto Ansa

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