Come si sta trasformando il rap secondo Dani Faiv

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È uscito da poco “Scusate se esistiamo”, ultimo lavoro del rapper spezzino, tra tradizione e sperimentazione

 
dani faiv scusate se esistiamo

Dani Faiv

È uscito da alcune settimane “Scusate se esistiamo”, il nuovo disco di Dani Faiv, uno dei più talentuosi rapper della scena italiana. 26 anni di La Spezia, il suo è un rap che viaggia tra il classico della tradizione americana, rispettando dunque le radici del genere; e una sperimentazione mai fine a se stessa, con un occhio attento, tecnico, al beat, alle rime, al messaggio. L’impressione parlandoci è che abbia le idee molto chiare su quello che vuole da se stesso come uomo e come rapper. E anche sulla funzione del rap in generale, intesa come arte da rispettare senza fronzoli, senza inutili atteggiamenti, buoni giusto a distrarre dall’essenza di ciò che un artista ha da dire e che possono corrodere la capacità di percepire la necessità di dirla.

Nel disco ci sono diversi accenni alla figura del rapper, che in questi anni si sta molto trasformando…

“Più che trasformata si è evoluta, com’è giusto che sia. È un genere che si adatta bene o male a tutto, le strofe rap possono stare benissimo in un pezzo pop, possono stare in un pezzo più reggaeton, possono andare sulla cassa dritta come ha fatto ANNA, che sta andando molto di moda ora. Ci sono tantissime sfaccettature, quindi la figura del rapper è dura che possa morire; sicuramente è una figura che ha sempre qualcosa da dire e non avrà mai modo di essere spenta”

Il rap ha un po’ abbandonato la denuncia sociale…

“Io sono dell’idea che la musica è libera e secondo me non funziona quando uno si mette troppi paletti. È giusto che se uno vuole dire la sua, per esempio, sulla situazione del coronavirus, è giusto che lo faccia tramite il rap; se uno non vuol dire niente è giusto che lo faccia tramite il rap, è giusto che fai quello che ti va e non quello che vogliono sennò finiremmo a fare come i professori ‘oggi ho fatto la lezione di storia, poi domani insegno geografia’…non siamo professori, non siamo libri, noi non insegniamo qualcosa. Noi stiamo dando qualcosa, che fa parte della nostra vita, le nostre esperienze, in base a quello che ci circonda, come tutti. Anche un meccanico e un muratore si sfogano come me, però non lo sanno fare con i testi”

Quindi l’accostamento musicale più azzeccato è il cantautorato?

“Si, assolutamente”

In “Scusate se esistiamo” ti sei divertito a sperimentare per quanto riguarda la produzione dei brani, a cosa è dovuta questa scelta?

“La voglia di evolverti, di crescere, di portare un suono nuovo, avere anche la presunzione di portare qualcosa che in Italia non c’è ancora, come il beat e le sonorità di “Weekend a Miami” o il gospel in “Outro”, cose che nel mondo siamo abituati a sentire, in Italia magari ci limitiamo, abbiamo paura. Poi comunque il marchio di Strage e Kanesh rimane, sono molto riconoscibili”

In questo senso l’esplosione del rap ha anche portato finalmente alla luce la figura del produttore che da un tocco unico ai brani…

“Sisi, fondamentale, io infatti lavoro coi miei proprio perché riescono a cucire al meglio i suoni sulla mia voce. Sanno cosa voglio, lavorando tanto insieme si ottiene questo, quindi mi piace sperimentare suoni di altri producer ma Kanesh e Strage sono quelli che mi accompagnano e mi accompagneranno per tantissimo tempo”

A proposito di accompagnatori, il secondo singolo che hai deciso di fare uscire è “cioilflow” con Salmo, che rapporto hai con lui?

“Sicuramente col tempo è nata un’amicizia, con lo scambio di stima, di rispetto reciproco, soprattutto lato musicale. Lui è una persona incredibile, un artista con la A maiuscola, a 360 gradi. Ho solo imparato da lui, soprattutto per quanto riguarda il live, ho avuto la fortuna di aprire tutto il suo tour ed è stata un’esperienza incredibile, lavorare con lui è sempre bello”

Qual è la differenza tra rap e trap?

“Non c’è. Ti assicuro che chi fa trap rappa, posso solo, alla lontana, trovare una differenza di attitudine più che di modo di fare musica. È un po’ più un ‘vengo dal niente, quindi ostento, dimostro’ solo che in Italia regge poco questa cosa, perché in pochi vengono da situazioni di disagio come può essere in America, mi viene in mente Caparezza che dieci anni fa diceva: ‘in America vogliono uscire dal ghetto, in Italia vogliono entrarci’. Questo gioco di copiare un po’ gli americani può sfociare un po’ nel trash perché è un’etichetta che non ci rappresenta al meglio. Io poi parlo in generale, non giudico certi passati di certe persone, che però magari confondono il ragazzino medio, che ascolta e si chiede ‘devo fare il criminale?’, non capisce che è la musica quella che conta. Mi viene in mente un altro pezzo, ‘Rapper criminale” di Marracash, dove appunto diceva ‘conosco un criminale che vuole fare il rapper, conosco un rapper che vuole fare il criminale’, chi fa questa roba, in principio è un musicista, un artista, poi tutto quello che viene di contorno è superfluo”

A questo proposito a Sanremo c’è stata una protesta piuttosto stupida sulla partecipazione di Junior Cally, senza fare i perbenisti ma gli argomenti trattati dal rap e dalla trap credi possano davvero risultare pericolosi per chi ha una certa età e non è ancora in grado di distinguere cosa prendere seriamente, cosa è arte…?

“Non siamo noi che lo vogliamo spiegare, soprattutto io. Vedo tanta ipocrisia, quelle stesse persone ascoltavano Vasco Rossi, i Led Zeppelin, i Deep Purple, messaggi alla droga, ai figli dei fiori, sesso e droghe libere in giro…di cosa parliamo? La musica non è di certo la seconda scelta rispetto al ‘non ho voglia di andare a scuola’, non vogliamo insegnare niente e i nostri testi non devono e non vogliono insegnare niente. La gente ci ascolta perché si rispecchia, come io posso guardare un quadro di Picasso e rispecchiarmi. La gente ci ascolta per necessità, per amore, per divertimento, la musica è questo, quindi W la musica e basta”

Quindi è sempre una faccenda culturale, no?

“La mamma italiana, non ha la cultura di una mamma, coetanea, ma americana, che viene dalla cultura black e che è abituata ad ascoltare rap da quando è nata. Da noi c’è una tradizione diversa, quindi è normale che non venga capito perché non viene masticato mai, questa cultura non esiste, non è bianca, quindi non ho pretese che venga capita. Se andiamo a vedere mia mamma chi conosce di rapper in Italia lei forse conosce solo i giudici di X-Factor, in America è diverso.

In questo senso tu senti un po’ la responsabilità di quello che dici e di chi potrebbe ascoltare e come potrebbe recepire quello che dici?

“No no, io me la tolgo, perché se mi mettessi responsabilità addosso non sarebbe più arte. L’arte è istinto, bloccare l’istinto già a prescindere vorrebbe dire non fare arte”

Ultimamente vengono proposte molte voci rap femminili, è come se l’industria percepisca questa mancanza e voglia impegnarsi per farne uscire il più possibile…

“Guarda, nel mercato americano c’è stato il boom quindi in Italia si prova a fare la stessa cosa, solo che io personalmente non riesco a trovare nessuna donna che rappa come una donna americana. Trovo solo Doll Kill con questo dono, la prima volta che ho sentito personalità nel rappare, per tutto il resto sento delle bravissime copiatrici. Parlo di rap, non vuole essere una critica alle ragazze italiane, che nella maggior parte dei casi cantano e non rappano, ed hanno una bellissima voce”

Nel disco possiamo ascoltare “Easy” in coppia con Luana…

“Luana è la mia ragazza, e quella è una canzone d’amore, ma non mirata. Le ho detto ‘facciamo una roba che spacca, che dev’essere fresca’ e volevo lasciare un ricordo nella nostra vita, indipendentemente dal successo che farà la canzone o no”

Un’altra caratteristica che è venuta fuori quando il rap si è impadronito del mercato è questa tendenza al featuring…

“Il più delle volte si tratta di stima e rispetto reciproco. Ti assicuro che non esistono operazioni economiche dove un artista italiano si fa pagare per un feat, a meno che sia l’operazione pop dell’etichetta X che vuole per forza il rapper Y, per il resto c’è solo voglia di fare roba insieme. In America vivono di featuring ed è giusto che siano arrivati in Italia, quando arriveranno anche i Joint Album, gli album fatti insieme, vediamo come si sviluppa tutto”

Tu con chi lo faresti?

“Be, già con tha Supreme abbiamo delle belle idee”

Tu a quale dei tuoi colleghi rapper ruberesti cosa?

“Ruberei la capacità di scrittura di Marracash e il modo di affrontare i live di Salmo. Comunque mi impegno ogni giorno per poter arrivare a quei risultati”

Qual è lo stato di salute del rap in Italia?

“100%. Mai stati così in forma.”

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