Indro non l’avrebbe voluta. La sfortunata statua del giornalista

Attualità & Cronaca

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Non affianco ne tanto meno contesto le idee di Renato Pierri che qui ha sottolineato l’inopportunità di avere eretto una statua ad Indro Montanelli https://www.corrierenazionale.net/2020/06/29/la-statua-di-montanelli-e-lerrore-di-cacciari/. Il principe dei giornalisti del secolo scorso ha sempre suscitato attorno a se polemiche e divisioni. O lo si amava o lo si esecrava, vie di mezzo non ce n’erano. E non poteva essere che così se è vero che il nome è un presagio come  dicevano meglio i latini nella loro bellissima lingua: “nomen omen”, un nome un destino.

Montanelli di nomi ne aveva ben quattro,  Indro, Alessandro, Raffaello e Schizogene ,  il primo è un nome “adespota” in quanto non corrisponde ad alcun santo riconosciuto dalla chiesa; l’ultimo poi è  tutto un programma, racchiudendo in sé la chiave del destino. Schizogene, infatti, deriva dal greco antico e significa volgarmente “seminatore di zizzania”. Come ha scritto Montanelli stesso in un suo racconto (Mi chiamo Indro) e come conferma l’atto di battesimo conservato nella chiesa Collegiata di Fucecchio, fu il padre Sestilio che li scelse per ritorsione contro la decisione della moglie Maddalena e della suocera Rosmunda, che avevano voluto far nascere il figlio nella casa materna, nel “paese alto” , ‘insù’ come si dice a Fucecchio, dove vivevano le famiglie ricche del paese invece che “ingiù” dove abitavano i più modesti Montanelli.

Fu un fascista convinto e altrettanto tenace antifascista al punto da rischiare d’essere fucilato. La cosa di per se non dovrebbe stupire più di tanto in quanto di cambi di casacca la nostra storia è piena. Chi come il sottoscritto ha i capelli bianchi, è stato testimone della passerella di fascisti, già posti di responsabilità, con indosso uniformi  oggi esecrate che, a regime  malato e caduto, hanno trovato la folgorazione sulla via per Damasco o meglio su quella di casa in abiti civili. Politici, attori, giornalisti, alti funzionari.

Fu soldato, volontario in Africa Indro ed ivi per sua stessa ammissione una dodicenne comprata e pagata al padre per 350 lire di allora. Questo tipo di unioni definita “madamato”, costruita su una relazione temporanea tra un italiano ed una donna del luogo era cosa non scandalosa ma ammessa sino a l 1937. Peraltro, cessò per ragioni puramente razziali e non morali ai fini di preservare la “purezza della razza”. La ragazza ha poi sposato un militare eritreo che era stato agli ordini di Montanelli. Il giornalista raccontò di aver rivisto Destà e suo marito nel 1952: la donna aveva avuto tre figli, di cui uno chiamato Indro. Non sarebbe stato però frutto della relazione con Montanelli, in quanto nato 20 mesi dopo il suo rimpatrio in Italia.

Anche tutto ciò prima di un giudizio sommario va contestualizzato in un clima e in un periodo. Vedere e valutare il passato con gli occhi di oggi è storicamente errato. Sarebbe come se i credenti, quelli che hanno la Bibbia sul comodino e non si addormentato senza averne letto qualche versetto, fedeli lettori dell’Antico Testamento, dico, oltraggiassero oggi i patriarchi perché usi allora a commettere ogni sorta di incesto e ciò senza  tenere conto di quei tempi, di quegli usi. di quei costumi.

Giudicare è difficile. Ma il Montanelli che abbiamo conosciuto, asciugate le lacrime del grande conflitto, è stato soprattutto un uomo molto legato a principi di coerenza. Fine polemista, capace di creare contrasti tra i suoi lettori non va, ad esempio dimenticata la sua “Stanza” sulla Domenica del Corriere”  ove un giorno scrisse che la Sicilia era una palla al piede per il resto dell’Italia. O quando sempre nella sua rubrica si mostrò sbalordito davanti ad una medaglia al valor civile donata ad un autista d’autobus che era riuscito a fermare il mezzo in costanza di infarto. Montanelli  sostenne che il gesto non era eroico, bensì unicamente frutto del  suo dovere d’autista per cui  era pagato, nulla più. Che centrava la medaglia? L’eroismo è alta cosa.

Indro si rese indisponibile a vestire il laticlavio a vita in quanto il giornalista è pungolo e mente critica del “palazzo”, pertanto, non può esserne parte. Ringraziò Cossiga ma rifiutò. “No, grazie” come Cyrano della commedia di Rostand

Su questa falsariga figuriamoci ad offrirgli una statua. Indro non l’avrebbe voluta.

Giuseppe Rinaldi

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