Il disamore di Trump per le forze armate

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Andrew Napolitano, ex giudice della Corte Superiore del New Jersey, attuale commentatore alla Fox News, è amico di Donald Trump da molti anni. Napolitano si considera “fedele” al 45esimo presidente ma in primo luogo professa la sua fedeltà alla “verità”. In un recente editoriale l’ex giudice ha dichiarato che le accuse a Trump di avere definito i militari americani “perdenti” e “sfigati” sono probabilmente vere. Le informazioni sono venute a galla recentemente in un articolo pubblicato dal rispettabilissimo mensile americano Atlantic. L’autore, Jeffrey Goldberg, che è anche direttore della rivista, cita 4 fonti anonime vicine a Trump, secondo cui il 45esimo presidente si era rifiutato di visitare un cimitero in Francia nel 2018 perché considerava i soldati morti “perdenti e sfigati” e anche perché aveva paura che la pioggia gli scompigliasse i capelli.

Trump ha categoricamente negato le accuse ribadendo il suo rispetto per le forze armate e il bilancio da lui approvato che favorisce il Dipartimento di Difesa. Pochi però si sono uniti al coro di Trump. Alcuni membri della Casa Bianca hanno cercato di smentire le asserzioni di Goldberg incluso la first lady Melania. Silenzio però da leader delle forze armate passate o presenti per sollevare il presidente dall’ennesima accusa di mancanza di rispetto per diversi gruppi, tipici dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Le fonti anonime citate da Goldberg avranno fatto scalpore con i sostenitori di Trump, etichettando le informazioni come fake news. Infatti, le fonti non sono affatto anonime per l’autore. Va ricordato che giornalisti di una certa reputazione usano questo tipo di fonti per scavare ed arrivare alla verità come ci hanno confermato le indagini di Carl Bernstein e Bob Woodward nello scandalo di Watergate. Le informazioni di Goldberg sono state però anche confermate da altri giornalisti dell’Associated Press e la CNN. Persino Jennifer Griffin, rispettata cronista della Fox News, rete molto amica di Trump, ha confermato quanto riportato da Goldberg.

Quindi la veridicità delle informazioni rivelate dalla rivista Atlantic è scontata.

Ma a confermare ancor di più che Trump ha infatti detto quanto riportato da Goldberg ci viene rivelato dalle dichiarazioni pubbliche del 45esimo presidente sia da candidato che da quando è entrato nella Casa Bianca. A cominciare dal fatto che Trump era riuscito ad evitare di andare in Vietnam per un presunto problema ai piedi. Trump disse al suo ex avvocato Michael Cohen durante la campagna elettorale del 2016 di non rispondere in maniera specifica alle domande dei giornalisti per le loro richieste di certificati medici, confidandogli che non era andato in Vietnam perché non era “stupido”. Solo i fessi, secondo lui, ci andavano. Trump ha reiterato questo concetto dei soldati come “perdenti” nel 2017 al cimitero militare di Arlington a Washington. Osservando la tomba del figlio di John Kelly, l’allora capo del suo gabinetto, Trump gli espresse la sua perplessità sul perché questi soldati si erano offerti di volontari, non riuscendo a capire “chi gliel’aveva fatto fare”. Poi durante una discussione sulla partecipazione di soldati feriti e amputati in una parata militare, Trump aveva detto di non farli sfilare perché “nessuno li vuole vedere”. Nel recente libro di Mary Trump, nipote del presidente, si legge anche che Trump e l’allora moglie Ivana avevano minacciato di diseredare il figlio Donald nel caso in cui continuasse ad insistere ad arruolarsi come volontario nelle forze armate.

Trump spesso cita il suo amore per le forze armate ricordando gli aumenti al bilancio ma i suoi rapporti con individui legati all’esercito sono stati tutt’altro che confortevoli. Va ricordato che nella campagna elettorale il candidato Trump aveva detto di non capire perché John McCain era considerato un eroe. L’attuale presidente aveva dichiarato che lui preferisce quelli che non si sono fatti catturare. Trump sorvolò sul fatto che McCain, dopo la sua cattura, rimase nella prigione dei Viet Cong per molti anni, rifiutandosi di usare la fama della sua famiglia per ritornare a casa anticipatamente. Per la sua decisione ammirevole, McCain fu torturato dai Viet Cong. Trump sembra non riconoscere questa parte. Per lui tutto semplice. I vincitori non si fanno catturare.

Il linguaggio spesso poco cortese e frequentemente troppo semplicistico di Trump si interpreta facilmente come inaccettabile dal presidente del Paese più potente al mondo. Non è raro che il 45esimo presidente interpreti la sua visione di governare come se si trattasse della sua azienda. Riferendosi ai generali, l’attuale inquilino della Casa Bianca ha non poche volte usato il possessivo “miei” come se i vertici delle forze armate fossero una delle sue proprietà. Trump ha inoltre dichiarato che preferisce i soldati semplici invece dei generali perché questi ultimi “vogliono sempre fare guerre”. Uno di loro però, Mike Mullen, ex capo del Joint Chief of Staff, ossia tutte le forze armate, ha dichiarato che i commenti di Trump riportati nell’articolo dell’Atlantic gli hanno fatto venire “la nausea”.

I membri delle forze armate sono in grande misura conservatori e storicamente hanno dimostrato preferenze per candidati presidenziali repubblicani. Nell’elezione del 2012, per esempio, il candidato repubblicano Mitt Romney era favorito dal 65 percento dei membri delle forze armate, secondo un sondaggio della rivista Military History Monthly. Nel 2016 anche Trump era favorito dalle forze armate con un margine di 20 punti su Hillary Clinton. Un recentissimo sondaggio della citata rivista, però, ci informa che Joe Biden riceve il 41 percento dei consensi, quattro punti più di Trump (37 percento). Un altro sondaggio ci dice che nel 2018, il 59 percento degli ufficiali aveva una visione positiva di Trump. Adesso le cose sono cambiate. Il 59 percento vede Trump in termini negativi. Un presagio dell’esito alle elezioni presidenziali del 3 novembre?

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.

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