Omicidio a Lecce: De Marco caso patologico o serial killer?

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La vicenda nel capoluogo salentino ha sconvolto non solo la Puglia ma l’intero Paese. Il movente che abbia spinto il giovane Giovanni Antonio De Marco a commettere un brutale omicidio è ancora oscuro. Il 21enne studente della facoltà di Scienze Infermieristiche ha confessato di averlo fatto perché invidioso della felicità della giovane coppia.

Due vite spezzate nel fiore degli anni, tre famiglie distrutte: non solo quella delle due vittime Daniele De Santis ed Eleonora Manta. Ad essere distrutta è stata anche la famiglia De Marco, gente rispettata e su cui l’intero paese non ha espresso altro che belle parole. Allora cosa può essere accaduto? Quale meccanismo può essere scattato nella mente di un ragazzo dalla “faccia pulita” che in passato non ha dato mai segnali di squilibrio?

Ne abbiamo parlato con la psicologa forense Maria Barbarisi, CTU presso il Tribunale di Roma e Velletri. Ma prima, raccontiamo cosa è successo.

La vicenda

È una serata umida di settembre, quando nell’appartamento di Via Mondello a Lecce sono stati assassinati Daniele De Santis, 33 anni ed arbitro di calcio nella serie C e la sua fidanzata Eleonora Manta. I corpi sono stati trovati nella loro casa a pochi passi dalla stazione ferroviaria.

Un delitto premeditato, testimoniato dai biglietti insanguinati ritrovati sia nel cortile dell’abitazione della coppia che nella casa del sospetto killer. Nonostante l’attenzione prestata alle telecamere (sul biglietto vi era una mappa da seguire per non essere ripreso dai sistemi di sicurezza) un fotogramma ha ripreso il volto dell’ex coinquilino della coppia.

Dopo l’arresto il giovane Giovanni Antonio De Marco avrebbe confermato la sua colpevolezza in questi termini:«Ho fatto una cavolata  – ha detto – So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia». Antonio aveva preso in affitto una stanza dell’appartamento e per brevi periodi aveva convissuto con la coppia che a volte si fermava a dormire nella casa. Proprio quel periodo a stretto contatto con Daniele ed Eleonora avrebbe avere infastidito il presunto omicida, che è un ragazzo «introverso, chiuso, con poche amicizie».

Il movente non è ancora del tutto chiaro e non pensiamo che possa essere semplicemente invidia.  

Omicidio Lecce: l’orrore dei bigliettini

Dalla perquisizione nell’appartamento in via Fleming, residenza di Antonio De Marco, sono emersi dei terribili dettagli. In particolare su uno dei cinque bigliettini rinvenuti vi era scritto il cronoprogramma di quel brutale omicidio ovvero:

  • 10/15 minuti di tortura” nei confronti della giovane coppia;
  • 30 minuti di pulizia” con la soda che si era portato con sé;
  • 15 minuti di controllo generale“.

Infine, il presunto omicida aveva previsto che ci sarebbe stato il tempo persino per una scritta sul muro.Tutti i passaggi da seguire dal momento dell’uscita da casa fino al suo rientro, dopo l’omicidio. È riportato a mano il percorso da seguire, sono cronometrati anche i tempi di percorrenza e della permanenza nella casa, luogo del delitto. Un’ora e mezzo: tanto sarebbe dovuto durare il tutto. 

Omicidio Lecce: psicologa forense Maria Barbarisi

Omicidio Lecce: psicologa forense Maria Barbarisi

Antonio De Marco: caso patologico o serial killer?

Maria Barbarisi, psicologa forense che sottolineiamo non è coinvolta nelle indagini, ci ha spiegato il suo punto di vista esordendo:

“Secondo la mia opinione, le ipotesi su un’eventuale patologia del soggetto sono da scartare. Per quanto riguarda la schizofrenia o il disturbo borderline manca, come si dice in gergo, il passaggio all’atto per questo tipo di patologie.

Anche per quanto riguarda l’anaffettività, io credo invece che l’atto compiuto dal soggetto implichi un forte sentimento.”

Dottoressa, cosa glielo fa pensare?

“A farmelo pensare, innanzitutto, è l’arma utilizzata dall’omicida. Un coltello: un’arma bianca. Ed essere stato lui ad ammazzare entrambe le persone con un avvicinamento così intimo fa supporre ad una storia che non è reale”.

“Una storia che non è reale” cosa vuol dire? Ci spieghi meglio.

“Una storia fantasticata dal giovane De Marco con uno dei due. Ed io credo che lui avesse fantasticato su una relazione con la ragazza. Perché questo? Perché soltanto a Daniele De Stradis ha colpito in faccia che non è un organo vitale. Come se volesse eliminare la sua esistenza cancellando i connotati, perché è stato lo stesso arbitro a frapporsi fra la ragazza e lui. Sempre fantasticato, nella testa dell’assassino. 

In poche parole si tratta di un atto sessuale: uno stupro emotivo. Non uno stupro vero e proprio ma tutta questa fantasia è allocata nella testa dell’infermiere. 

Molto importante è specificare che questo tipo di violenza perpetrata nei confronti dei due ragazzi è chiamato, per la precisione, stupro emotivo compensatorio. Non siamo, quindi, di fronte ad un serial killer anche se il reato si potrebbe reiterare in caso di nuove fantasie da parte del soggetto.

Perché compensatorio?  Perché scaturisce dalle sue idee, appunto, compensatorie che coltiva su se stesso e sul rapporto con l’altra persona. Per questo tipo di azioni vi è una premeditazione, prima dell’azione.

Quindi, dopo essere stato messo fuori casa, De Marco ha cominciato a premeditare questo omicidio?

“Esattamente, nel momento stesso in cui ha smesso di far parte della vita della coppia qualcosa si è rotto. Ed ha cominciato a premeditare la vendetta. Se Eleonora non può essere dell’infermiere, non sarà di nessuno. Non è altro che uno stupro aggressivo emozionale che non prevede un sentimento di pentimento. Perché nel momento in cui si è liberato di entrambi i soggetti (Eleonora che lo ha ‘tradito’ e Daniele che si è frapposto nella relazione idealizzata dal killer) si è sentito liberato. E me lo fa pensare la frase che il giovane ha detto “invidiavo la loro felicità”.

Invidiava la loro storia perché doveva essere fra lui e la donna trentenne. Quindi non credo nemmeno all’ipotesi che lui fosse omosessuale.”

Chiedo scusa dottoressa, lei non crede all’anaffettività. Allora perché il killer non si è fermato quando la coppia chiedeva di sospendere le violenze?

Una costante degli stupratori emotivi è proprio l’assenza di empatia. Questi soggetti non riescono ad immedesimarsi nella vittima. La loro insensibilità può essere anche riconducibile a dei traumi da bambino ma non conosciamo il quadro clinico del soggetto per cui fare determinate affermazioni.”

Eppure sembrava un ragazzo comune, forse un po’ taciturno ma nulla faceva presagire questo tipo di episodi.

Anche questa è una costante dei soggetti descritti precedentemente. Queste persone sembrano persone normali, hanno una vita normale ed hanno anche poche amicizie. Ma al loro interno ha una propensione al crimine a causa delle fantasie che non esistono nella realtà. Nella psiche avvengono questo tipo di situazioni che li spinge al passaggio all’atto dopo il rifiuto da parte delle persone oggette di tali fantasie.

In questi giorni proseguono l’indagini, quello che possiamo dire è che questo ragazzo poteva e doveva essere aiutato prima che si potesse consumare questa cruda vendetta. Ora non resta che il dolore di tre famiglie che fino a qualche settimana fa avevano una vita normale e tranquilla. 

Gabriele Proto

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