La maggioranza verso una risoluzione unitaria sul Mes e il nodo Rousseau

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Crimi rassicura sulla posizione del M5s in vista delle comunicazioni di Giuseppe Conte mercoledì in Parlamento. Ma il clima resta teso. Villarosa: “Se cambiamo idea ci sia il voto sulla piattaforma”

 

© Agf – Vito Crimi

Vito Crimi ‘rassicura’ la maggioranza sulla posizione del Movimento 5 stelle in vista delle comunicazioni di Giuseppe Conte, mercoledì in Parlamento, sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità in vista del consiglio europeo. Ma le forti divergenze con gli alleati sono evidenti nel confronto televisivo organizzato da ‘SkyTg25’ e vertono soprattutto sul ricorso alla linea di credito del Mes per le spese sanitarie: M5s contrario, Pd e Italia viva sono a favore. Mentre, all’interno dello stesso Movimento, l’assemblea congiunta dei gruppi non è servita a eliminare le tensioni, nemmeno sulla riforma del Mes, con il sottosegretario M5s al ministero dell’Economia, Alessio Villarosa, considerato vicino ad Alessandro Di Battista, che esce allo ‘scoperto’ chiedendo che ogni mutamento di posizione sia sottoposto al voto degli iscritti, su Rousseau. 

“Guido un governo europeista, saremo protagonisti della riforma del Mes e del Recovery fund assieme a Berlino e Parigi”, scandisce, dal canto suo, Conte, dicendo di non temere il voto del 9 dicembre in Parlamento perché “il Movimento 5 stelle sta completando la svolta pro-Ue”. “Quella che si voterà il 9 sarà una risoluzione alle comunicazioni del premier Giuseppe Conte e io sono convinto che ci sarà risoluzione unitaria di maggioranza che guarderà oltre la riforma del Mes”, assicura Crimi. “Se il governo cadrà? No, assolutamente”, minimizza.

Ma, poco dopo le frasi rassicuranti, il capo politico del M5s si rende protagonista di un acceso ‘botta e risposta’ con Matteo Renzi sul tema, collegato, del ricorso ai 37 miliardi del Mes per le spese sanitarie in tempo di pandemia. “Il problema del passaggio del 9 dicembre è tutto del M5s – attacca il leader di Italia viva – Se noi prendiamo i soldi dal Mes, e non dal finanziamento normale, risparmiamo 300 milioni all’anno”. “Per risparmiare 300 milioni – replica Crimi – ci sottoponiamo ad altre condizioni, ipotechiamo il futuro degli italiani come è accaduto con la legge Fornero”. Mentre, nel suo intervento – registrato – il segretario del Pd Nicola Zingaretti sostiene che quella del M5s sia “più una battaglia ideologica che riguarda il passato, perché il Mes è una linea di credito molto vantaggiosa per finanziare la sanità pubblica italiana e per molti aspetti conviene prendere queste risorse”.”Il dibattito è aperto e credo non debba essere ideologico come in passato, ma deve guardare alle opportunità di ammodernamento del nostro sistema sanitario nazionale”, dice. 

Intanto, Renzi ne approfitta per mandare un messaggio al presidente del Consiglio. “Conte ha detto che ha i migliori ministri, se lui è contento della squadra, contenti tutti, ma se non facciamo un salto di qualità l’Italia va in sofferenza”, afferma l’ex premier. E apre un nuovo fronte interno al governo, dicendosi contrario alla costituzione della task force per la gestione dei fondi del Next generation Ue.

Il primo banco di prova che attende il governo sarà, infatti, lunedì, quando alle 9 si riunirà il Consiglio dei ministri con all’ordine del giorno la definizione e attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza. A preannunciare le decisioni che saranno assunte è lo stesso premier che spiega: “Lunedì approveremo il budget del Recovery Fund con tutti gli appostamenti” e “approveremo anche la struttura di governance con coordinamento presso la presidenza del Consiglio. Vi sarà un comitato ristretto deputato a vigilare con costanza tutta la fase attuativa. Ne faremo parte io, il ministro dell’Economia e il ministro dello Sviluppo Economico, con la responsabilità di riferire periodicamente al Ciae e al Parlamento. La supervisione tecnica dell’attuazione sarà affidata a una struttura composta da sei manager, assistiti da uno staff dotato delle necessarie competenze professionali”. I nomi e le relative nomine, però, saranno fatti successivamente. Una impostazione che ha suscitato malumori nella maggioranza. Già nei giorni scorsi sono emerse le differenti vedute su chi dovrà gestire le risorse e i progetti, con Italia viva contraria alla nascita di una task force di esperti. I renziani non condividono neanche l’idea di una cabina di regia a tre (Conte, Gualtieri, Patuanelli). Contrarietà ribadita alla vigilia della riunione di governo: “Preannuncio che noi in Consiglio dei ministri e in Parlamento voteremo contro ulteriori e pletoriche task force”, avverte Renzi, ribadendo la sua linea: “Non c’è bisogno di chiamare da fuori i sei commissari e assumere seicento consulenti. Si gestisca tutto attraverso i ministeri”.

Il Pd torna a chiedere che si faccia presto e che si investa su progetti concreti. “Dobbiamo spendere bene i miliardi che arrivano dall’Europa: ora la possibilità della rinascita c’è”, afferma Nicola Zingaretti, che mette in chiaro: “Nel Next Generation Ue c’è una grande opportunità”, “ma dobbiamo essere coerenti, anche nel governo: non dobbiamo tirare a campare ma essere efficienti e dare segnali importanti”. Sulla governance la proposta che andrà approvata dal Parlamento prevede “la creazione di un soggetto attuatore, una struttura tecnico-amministrativa che avrà poteri sostitutivi per tutte le fasi successive all’aggiudicazione dei bandi, in modo da velocizzare gli iter”, spiega il ministro per gli Affari regionali Enzo Amendola, che smentisce le critiche sul ritardo italiano: “Noi stiamo seguendo il cronoprogramma europeo. Semmai i ritardi si rischiano per i veti di Ungheria e Polonia al bilancio Ue. 

Sul fronte interno dei 5 stelle, restano le tensioni sul Mes, e le divisioni tra ‘governisti’ e dissidenti. Il tema è se gli attuali vertici del Movimento riusciranno a ‘tenere’ i gruppi parlamentari davanti al voto di mercoledì. I numeri della maggioranza sono a rischio soprattutto al Senato ed eventuali defezioni potrebbero mettere in seria difficoltà il governo. La fronda interna ai pentastellati critica la mutata posizione dell’esecutivo Conte, con il ministro dem all’Economia Roberto Gualtieri che ha rimosso il veto italiano alla riforma del Mes in sede di Eurogruppo.
 

“Se si vuole cambiare idea sulla riforma del Mes, lo si fa con una votazione tra i parlamentari o ancora meglio, una votazione tra gli iscritti, così il gruppo verrebbe legittimato a cambiare idea”, propone, per esempio, Villarosa. “Abbiamo a disposizione uno strumento come Rousseau, usiamolo”. Il dibattito è aperto ma i vertici del Movimento non sarebbero così convinti sulla soluzione del voto degli iscritti, anche per il timore di possibili bocciature.

Nel suo intervento in assemblea M5s, l’ex capo politico Luigi Di Maio ha difeso Conte, sostenendo che il Movimento deve appoggiarlo e non mandarlo al patibolo in Aula. In conclusione di assemblea poi – raccontano – il ministro degli Esteri avrebbe assunto toni più polemici e criticato aspramente chi si è fatto promotore della lettera, inviata ai vertici del partito e firmata da 17 senatori e 52 deputati, di cui due membri del governo, per ribadire la contrarietà alla riforma del Mes. 

Sul tema Mes ‘sanitario’ è diviso anche il centrodestra, che però sulla contrarietà alla riforma ha ritrovato l’unione. Come annunciato da Silvio Berlusconi e confermato anche oggi da Antonio Tajani, Forza Italia – favorevole al ricorso ai 37 miliardi del Mes – è contraria alla riforma del regolamento del fondo e voterà la risoluzione unitaria del centrodestra. Non è ancora chiaro se ci saranno astensioni tra gli azzurri, però, forse qualcuna. E non è stato ancora deciso se FI vorrà presentare anche una sua risoluzione a sostegno del Mes in sanità.

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