Un partigiano a stelle e strisce: la sfortunata storia di Renato Beradinucci nel volume di Marco Patricelli

Arte, Cultura & Società

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di Generoso D’Agnese

L’AQUILA – Giovani, coraggiosi e coerenti. In tanti morirono sul fronte immersi nelle divise dell’esercito o sulle navi dentro i panni della Marina. Combatterono e morirono con la divisa a stelle e strisce, accompagnati da un nome italoamericano che ne racchiudeva l’essenza e ne esaltava la tenacia, onorati da un registro militare che ne avrebbe preservato le gesta. Erano i soldati italoamericani arruolati tra le forze Alleate.
Ma loro no, loro invece furono dimenticati. Il tempo li ha avvolti nella nebbia e li ha dimenticati durante gli anni dell’euforica rinascita. Erano scomode pietre rimaste indietro nella valanga liberatoria della guerra d’Italia. Erano i ragazzi italoamericani uccisi nell’oscura battaglia della resistenza, alcuni passati per le armi dai plotoni nazifascisti con l’infamia di essere spie o semplicemente come nemici da eliminare. E per loro ci fu davvero poca gloria, in quel 25 aprile del 1945: quando il paese scoppiò di felicità per le armi che – finalmente – tacevano, la loro storia fu frettolosamente rimossa e seppellita nella grande fossa della dimenticanza.
Senza troppi romanticismi.
Fra essi vi era anche Renato Berardinucci, nato il 1° giugno del 1921 a Filadelfia e tornato in Italia nel 1939, per volere della madre Antonietta che intendeva metterlo a riparo dalla chiamata alle armi sfruttando il meccanismo della doppia cittadinanza. E che invece lo consegnò alla storia.
Dopo aver interrotto gli studi al college, venne iscritto al liceo classico di Pescara, intitolato al poeta Gabriele d’Annunzio dove ebbe come compagno di banco Hans Lichtner, ebreo viennese che lo aiutò a capire l’abominio delle leggi razziali. La caduta del regime, il disastroso bombardamento di Pescara di fine agosto, lo sfollamento e il crollo dopo l’armistizio dell’8 settembre, catapultarono Renato Berardinucci nelle pagine della guerra partigiana stabilendo le radici di un tragico epilogo che si consumò ad Arischia nel 1944 e che gli valse, insieme allo sfortunato compagno Vermondo Di Federico, la medaglia d’oro al valor militare.
Una vicenda degna di una sceneggiatura cinematografica, quella vissuta da Renato e dalla sua famiglia, prima, durante e dopo la fine della guerra. Una vicenda fissata sulla carta con straordinario acume biografico dallo storico e giornalista Marco Patricelli, che da anni è impegnato nel recupero della memoria storica di fatti e personaggi finiti nell’oblio. Sarà pertanto una lettura di straordinaria suggestione quella che avvinghierà chi sceglierà di conoscere “Il partigiano americano – Una storia antieroica della Resistenza”, edito da Ianieri.
Fatti realmente accaduti rivivono per la prima volta nelle pagine agili di un racconto che si dipana attraverso uno stile narrativo coinvolgente che non rinuncia in alcun modo al rigore saggistico.
Patricelli ricostruisce la sfortunata vicenda di Renato Berardinucci, con accuratezza scientifica, filtrando e ampliando il patrimonio della memoria orale e mettendo in salvo il filo del ricordo, che altrimenti – scomparsi i testimoni del tempo – si sarebbe del tutto disintegrato tra le pieghe della dimenticanza.
L’epopea dello sfortunato italo-americano merita di essere conosciuta attraverso l’enfasi del racconto di un autore dal grande impatto emotivo.
Nato a Pescara nel 1963, Marco Patricelli vive tra Pescara e Praga e ha scritto saggi storici per numerose case editrici italiane, francesi, polacche e ceche e nel 2010, con la prima biografia del capitano Witold Pilecki, Il volontario, ha vinto l’edizione XLIII del prestigioso Premio “Acqui Storia”.
Dai suoi lavori sono state tratti docufilm e docufiction per RAI, Mediaset e ZDF e delle sue preziose consulenze storiche si sono avvalse le maggiori reti televisive e radiofoniche nazionali.
Laureato in Giurisprudenza e diplomato al Conservatorio, Marco Patricelli ha insegnato Storia dell’Europa contemporanea all’Università G. d’Annunzio di Chieti e collaborato attivamente alla realizzazione di documentari in Germania e Polonia.
È stato insignito del titolo di Bene Merito, della Croce di Ufficiale al merito della Repubblica di Polonia e del cavalierato dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Alla figura di Pilecki ha dedicato nel 2019 una Suite in 8 quadri per grande orchestra sinfonica. Vive tra Praga e Pescara. 

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