Trittico berlinese

Arte, Cultura & Società

Di

(Intervista, di Fedele Eugenio Boffoli, a Marina Agostinacchio) 

Marina Agostinacchio, è nata a Padova, nel 1957, dove vive e lavora, già insegnante di lettere, ha pubblicato più raccolte di poesie in collaborazione con vari illustratori; “Trittico berlinese” (Ed. Idea Press, pagg. 17 euro 11,41) è la sua ultima silloge poetica, realizzata in collaborazione con le artiste Elena Candeo e Paola Munari NY; ce ne parla? 

Il testo nasce durante il viaggio Berlino Dresda, dopo avere visitato lo Jüdisches Museum della capitale tedesca ed essermi trattenuta, in particolare, lungo il percorso tra l’asse dell’Olocausto, con la torre dell’Olocausto; l’asse dell’Esilio, con il giardino dell’Esilio; lo «spazio vuoto» della Memoria, con Shalechet (Foglie cadute). Durante i giorni della permanenza in Germania, scoprii che mi portavo dentro immagini e impressioni, soprattutto sensoriali, di quegli spazi pensati e realizzati non semplicemente come una metafora di una tragedia. Quel luogo dava la percezione di una disperazione oltre il limite dell’immaginabile. Finii di scrivere nel viaggio tra Dresda e Padova. Ero in auto con la mia famiglia e preferii rannicchiarmi dietro nello spazio più ristretto per stare da sola a pensare, a trovare parole che fossero verità. Ho ripreso il testo in mano dopo anni. L’amica, Anna Rossi, fine traduttrice della versione in inglese, mi invitò a pubblicarlo. Avevo nel frattempo inviato le parti compositive del trittico a due amiche artiste – Elena Candeo e Paola Munari. Volevo sapere cosa ne pensassero. Piacque e realizzarono secondo tecniche compositive differenti (Elena incisioni, Paola acquerelli) il loro modo di essere indirettamente presenti con me nel silenzio assoluto dell’anima. Nacque così, nel novembre 2019, un libretto in una stamperia di Padova (Centro copia Stecchini). Nella sua realizzazione fui seguita puntigliosamente e generosamente dall’amica Graziella Giacobbe, collaboratrice di Marsilio editore. Graziella mi aprì alla conoscenza di diverse possibilità di “adagiare” le parole nello spazio-pagina, aiutandomi a rendere visivo quel versante astratto del segno grafico “senziente”.  A Gennaio di quest’anno, ho pensato che sarebbe stato interessante editare il trittico. In collaborazione con Idea Press è nata la versione che chiamo italo-americana. L’editore, Tiziano Dossena, ha curato con il gruppo di lavoro Idea Press un vero gioiello, curato nei particolari estetici realizzati seguendo l’intento compositivo del poemetto e soprattutto il suo farsi da un punto di vista letterario, semantico, sintattico-lessicale. 

Sappiamo che la sua attività poetica, mediante progetti scolastici che lei porta avanti, è anche rivolta a studenti di vari livelli… 

Tutto è cominciato una quindicina di anni fa, dopo una cura dovuta a una malattia. Avevo preso una pausa dal lavoro di alcuni mesi. Un’ex collega mi chiese di andare nella sua scuola a parlare e a svolgere un’attività laboratoriale di poesia, in occasione della giornata della lettura che la scuola stessa aveva fissato il 22 febbraio del 2008. Dopo avere navigato sul web per farmi venire qualche idea che potesse essere creativa e divertente per ragazzini di scuola media, mi imbattei in un blog. Lì si accese la luce: la costruzione di power-point con parole e immagini abbinate e musica di sottofondo. Poi lessi di un lavoro condotto dall’Università di Bari in collaborazione con la poetessa Donatella Biasutti. Si trattava di costruire percorsi di poesia con i mezzi tecnologici. Scoprii Movie Maker… Il mio primogenito Matteo fu il mio maestro. Mi insegnò come costruirmi i filmati, montarli, smontarli, crearli! Viaggio da allora tra le scuole di ogni ordine e grado di Padova (dalla scuola dell’infanzia agli Istituti professionali, passando dai Licei e dagli Istituti tecnici) e provincia, porto poeti italiani e tematiche diverse nelle forme creative di cui ho accennato. Quest’anno, in pensione tra l’altro dallo scorso settembre, propongo alle regioni del bel Paese, alle classi seconde della scuola media, un laboratorio da remoto, di due ore e gratuito su Dante, in occasione della ricorrenza dei 700 anni della sua morte. Finora sono stata virtualmente presso la mia ex scuola Todesco/Stefanini (dell’VIII I.C. di Padova), a Cuneo, giovedì di questa settimana sarò a Ponte San Nicolò (PD), la settimana prossima in Sardegna, e a Santa Maria di Castellabate in provincia di Salerno. Al termine dei laboratori produco filmati degli scritti con musica. Un’esperienza particolare è stata quella fatta lo scorso marzo al Liceo Alvise Cornaro con la Professoressa Silvia Desideri, in una terza. Con i ragazzi si è parlato della profezia di Ciacco e di Farinata per la scrittura di una loro profezia, anche svolgendo esercizi di versificazione. Posso dire che i ragazzi di ogni classe ha scritto, attraverso i versi di Dante, testi che parlavano di sé, soprattutto in questo momento particolare, difficile veramente per loro. Invito chi leggerà ad aderire alla proposta!!! 

In questo tempo di pandemia e chiusure va richiamato il ruolo dell’Arte e, più nello specifico, della Poesia? 

Va richiamata la bellezza a 360 gradi. Per quanto riguarda la poesia, la parola chiede tempo, pazienza, capacità di scandaglio… tutte cose a cui, pare, sia difficile dare “ascolto”. La parola poetica ha una grande responsabilità soprattutto in questo tempo che “come può se ne sta” in un immobile, senza visione d’angolo. La parola denuncia, sottolinea, preannuncia. E’ il rabdomante che sa dove dirigersi per restituire acqua. La parola deve dire con umiltà e vigore senza ambiguità, pur seguendo la sua naturale inclinazione a farsi in forme sonore e simboliche. Può essere invito per una conversione della rotta. 

Impossibile incasellare la Poesia, un metalinguaggio, che sfugge a schemi a stereotipi di ogni sorta; come la racconta? 

La racconto… dichiarando che è una tra le forme di anarchia più pericolose. E questo in virtù del fatto che ha in sé la possibilità di andare oltre il mero segno grafico. I poeti dissidenti delle dittature sono stati sempre “allontanati” nelle forme che possiamo immaginare. La poesia è trascendenza, uscita da sé, possibilità di parlare di sé dal di fuori. Offre, la poesia, una non comune capacità di riflettere – “un oltre”- sui meccanismi tecnici costruttivi (“morfosintattici, grafemici, fonologici, lessicali…”) e allegorici che vanno al di là della sua funzione comunicativa più  immediata.

Se pensiamo ad esempio a come spesso usiamo le parole, scopriamo che nella comunicazione diventano strumenti e poco riflesso di un pensiero. Le parole allora si incamminano verso un non ben preciso dove e spesso senza una nostra presa di consapevolezza. 

La poesia, in origine abbinata alla musica, non può rimanere scrittura su carta o supporto digitale, va risuonata e decantata… 

Gli antichi, gli aedi, i rapsodi, la cantavano, usavano la voce per portare le proprie narrazioni nelle regge o tra la gente, recitando a memoria o rielaborando i testi ricevuti attraverso un’eredità orale. La voce è il riflesso di un’anima, ne svela le impercettibili pieghe, le intenzioni, il non detto. Io penso che non possa restare davvero chiusa nell’intimo di se stessi. Va fatta risuonare da sé al mondo. Va de-cantata, detta attraverso la modulazione vocale, celebrando l’oggetto della propria riflessione.

In arcaici riti e miti, la Poesia e l’Arte hanno sempre rivestito un ruolo fondamentale che sembra dismesso dalle società contemporanee…

L’uomo arcaico elevava e connotava il tempo, parcellizzato in ritmi legati al ciclo produttivo della terra, di sacro, eternandone ogni istante. L’arte, la parola, la scrittura erano esercizi che principiavano in quello spazio di sacralità. Bello, vero, buono, giusto trovavano una loro giustificazione, assumendo così la dimensione dell’eccezionale, emblematico, solenne. Se mi soffermo a pensare al cammino di quella che è stata la poesia e la riflessione sul ruolo che essa aveva in seno alla società e sul ruolo del poeta nel mondo greco-latino, già allora, a seconda delle epoche, dei governi, delle mutazioni sociali, sono evidenti evoluzioni. L’aedo omerico, ad esempio, è consapevole del suo status sociale di figura indispensabile a rivelare l’intellegibile, il mistero; si poneva tra gli uomini e dio e la Musa, maestra dei canti, era colei che gli indicava il sentiero. Con Esiodo muta la visione del poeta mediatore diretto della verità superiore. Le Muse ricordano al poeta, prima di investirlo tale, come sia facile, per i poeti, dire molte cose false simili al vero. Verità, falsità, verosimiglianza: il poeta incanta, camuffa il falso di apparenze verosimili. Basterebbe questo breve accenno al passato per ipotizzare alle continue evoluzioni abbia avuto la figura del poeta nelle epoche storiche. Che dire di oggi… forse dovremmo attingere a qualche frammento di quella sapienza antica nel modo di metterci in rapporto all’arte, di sentirla espressione di noi e del mondo e ponendoci nei confronti dell’io/tu, per mezzo del nostro atto creativo, l’“ingenium”, con ascolto, rispetto, cogliendo dell’esistente le illuminazioni che svelano il mistero. 

Quale il suo appello, per concludere, in favore della Poesia mondiale?

Leggete e ascoltate tanta poesia! La poesia non è di appartenenza esclusiva di nessun popolo. E’ davvero di tutti.

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