Sia rappresentato il Terzo settore nel CDA della RAI

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Al 31 dicembre 2015 le istituzioni non profit attive in Italia sono 336.275: l’11,6% in più rispetto al 2011, e complessivamente impiegano 5 milioni 529 mila volontari e 788 mila dipendenti.

Le associazioni di Terzo settore  esprimono in modo diretto, “sul campo” la voce della società civile e la vitalità delle  formazioni sociali.  E  non solo nei settori  tradizionali del volontariato come quello socio sanitario  o la protezione civile,  ma anche in ambiti nuovi come, ad esempio, il volontariato, l’associazionismo e la cooperazione sociale che operano nel vasto mondo della popolazione anziana e della disabilità  per affrontare le questioni dell’assistenza domiciliare, del contrasto alla solitudine e all’isolamento ma anche  per l’assistenza e la consulenza  a molti anziani che devono districarsi nel mondo della  burocrazia, per pratiche pensionistiche,  amministrative, fiscali che divengono causa di preoccupazione e di stress. Inoltre, sempre a titolo di esempio, il volontariato culturale sempre più diffuso e variegato che offre occasioni di socializzazione rappresenta un’occasione di  coesione sociale e di partecipazione.

Inoltre, in un momento di crisi non solo sanitaria ma anche economica cresce notevolmente  l’attività di contrasto alla povertà per un aiuto  immediato  e concreto a chi si trova in situazioni di indigenza.  

Proprio per questo ruolo di presenza attiva nel sociale e quindi di espressione della società  civile,  fin dal momento dell’analisi  dei bisogni, della progettazione di un nuovo welfare e  della delineazione di   strategie operative è importante che nel mondo dei media ,a cominciare dal servizio pubblico radiotelevisivo  sia forte e costante la voce del Terzo Settore.

A tale proposito,  anche come ex dirigente di associazioni di promozione sociale e  del Forum regionale del Terzo ritengo interessante l’idea che per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Rai venga scelto anche un rappresentante di questo mondo e  così anche  nei  Comitati regionali per le comunicazioni (CoReCom).

C’è anche un secondo motivo che può rendere significativa questa presenza.  

Tradizionalmente il Terzo settore ha sempre avuto poca voce nei media.  E’ vero che oggi, complice la pandemia che ha portato a una mobilitazione  del volontariato, a cominciare dal settore del socio-sanitario e dalla protezione civile,  l’opinione pubblica  e  i  media mostrano maggiore interesse per queste realtà associative. Ma finora questo mondo  molto  ampio e complesso è stato trascurato (e temo che lo sarà di nuovo una volta passata l’emergenza).   Per di più dai media  viene  relegato  nelle storie edificanti di un volontariato che  sembra un po’ l’aggiornamento del libro Cuore: questi volontari, così, buoni, così disponibili  da citare solo  in occasione di eventi calamitosi.

 Ebbene il Terzo settore è  anche altro: è un insieme di organizzazioni che operano nel quotidiano e nel territorio, che  attuano una gamma inverosimile di servizi, che hanno strutture  che vogliono  coniugare concretamente  solidarietà e capacità  imprenditoriale. Proprio questo rende interessante una maggior presenza del mondo del volontariato e dell’associazionismo ella cooperazione sociale, non certo per una forma “corporativa” di  protagonismo…perché anzi il Terzo settore è molto schivo e  privilegia  la cultura del fare (anche a detrimento degli aspetti comunicazionali)  ma perché esso  esprime la pregnanza e le istanza della società civile.

Gabriele Parenti

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