Pacifico, altra nave USA respinta in Cina

Fonti della Difesa a Pechino sostengono di aver nuovamente “cacciato via” una nave da guerra statunitense che transitava nel Mar Cinese

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Lunedì 12 luglio la Marina cinese avrebbe respinto un’imbarcazione militare a stelle e strisce fuori da quelle che ritiene essere le proprie acque territoriali, per motivi di sicurezza nazionale. La notizia, rimbalzata da varie testate mondiali, è stata comunicata dal Southern Theatre Command dell’Esercito popolare di liberazione cinese in una nota, aggiungendo che “si esortano gli Stati Uniti a fermare immediatamente tali azioni provocatorie”.

Trattasi, questa volta, del tratto marittimo che circonda le contese Isole Paracel nel Mar Cinese Meridionale, dove il cacciatorpediniere lanciamissili Arleigh Burke USS Benfold (DDG-65) sarebbe entrato senza l’approvazione del governo di Pechino, violando di conseguenza la sovranità territoriale della Cina e, potenzialmente, minando la stabilità dell’area.

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Perché le Isole Paracel (alias Xisha)

Le Isole Paracel – Xisha per i cinesi – sono uno delle centinaia di atolli “avamposto” per Pechino, storicamente contese però anche con Vietnam, Taiwan, Filippine, Malesia, Brunei e, in parte, Indonesia. La Cina oggi disporrebbe di circa 20 postazioni militari in questa zona geografica e ne ha sempre rivendicato il diritto di amministrazione a livello internazionale, dopo averla “conquistata” nel 1970.

Nonostante questa pretesa fosse stata nel 2016 respinta dalla Corte permanente di arbitrato dell’Aia (affermando in aggiunta che la Cina avrebbe interferito con i tradizionali diritti di pesca filippini a Scarborough Shoal e violato la sovranità delle Filippine esplorando petrolio e gas vicino a Reed Bank) e nonostante Manila celebri in questi giorni il quinto anniversario della suddetta sentenza, pare che alcuni dei paesi contendenti – segnala la 7a flotta della Marina statunitense – siano ancora obbligati a richiedere a Pechino un permesso o una notifica anticipata prima di poter transitare in quelle acque, dato che il Dragone non avrebbe mai accettato il verdetto stabilito nei Paesi Bassi, definendolo invece “un lodo arbitrario illegale, nullo e non valido, nient’altro che un pezzo di carta straccia”.

Per gli Stai Uniti sarebbe altresì la Repubblica Popolare Cinese ad avanzare richieste considerate totalmente illegali: “Nel 2016 il tribunale arbitrale ha deciso di respingere le domande, sono passati più di quattro anni ma Pechino continua a insistere, minando così l’ordine internazionale e minacciando l’indipendenza delle nazioni che vivono nella regione”, ha commentato il vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris.

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Risposta USA e scintille con Pechino

La Marina statunitense, allontanatasi, sostiene che la navigazione in quelle zone sia soggetta al Diritto di “passaggio innocente”, senza obbligo di alcuna autorizzazione quindi, in accordo con le norme internazionali e con la Convenzione navale sul Diritto del mare: “Da nessuna parte l’ordine marittimo basato su regole è più minacciato che nel Mar Cinese Meridionale”, ha sottolineato il Segretario di Stato statunitense Anthony Blinken, aggiungendo che gli Stati Uniti manterranno i propri impegni di difesa reciproca – ai sensi dell’articolo IV del Trattato di mutua difesa USA-Filippine del 1951 – “qualora le isole filippine venissero invase o attaccate”.

“Quella degli USA è stata un’ulteriore “prova corazzata” di aggressiva egemonia di navigazione e militarizzazione del Mar Cinese Meridionale” ha successivamente risposto il colonnello cinese Tian Junli, avvertendo che le forze armate dello Zio Sam potrebbero in futuro subire tutte le conseguenze che deriveranno da eventuali “ulteriori provocazioni”. Il ministero degli Esteri cinese ha successivamente sottolineato come dall’inizio dell’anno gli Stati Uniti stiano incrementando l’interazione tra le flotte del Comando Indo-Pacifico, avendo condotto nel Mar Cinese Meridionale ben oltre 20 esercitazioni militari su larga scala e circa 2000 ricognizioni ravvicinate, definendo l’invocata “libertà di navigazione” statunitense semplicemente “insostenibile”.

Nel frattempo pare che la Cina stia invece programmando di incrementare il numero di test anfibi per migliorare la propria capacità di conquistare potenzialmente isole sia nel Mar Cinese meridionale sia, soprattutto, nella zona più orientale, dove si trova la desiderata Taiwan1.

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Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

Note di riferimento:

  1. Le ultime cifre ufficiali indicano quasi 20 simulazioni militari da inizio 2021, contro le 13 condotte lo scorso anno.

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