Confermata in appello la condanna per diffamazione ad Antonio Di Pietro

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L’ex magistrato è stato condannato per diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p. per aver espresso commenti negativi nei confronti dell’ex Presidente della regione Sicilia Totò Cuffaro

La colpa dell’ex magistrato, Antonio Di Pietro, risiede nel fatto dell’aver postato sui propri canali social la registrazione della trasmissione Samarcanda del 26 settembre 1991,condotta da Maurizio Costanzo, in cui Giovanni Falcone e Totò Cuffarò si erano resi protagonisti di un acceso dibattito. La condanna è scaturita per i commenti con cui Di Pietro ha corredato il video, ossia lamentando uno screditamento della magistratura e della figura di Giovanni Falcone. Il video si conclude con diversi commenti negativi verso l’ex Presidente della regione.

Dopo la condivisione del video il Cuffaro ha lamentato insulti e minacce di morte, tanto da ritenere necessario sporgere querela contro ignoti presso la Procura di Palermo.

Secondo i giudici della Corte di Appello “Non si evince un attacco diretto di Cuffaro nei confronti del giudice Falcone. Ed anzi, appare plausibile, alla luce dei riferimenti operati dallo stesso Cuffaro nel medesimo intervento ad un giudice… che prima è andato in America, poi si è ammalato… ora chiede trasferimenti…, la ricostruzione attorea secondo cui il bersaglio delle citate critiche non era il giudice Falcone».

L’ex presidente della regione per anni ha ripetuto che il suo intervento non era indirizzato a Giovanni Falcone, ma al magistrato che conduceva l’inchiesta contro Mannino, ovvero l’ex sostituto procuratore di Trapani Francesco Taurisano. Quest’ultimo, aveva formulato l’accusa al segretario della Dc basandosi sulle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Rosario Spatola.

Tra i motivi di impugnazione in appello di Antonio di Pietro (che si ricorda essere già stato condannato in primo grado), vi è stata l’istanza di riconoscimento dell’immunità parlamentare. Tale richiesta non ha trovato accoglimento per “difetto di nesso con la funzione di parlamentare”.

Con ogni probabilità, la questione non potrà considerarsi finita, in quanto Di Pietro potrà ancora proporre ricorso per Cassazione. Staremo a vedere.

Tommaso Gioia

 

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