Poeti e mass media

Arte, Cultura & Società

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Certe poesie possono essere sempre attuali, anche tra venti o trenta anni. La poesia ha una data di scadenza più lunga o addirittura non ha data di scadenza.

La poesia finisce quando nessuno scrive e legge più nella lingua in cui è stata scritta. Ma che dire di saggi brevi, articoli, riflessioni? Non ha senso aspettare a pubblicarli.

Vanno stampati o messi online. La cosa migliore è pubblicarli, diffonderli, non aspettare insomma. Qualche anno fa  ho comprato in una bancarella di libri usati due opere di vignette di Forattini degli anni ottanta. Si vedeva che le vignette erano datate.

Io ad esempio negli anni ottanta ero bambino e capivo quelle vignette. Ma potrebbe capirle un giovane qualsiasi che non era ancora nato negli anni ottanta? Di solito i giornalisti, gli articolisti, i saggisti quando commentano i fatti e riflettono sul presente danno sempre per scontato qualcosa che ai posteri domani potrebbe sfuggire.

Non è detto che i posteri domani quindi potranno cogliere il senso e capire a pieno le prose, gli articoli e i saggi di oggi. Dopo qualche tempo si perde quel che i francesi chiamano il milieu, ovvero i riferimenti al contesto storico, sociale, politico, di cronaca.

Per non essere ridondanti, ripetitivi e spesso senza neanche accorgersene chi scrive di qualcosa di attuale dà per scontato ed omette alcuni particolari, di cui i posteri non saranno a conoscenza. Bisogna aver vissuto quell’epoca per capire totalmente gli articoli scritti allora. Il giornalismo, anche quando è accessibile e comprensibile a tutti, nasconde questo tipo di insidia. D’altronde giornalisti e saggisti scrivono per i contemporanei, sono rivolti al presente. Devono informare e spiegare ai contemporanei. Questa è la loro mission. Talvolta quando viene raccolta in un libro tutta la produzione di un grande giornalista per ricordarlo i curatori spesso si scordano di mettere delle note: in questo modo non aiutano i più giovani che non c’erano ancora quando sono stati scritti certi articoli. È proprio il caso si dire che le cose sono semplici solo quando si sanno.

Dopo qualche mese o al massimo un anno le vignette ad esempio non sono più attuali, non sono più aggiornate. Non dico che bisogna stare a tutti i costi sul pezzo. Ma bisogna essere presenti. La cosa migliore a mio avviso è pubblicare online.

È lì che si può arrivare a più persone. Certamente una obiezione che si può fare al web è che sia un mare magnum dove si trova di tutto ed un contributo non venga valorizzato adeguatamente, nemmeno quando è di qualità. Per Heidegger erano tre le cose che rendevano la vita inautentica: la chiacchiera impersonale, la curiosità, l’equivoco. Se fosse vivo oggi forse aggiungerebbe anche la vita virtuale.

Ma ci sono dei contro come dei pro nel web. Inoltre la miglior cosa a mio avviso è dire la propria oggi. A che serve congelare le proprie idee per trenta, quaranta anni e poi farle riesumare da un cassetto dai propri posteri? Forse potranno interessare poco oggi. Immaginiamoci quanto potrebbero importare domani! Zero o quasi nulla! Da morti inoltre non ci si può spiegare, difendersi.

Tra quaranta anni non è dato sapere se l’umanità ci sarà ancora.

Così scrive il grande critico letterario Alfonso Berardinelli in “Poesia non poesia” : “Le regole che governano la produzione giornalistica e i media sono ormai piú impegnative di quelle che governano i testi poetici. A un vero poeta una sfida del genere non dovrebbe dispiacere”.

Secondo Berardinelli oggi buona parte dei poeti sono prolifici ma anche faciloni e sciatti. È un suo parere e lo accogliamo con beneficio del dubbio e di inventario. Personalmente ritengo che scrivere prose, saggi, articoli sia un modo per un poeta per rimanere aggiornato.

È un modo per aprirsi, per rimanere aggiornato, per essere nel proprio tempo. Come del resto essere sui social come Facebook. Non si può oggi rinchiudersi nella propria torre eburnea. Bisogna affrontare faccia a faccia la realtà, anche se da questo corpo a corpo si può rimanere sconfitti.

È altrettanto vero che si può essere contestati. Ma questo può succedere sempre a chi scrive. Importante è saper distinguere le critiche faziose, gli argomenti ad personam o per partito preso da quelle costruttive. Bisogna ricordarsi che poco più di dieci persone erano al funerale di Mozar, che solo la madre e la sorella erano ai funerali di Rimbaud, che Van Gogh ha venduto un solo quadro in vita sua.

Non è assolutamente detto quindi  che il mondo debba a tutti i costi comprendervi. Una cosa piuttosto più pericolosa è che il web sia una grande distrazione per i poeti, ma naturalmente dipende da come lo si usa: può essere una risorsa come una perdita di tempo.

Dipende senz’altro se i poeti si mettono a cazzeggiare o meno sul web. Anche scrivere articoli è un modo per dare la propria testimonianza nel mondo. Significa calarsi nella realtà quotidiana. Significa prendere parte e non distogliersi dai problemi concreti.

È vero che c’è il rischio di rimanere invischiati troppo nella quotidianità con i suoi veleni e la sua tossicità. Ci vuole come in tutte le cose una giusta distanza. Inoltre per chi scrive poesia scrivere prose, saggi brevi, articoli è un modo per spiegarsi ulteriormente, per far capire di più di sé stessi ai lettori.

Le prose e le argomentazioni possono essere propedeutiche, possono far da corollario quantomeno alla poesia. Possono essere un qualcosa in più.

Scrivere articoli ad esempio anche se non viene retribuito è senza ombra di dubbio un impegno che una persona si prende. Avviare una collaborazione, anche se gratuita, per una testata giornalistica o una rivista, è un impegno intellettuale (e forse anche civile, non so se politica) e di questo ne va preso atto. È una piccola sfida anche essa.

Davide Morelli

Redazione Corriere Nazionale

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