Petralia sottana: il X raduno Mediterraneo Jazz Manouche

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Confesso la mia ignoranza: non avevo mai sentito pronunciare il nome di Petralìa Sottana, prima di leggere che ogni anno ospita il Raduno Mediterraneo del Jazz Manouche ‘Sulle orme di Dijango’.
Per concomitanza di impegni, non ho potuto presenziare al ‘Festival Django Reinhardt’ che si è svolto a Fontainebleau dall’1° al 5 luglio scorso (più di 50 edizioni a carico) per rendere omaggio al swing e alla modernità del più grande chitarrista jazz. Amo molto questo genere musicale e non ho voluto perdere questa opportunità.

Sita all’ingresso del Parco delle Madonìe (Pa), il borgo medievale di Petralìa Sottana (2500 abitanti ed un gemello a due chilometri di distanza, Petralìa Soprana), promuove un evento (10 a tutt’oggi) unico nel Centro-Sud, grazie all’associazione ‘Sulle orme di Dijango’ (presieduta da Carlo Butera che cura anche la direzione artistica dell’evento mentre quella organizzativa è affidata a Alessandro Valenza) e naturalmente al Comune.
Decine di musicisti si sono avvicendati in questi anni, provenienti da varie parti d’Italia e dall’estero, accomunati dalla passione per questo genere musicale che trova ampia diffusione soprattutto in Francia ed Europa centrale e, negli ultimi anni, anche in Italia. Il raduno ha ospitato il gotha del manouche europeo, da Angelo Debarre, Stokelo Rosenberg a Paulus Schaffer, oltre ai violinisti Rares Morarescu (musicista raffinato e dalla tecnica sorprendente) e Adrien Chevalier (francese vulcanico ed eclettico).
Tanti i chitarristi tra cui Duved Dunayevsky (uno degli artisti dal suono più autenticamente riconducibile al swing di Django Reinhardt e Eddie Lang), Hadrien Vejsel (dotato di un forte stile anni Trenta, intriso di contaminazioni moderne e inaspettate), Matteo Mancuso (giovane talento siciliano, classe 1996), Iacopo Martini, considerato dalla critica internazionale come uno dei più originali interpreti di chitarra nello stile Reinhardtiano.

Non deve essere stata facile l’organizzazione dell’edizione 2021 a causa dei gravi problemi connessi alla pandemia ma gli organizzatori hanno voluto fortemente esserci e -nel rispetto di tutte le nome anticovid, prenotazioni incluse- hanno allietato con successo il pubblico che per tre giorni ha affollato il centro storico, prima di confluire il quarto giorno a Piano Battaglia, piccola località (1600 metri) sita in un’ampia conca carsica immersa in faggete, in pieno Parco.
Sul palco si sono avvicendati lo stesso Butera (chitarra), Pietro Calvagna (chitarra), Gabriele Lomonte (chitarra), Rares Morarescu (violino), Mattia Franchina (contrabbasso), Francesco Buzzurro (chitarra), Stjepko Gut (tromba), Mauro Carpi (violino), Alessio Costagliola (chitarra), Nicola Gianmarinaro (clarinetto), Fabrizio Fancoforte (batteria) Sebastian Torres (chitarra e voce), Davide Rizzuto(violino), Dada Wolf (contrabbasso), Annabella Rusicò (contrabbasso), oltre a Chiara Minaldi (splendida frontwoman) e Giuliana Randazzo che ha realizzato un originale spettacolo di fuoco.

Ed ora…torniamo alle origini…
Il termine ‘Manouche’, com’é noto, é il nome assegnato in Francia ai Sinti, gruppo etnico parzialmente nomade : da qui deriva appunto il nome di ‘Jazz Manouche’ o ‘Gipsy Jazz’, ovvero quello stile musicale melodico cadenzato in cui trovano la massima espressione gli strumenti a corda (chitarre, bassi, violini…) tipici delle band tzigane.
Questo genere musicale trae la sua origine dall’irripetibile esperienza artistica del chitarrista Django Reinhardt ( Liverchies, 1910- Fontainebleau, 1953) che ne è considerato l’indiscusso ideatore: ha rappresentato il massimo esponente di un gruppo di chitarristi gitani che lavoravano a Parigi dagli anni Trenta ai Cinquanta , che annoverava i fratelli Baro, Sarane e Matelo Ferret e il fratello di Django, Joseph ‘Nin-Nin’ Reinhadt.

A diciotto anni Dijango- che aveva già iniziato una carriera di apprezzato banjoista- subì un grave incidente. La roulotte di famiglia fu divorata da un incendio ed egli riportò gravissime ustioni, tanto da perdere l’uso della gamba destra e di parte della mano sinistra (l’anulare e il mignolo, distrutti dal fuoco, furono saldati insieme dalla cicatrizzazione).
Questo incidente cambiò la sua vita e la storia stessa della chitarra jazz. A causa della menomazione Reinhardt dovette abbandonare il banjo e cominciò a suonare una chitarra che gli era stata regalata, meno pesante e meno ruvida. Nonostante le dita atrofizzate (o forse proprio grazie a queste), sviluppò una tecnica rivoluzionaria e del tutto particolare riuscendo a vincere la menomazione : in breve tempo iniziò a lavorare assieme a diverse orchestre che giravano per la Francia, tra cui quella del fisarmonicista Vettese Guerino con cui incise i primi dischi.

A questi seguirono registrazioni che ottennero un immediato successo e fecero di lui il chitarrista jazz più apprezzato al mondo: particolarmente significativi i brani Djangology (1935), Swing guitars (1936), Minor swing e Viper’s dream (1937), Nocturne, Billet doux, Improvisation e Daphné (1938), Swing 39 (1939). Nel frattempo si era esibito con L. Armstrong (1935) e aveva registrato con E. South, C. Hawkins e D. Wells (1937), con B. Carter (1938) e R. Stewart (1939). Alla testa del suo quintetto R. compì tournées in Spagna, Olanda, Belgio, Scandinavia, Inghilterra e negli Stati Uniti dove si esibì con l’orchestra di D. Ellington in numerosi concerti, tra cui quelli alla Carnegie Hall.

Molte cose ho imparato durante il mio soggiorno madonita parlando con alcuni musicisti. ..
-che la critica propende per la derivazione del Manouche dal jazz- swing con influenze folk, spagnole (flamenco) ed altre successive incontrate dai vari artisti lungo il loro percorso;
-che le regole musicali di base sono quelle della cosiddetta musica ‘conosciuta’, sostanzialmente come avviene nel jazz, mentre l’improvvisazione non è di tipo modale (ovvero non ricorre prevalentemente alle scale) ma si realizza a partire dagli accordi e utilizzando in prevalenza arpeggi;
-che il modo di suonare risulta quindi ‘tonale’ e i cromatismi sono impiegati per legare, mantenendo in tal modo un sound che appare un mix tra un approccio più sanguigno e uno più riflessivo.

Ho imparato poi
-che l’assenza di strumenti a percussione e batteria di ottone rappresenta una novità nel contesto jazz (dove erano comuni le sezioni di corno e i solisti di corno), così come l’uso del contrabbasso che aveva preso il posto del sousafono per suonare le linee di basso;

-che l’assenza di batteria è stata compensata da uno stile ritmico di accompagnamento di chitarra chiamato ‘la pompe’ (la pompa) che ha fornito sia il ritmo che la struttura armonica per i solisti.

Benché sia mancato quasi 70 anni fa, Dijango è tuttora un mito per tanti.
Nel 1966 Sergio Corbucci chiamò col suo nome di battesimo il personaggio principale del film che aveva finito di girare, con Franco Nero nelle vesti del protagonista, proprio come omaggio al musicista di cui era un grande fan.
Nel 1999 in ‘Accordi e disaccordi’ (titolo originale ‘Sweet and Lowdown’), Woody Allen fece volutamente un ritratto del protagonista in perfetto accordo con la biografia di Reinhardt, inventandone la vita e dicendo che ‘era secondo solo a Django’.

Nel 2000 uscì ‘Chocolat’ del regista Lasse Hallstrom con Johnny Deep quale attore protagonista: ‘Minor Swing’, uno dei brani simbolo di Django, costituì il tema della colonna sonora candidata all’Oscar nel 2001.
Nel 2005 Il cantante Davide Van De Sfroos gli rese omaggio in ‘Rosanera’, canzone dedicata ad una chitarra, cantando ‘Quaand che l’ho incuntrada me, l’era in mànn ad un jazzista, un gitano cui barbiis e un prublèma alla sinistra’.

Praticamente analfabeta e ignaro anche della scrittura musicale, Reinhardt è il prodotto dell’incontro tra l’origine gitana e il jazz, due culture emarginate da quella ufficiale.
Straordinario virtuoso pur nell’eterodossia della sua tecnica, musicista geniale e totalmente originale, profondamente istintivo, è senza dubbio la personalità più rilevante del jazz europeo e, con il texano Charlie Christian, il massimo chitarrista della storia del jazz.

Paola Cecchini 

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