Beato Giacomo di Bitetto. Il Museo della Devozione e del Lavoro

Arte, Cultura & Società

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Girando alla scoperta delle bellezze, di siti del tutto inusuali e di luoghi che fanno bene all’anima in questa nostra magica e straordinaria Puglia andiamo incontro a sempre nuovi tesori, meraviglie della natura e dell’uomo.

Luoghi di inestimabile bellezza tali da lasciare stupefatti, in estasi permanente; luoghi magici spesso nascosti o poco accessibili come le ancestrali grotte marine abitate dalle sirene che con il loro dolce canto accompagnano i visitatori in barca per vivere sogni fantastici e senza tempo.

Capita anche che oltre alle incantevoli e suggestive  grotte marine, alle torri marine e di avvistamento autentici giganti del mare,  ai castelli ed alle cattedrali che si affacciano sul mare si possano incontrare anche luoghi dello spirito nei quali il silenzio è d’obbligo in quanto dettato dalla santità del luogo che invita alla preghiera e che ti avvicina al Signore.

 

Sono luoghi che invitano alla riflessione ed alla introspezione, che esaltano valori come la semplicità, l’umiltà, il rispetto e l’amore verso il prossimo, lo spirto di solidarietà. Uno di questi luoghi è senza dubbio il “Museo della Devozione e del Lavoro” che si trova a Bitetto, a pochi chilometri da Bari, città metropolitana e capoluogo dell’omonima provincia.

Si tratta di un museo interessante e veramente unico per l’impegno profuso dai frati del Convento del Beato Giacomo di Bitetto che lo ospita nel reperire, con l’aiuto dei cittadini bitettesi ma anche di molti altri comuni dell’hinterland, le testimonianze della vita quotidiana in tutte le sue espressioni (artigianato, devozione religiosa, cultura, lavoro, tradizioni popolari ed atro).

Il Museo occupa gli spazi dell’antico  convento francescano, costruito nel 1433 dai Frati minori, in cui ha vissuto  in estatica preghiera e svolgendo le più umili mansioni, compresa quelle di accudire e servire  con amorevole cura i suoi confratelli , il Beato  Fra Giacomo Varingez. In quelle che in origine  erano le cucine  e le celle dei frati  del vecchio convento , oggi sono raccolti e custoditi oggetti e arredi, tutti rigorosamente originali, un tempo regolarmente utilizzati,  che riguardano il privato domestico , il lavoro femminile  con il ricamo e il  tessuto , l’istruzione con la scuola, il lavoro agricolo: Il tutto documentato con  attrezzi per la lavorazione della terra come zappe ed aratri in uno con una vera chicca, addirittura  un traino ( antico mezzo di trasporto oggi sostituito dai roboanti trattori) con tanto di targa per la sua identificazione e che veniva utilizzato dal contadino ed i suoi braccianti,  dal massaro,  dallo stesso proprietario dei terreni per trasportare gli utensili necessari per il lavoro ed i tanto attesi, sospirati e sudati  frutti del raccolto stagionale.

Sono anche rappresentati ognuno nella sua cella i diversi mestieri, come il sellaio, il vasaio, il cestaio, il bottaio, il barbiere dell’epoca con i suoi attrezzi.  Intrigante la funzione ad esempio del vasaio al quale era riservato il delicatissimo compito di riparare alla perfezione, piatti, tegami, vasi, ciotole e caraffe che la sposa portava con se in dote:

Se un pezzo subiva danni, si rompeva o si filava era impossibile procedere alla sua sostituzione in quanto non si trovavano pezzi identici ed ove mai gli stessi erano reperibili potevano essere particolarmente costosi; per altro verso non era  decoroso tenere in casa un servizio di piatti sparigliati.

Un ampio settore del Museo è dedicato alla devozione popolare che, tra l’altro, comprende un presepe permanente, realizzato dal Maestro Giuseppe Maselli, che riproduce  le caratteristiche architettoniche  del centro antico di Bitetto, una selezione di arredi e paramenti sacri , ex voto, numerosi oggetti religiosi, il saio che Beato Fra Giacomo indossava prima dell’ultima ricognizione del corpo incorrotto nonchè la ricostruzione ideale  della cella dello stesso Beato.

Alcuni ambienti sono caratterizzati da costumi popolari dei paesi limitrofi (Bitonto, Binetto, Cassano delle Murge, Giovinazzo, Toritto, Modugno) allestiti su manichini realizzati dagli studenti del corso di Costume per lo spettacolo e guidati da Rita Faure, docente dell’Accademia delle Belle Arti di Bari).

La singolarità di questo museo è che una volta l’anno vive e si anima nella rappresentazione  del Presepe vivente , offrendo in tal modo l’opportunità ai visitatori  di assistere all’uso degli attrezzi che vi sono custoditi. Un piccolo esercito di comparse da vita a questa stupenda rievocazione sottolineata da musiche e melodie che emozionano. Tutti gli oggetti  e i  manufatti  in mostra sono testimonianza  di esperienze di devozione  e di lavoro e se osservati con rispetto e la dovuta attenzione, parlano della cultura del territorio  e rappresentano un importante patrimonio di conoscenza per la salvaguardia della memoria  storica,  indispensabile per la difesa dei valori che gli stessi rappresentano.

Giacomo Varingez, il Beato da Bitetto, detto anche ‘Illirico’ da Illiria, l’antica provincia romana che includeva la sua terra d’origine, nacque a Zara nei primi del ‘400. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, venne battezzato proprio col nome che ha conservato anche da frate. Suoi genitori, secondo la tradizione, furono Beatrice e Leonardo Varingez che lo educarono secondo principi cristiani.

Il passaggio di Giacomo in Puglia fu favorito dalla circostanza di alcuni mercanti del suo paese che facevano domicilio da queste parti, arrivato in Puglia a Bitetto conosce la fraternità francescana del convento di san Francesco. Attirato dall’ideale di Francesco, Giacomo vestì l’abito francescano proprio a Bitetto, intorno al 1437.  La presenza del frate laico nel convento bitettese può considerarsi certa sino al 1463, anno in cui, si sarebbe trasferito secondo al tradizione a Bari presso il convento francescano costruito in quegli anni.

Dopo il 1469, il beato Giacomo fu certamente a Cassano presso il convento di S.Maria degli Angeli al quale lo legano alcuni episodi tramandati dalla devozione popolare. Tra questi la presenza di un cipresso, ancor oggi visibile nel lato nord del convento, che si vorrebbe piantato dal nostro frate o l’aneddoto della costruzione di “sette casubbole o trulli” dove fra Giacomo “ogni notte vi faceva le stazioni in onore delle sette chiese di Roma”. Dal 1480 sino agli inizi del 1483, il fra Giacomo tornò a Bitetto dove imperversava la peste.

Alla popolazione non fece mancare il suo conforto materiale e spirituale, prodigandosi nella preghiera, nella cura e nell’assistenza degli appestati. La memoria di tale tragica circostanza e della presenza del Beato tra gli appestati è rimasta indelebile nel vissuto storico della cittadina.

Nel 1656, imperversò nuovamente la peste nel Regno di Napoli ma questa volta Bitetto rimase immune da essa, il popolo attribuì il merito dello scampato pericolo al Beato Giacomo, ‘che quasi visibilmente parve tenere distesa la mano in aria per trattenere l’ira di Dio’, e lo elesse suo compatrono. Tra il 1483 e il 1485, fra Giacomo dimora nel convento di S. Maria dell’Isola di Conversano, come testimonia Agostino da Ponzone nel registrare la presenza del frate al castello ducale nella circostanza della malattia e miracolosa guarigione del piccolo Giovanni Battista Acquaviva.

Dal 1485 in poi ritorna definitivamente a Bitetto dove più che altrove la gente sperimentò i suoi carismi. Qui nacque e si consolidò la fama di potente intercessore presso Dio, che l’accompagnò sia in vita che dopo la morte. Sulle orme di Francesco d’Assisi, egli seppe pervenire ad una perfetta sintesi tra vita contemplativa e servizio d’apostolato. Il suo sottomettersi ai lavori più umili, l’orto, la cucina, il questuare di porta in porta elargendo a tutti parole di conforto, furono qualità che lo fecero sentire fratello degli umili.

Le numerose grazie e miracoli raccolte dai suoi biografi sin dal tempo in cui era in vita, giustificano l’acclamazione spontanea del popolo che lo trasse fuori dal sepolcreto collocandolo sull’altare, ciò avvenne vent’anni dopo la sua morte quando in occasione della sepoltura di un altro frate il suo corpo fu rinvenuto incorrotto e ancora flessibile. Il processo canonico fu avviato solo il 1629, poi sospeso e ripreso nel 1694 durante il vescovado di Mons.

Odierna a conclusione dell’iter processuale, riconosciuti i carismi di Giacomo Varingez e la secolare devozione di Bitetto e dei paesi vicini, il 29 dicembre del 1700, Clemente XI lo dichiarò Beato.

Dopo più di tre secoli dalla beatificazione e dopo 5 secoli di culto e devozione ininterrotti, nel 1986 l’evento storico della ricognizione medico canonica con alla presenza di una qualificata equipe di medici e professori universitari, fu l’occasione per riaprire il processo di canonizzazione. Il 19 dicembre 2010 la Congregazione delle Cause dei Santi promulgò il decreto sulle virtù eroiche dell’umile fraticello.

Oggi siamo in attesa che la Chiesa riconosca la santità di fra Giacomo e lo proponga alla venerazione universale .Particolare devozione e amore nutriva verso la Vergine Maria, da lui scelta come Madre celeste fin dal suo ingresso in convento.

Nei momenti liberi sempre si appartava in luoghi solitari nei quali vi era l’immagine di Maria con il Bambino. In ogni convento dove dimorò lasciò il ricordo di sé legato a cappelle o grotte dedicate a Maria. Così a Cassano S. Maria degli Angeli e a Conversano S. Maria dell’Isola.

Durante le sue permanenze a Bitetto fra Giacomo si tratteneva a lungo in preghiera presso due edicole, la prima distante duecento metri circa dal convento, era denominata la “Benedetta”, ora esiste una cappella più grande. L’altra si trovava nell’orto del convento, a quindici passi dal coro della chiesa. Probabilmente si tratta dell’edicola conservata in fondo all’attuale santuario. A testimoniare l’amore di fra Giacomo per la Madonna nel parco sorge la grotta della Vergine, e ogni 11 del mese una grande fiaccolata vi giunge in preghiera.

Nel 1619, come si tramanda, è Donna Felice di Sanseverino, duchessa di Gravina, a farsi aprire l’urna per baciare la mano del Beato e in tale circostanza ne stacca con un morso un dito al fine di procurarsi una reliquia personale ma, come efficacemente descritto da Breve cenno storico del Giannelli, dinanzi al “terribile temporale” che impedisce di partire, confessa la sua colpa e restituisce il frammento sottratto, per la conservazione del quale dona poi un piccolo reliquiario d’argento.

E’ detta reliquia che ancor oggi, viene riportata in processione. I festeggiamenti sempre sontuosi in onore del Beato rivelano un attaccamento ininterrotto e durevole nel tempo.

Sono tante le motivazioni che rendono non più rinviabile una visita al Museo della Devozione e del Lavoro, nel Convento ci aspetta come sempre il Beato Fra Giacomo sempre pronto ad un abbraccio amorevole, ad ascoltare le nostre ambascie quotidiane e a dispensarci le sue straordinarie virtù.

Marcario Giacomo
Comitato di Redazione del Corrierepl.it

Tags. Bitetto, Beato Giacomo, convento di Bitetto

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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