Figli di un dio minore nel pubblico impiego

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Il nostro ordinamento giuridico, già venti anni or sono, ha disciplinato con un decreto l’organizzazione degli uffici ed i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, con l’intento di garantire pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e di escludere qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica… La contemplazione di una qualsiasi forma di discriminazione sarebbe illegittima costituzionalmente in quanto in piena violazione dell’art 97 della costituzione.

Nel decreto lgs. 165/2001 (Testo Unico. del pubblico impiego), già nel primo articolo il legislatore ha indicato tassativamente che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, comprendendo anche gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative e, tra gli altri, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Palese ed uniforme la disciplina da applicarsi per i periodi di servizio del personale in tali amministrazioni pubbliche, si osserva inoltre che è ammessa anche la mobilità tra le stesse, previo assenso dell’amministrazione cedente. Purtroppo occorre rilevare che, per l’osservanza di tale normativa, sia stato più volte necessario, nell’arco del ventennio, agire in sede giurisprudenziale. Pur non essendo ammessa l’ignoranza della legge, si rileva nella circostanza di seguito descritta un problema di “interpretazione” che pare debba pertanto avvenire in via giudiziale!

Così come nei trienni precedenti, un decreto ministeriale, il D.M. 50/2021, prevede, negli allegati, l’attribuzione di 0,05 punti per ogni mese o frazione di 15 giorni, fino a un massimo di 0,60 punti per anno del “servizio prestato alle dirette dipendenze di amministrazioni statali, Enti locali, nei patronati scolastici o nei consorzi provinciali per l’istruzione tecnica”.

Il MIUR, quindi la scuola capofila di volta in volta designata dal lavoratore precario, sostiene talvolta che le ASL e gli enti ospedalieri pubblici non rientrino tra le amministrazioni pubbliche, e, pertanto, esclude tale servizio della valutazione del punteggio in graduatoria dei collaboratori scolastici precari che presentino domanda. Tale esclusione nel passato aveva provocato in una precisa circostanza anche la risoluzione di un contratto di lavoro a tempo determinato.

L’episodio si riferisce alla circostanza in cui un Giudice del Lavoro (Tribunale di Monza – Sentenza n. 658 del 14 gennaio 2016) ha in seguito accolto pienamente le argomentazioni dell’Avv. Marco Fusari, evidenziando che: nel nostro ordinamento non esiste una definizione fissa e immutabile di “amministrazioni dello Stato”, e, pertanto, queste debbano essere identificate in base al caso concreto e in base alla finalità della norma che entra in gioco. Nel caso menzionato, ritornando all’art. 1 del d. lgs. 165/2001 che stabilisce come, ai fini della disciplina del rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche, le “amministrazioni dello Stato” coincidono integralmente   con le “amministrazioni pubbliche”, possiamo rilevare che all’interno di tale unitaria categoria delle “amministrazioni dello Stato” sono comprese “le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale” come dall’elenco tassativo dell’articolo.

Pertanto per il Giudice de Lavoro il legislatore, nella valutazione di chi ha già prestato servizio per la pubblica amministrazione, ha utilizzato in senso ampio la denominazione di “amministrazioni statali”, facendo riferimento a tutte le amministrazioni pubbliche richiamate dalla normativa sul pubblico impiego.

Forse sarebbe stato più opportuno che nel D.M. 50/2021, nei precedenti e si auspica nei successivi, fosse stato inserito un richiamo preciso ed inequivoco a tale norma, in modo che una scuola capofila non debba trasformarsi in una fonte di interpretazione del diritto e possa invece applicare le norme giuridiche agevolmente, ai fini del più proficuo raggiungimento dei suoi obiettivi come istituzione educativa per i cittadini.

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