I Beati martiri di Cordoba. Il Papa: siano forza per i cristiani perseguitati

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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All’indomani della beatificazione in Spagna di 127 vittime in odio alla fede nella guerra civile, Francesco all’Angelus invita i fedeli ad un applauso in loro memoria. Esempi e guide anche oggi, “eletti” da Dio, come ha detto il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi che ha presieduto la Messa di beatificazione nella cattedrale di Cordoba

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

La firma del Papa che autorizzava i decreti relativi a 127 martiri della guerra civile spagnola tra il 1936 e il 1939 era giunta nel novembre di un anno fa. Ora la diocesi di Cordoba, che di quel martirio in odium fidei fu scenario, in tre Vicarie, saluta i nuovi beati nella Messa presieduta dal cardinale Marcello Semeraro.E con la diocesi c’è anche la gioia del Papa che in questa domenica di ottobre, al termine dell’Angelus, salutando i fedeli ricorda a tutti la storia di sofferenza e di martirio di questi nuovi beati ma anche la loro potenza sempre attuale per chi oggi testimoniando va incontro alla morte o alla sofferenza: 

Ieri a Cordova, in Spagna, sono stati beatificati il sacerdote Juan Elías Medina e 126 compagni martiri: sacerdoti, religiose, seminaristi e laici, uccisi in odio alla fede durante la violenta persecuzione religiosa degli anni trenta in Spagna. La loro fedeltà dia la forza a tutti noi, specialmente ai cristiani perseguitati in diverse parti del mondo, la forza di testimoniare con coraggio il Vangelo.

Gli eletti dal Signore

Ma cos’è l’odio del mondo e chi sono questi martiri? Pronunciando la sua omelia il cardinale Marcello Semeraro prefetto della Congregazione delle cause dei santi ,ne parla come di “eletti” dal Signore, cioè “scelti” ma anche “tirati fuori dal mondo”, e proprio per questo odiati:

Nell’odio del mondo, dunque, c’è come la gelosia e l’invidia di chi ha perduto la sua preda; di chi se l’è vista sottrarre. Ecco, allora, il duplice impegno, che la parola del Signore intende suscitare nella nostra volontà: la presa di distanza dal «mondo», che qui indica l’insieme di chi alla luce preferisce le tenebre, alla verità l’errore, all’amore l’odio; e poi, anche, l’attenzione a non lasciarci ammaliare dalla nostalgia del peccato. 

Luce, amore, verità, distacco dal peccato ha dunque segnato le vite dei discepoli, come di questi fratelli, ma anche la “vicinanza a Dio”: “Lo scenario aperto dall’annuncio dell’odio del mondo è – afferma il cardinale nell’omelia-  esattamente l’esatto contrario dell’altra parola confortante e colma di promesse: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito». Ci pare, allora, di sentire l’eco del canto pasquale: Mors et vita duello conflixere mirando … «La morte e la vita si sono battute in uno stupefacente duello: il signore della vita, morto, vivo regna». È la consapevolezza che animò i nostri martiri, molti dei quali, come sottolineò il vescovo di Cordoba Adolfo Pérez y Muñoz, mentre erano uccisi gridavano: «Viva Cristo Re»! Regnavit a ligno Deus.”

Odiati dal mondo perché appartenenti a Gesù

Attenzione però a non confondere – ammonisce il porporato – l’odio del mondo con “qualunque difficoltà” o con le avversità “che non provengono dal nostro essere veramente discepoli del Signore, ma che sono la conseguenza delle nostre infedeltà, del nostro essere entrati nella logica del mondo”. Odio del mondo è solo, spiega, la “violenza che si abbatte su di noi perché siamo del Signore. A causa del suo Nome. È per questa interiore certezza che un cristiano giunge perfino ad essere lieto di soffrire, come leggiamo negli Atti degli Apostoli”. Dunque, ribadisce, “l’odio del mondo è inseparabile dal discepolato di Gesù ed è pure la sua migliore apologia” se è vero che Gesù ha detto: “Prima di voi ha odiato me”.

In questo contesto si inseriscono le vite e le vicende dei 127 martiri spagnoli, un”folto gruppo di martiri, che oggi la Chiesa ha dichiarato beati: una così grande varietà di profili umani – dalla ricca e profonda spiritualità radicata a volte nella teologia – “espressa nella molteplicità dei vissuti quotidiani, prima di raggiungere la vetta del martirio il quale sigilla con il sangue tutta l’esistenza”. “Siamo di fronte – ha concluso il cardinale Semeraro – a uno spaccato di storia la cui memoria potrà diventare luogo di evangelizzazione dentro contesti secolarizzati. È la testimonianza di una Chiesa circumdata varietate. È come l’esplosione della Pentecoste, la realizzazione della profezia di Gioele: Lo Spirito Santo irrompe su tutti: anziani e giovani, figli e figlie, e chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo”.

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