La soluzione gastronomica di un sindaco sardo per contrastare l’invasione dei cervi

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Il primo cittadino di Laconi, provincia di Oristano: abbattiamo quelli che sono di troppo e serviamone la carne nei ristoranti, così da aumentare anche l’appeal turistico della zona. Gli animalisti insorgono: sono una specie protetta

 

 Gli esemplari di cervo sardo sono troppi? Basta abbattere quelli in eccesso e servirne la carne nei menu dei ristoranti del paese per aumentare l’appeal turistico. E’ l’idea, già duramente contestata dagli ecologisti, lanciata dal sindaco di Laconi (Oristano) Salvatore Argiolas, ora che la popolazione dei cervi ha raggiunto – secondo una stima – il migliaio di esemplari e ha iniziato a provocare danni.  

 

Nel 1998 un gruppo era stato reintrodotto nella foresta demaniale di Funtanamela, circa 500 ettari nel territorio di Laconi, anche a fini turistici, nel cantiere comunale dell’agenzia regionale Foresta. Da allora i cervi, anche dopo che nel 2007 alcuni esemplari fuggirono da una lesione della recinzione provocata dalle abbondanti nevicate, si sono riprodotti in modo esponenziale in un ambiente particolarmente favorevole, per la presenza di boschi e acqua. E appartengono a una specie protetta.

La situazione sarebbe diventata ingestibile – a detta del primo cittadino – perché gli animali non sarebbero più confinati in un’area recintata, ma liberi di spostarsi non solo nelle montagne, ma di arrivare anche fino al centro del Paese. Per risolvere il problema, il sindaco di Laconi ha così suggerito come soluzione un abbattimento selettivo dei cervi, con la possibilità di proporre la loro carne in menù tipici e specifici, solo nei territori che hanno subìto dei danni, causati dalla loro presenza.

Danni e incidenti

“Io ho solo fatto una proposta”, spiega all’AGI il sindaco Argiolas. “Ho detto che se, e solo se, l’abbattimento dei cervi fosse l’unica soluzione percorribile, a quel punto, si potrebbe fare in modo di trasformarlo in una risorsa. Capita che mi chiamino al telefono, a tarda notte, per incidenti d’auto causati dall’attraversamento improvviso di cervi in mezzo alla strada e, oltre al danno dell’automobilista, mi ritrovo anche ad avere delle spese per smaltire la carcassa dell’animale. Non mi pare che si stia agendo al meglio, né che non si possano studiare e trovare nuove soluzioni”.

Alla proposta dell’abbattimento selettivo sono insorti subito gli ambientalisti e, in particolare, quelli del Gruppo di intervento giuridico. “I cervi sardi, pure a Laconi, non sono proprietà del Comune”, contesta il portavoce di Grig, Stefano Deliperi, ricordando che sono specie “rigorosamente protetta dalla Convenzione internazionale di Berna”, “e il sindaco non può destinarli ai ristoranti del proprio paese per l’abbinata cervo e tartufo: è un’assurdità e dimostra la scarsa capacità di proporre soluzioni sensate per un qualsiasi eventuale problema causato dalla fauna selvatico”. 

Manca un censimento

Non esiste un dato certo e aggiornato sull’attuale numero di cervi presenti nel territorio di Laconi. “Si occupava del censimento l’Agenzia regionale Forestas”, riferisce il sindaco, “perché erano stati inizialmente portati nel cantiere forestale per fini turistici. Però, quando l’alimentazione non è stata più sufficiente, perché hanno iniziato a riprodursi tantissimo, hanno aperto i recinti e hanno iniziato a diffondersi così in modo incontrollato in tutto il territorio comunale. Da circa due anni, a causa del Covid, per delle disposizioni interne all’Agenzia Forestas, il censimento non è stato, dunque, più effettuato anche se, in base a una stima, in giro ce ne sarebbero più di mille, ma non escludiamo che siano anche molti di più. Sono tanti e ce ne accorgiamo perché arrivano anche in paese”.

Aumentano anche i cinghiali

Laconi, ricorda il sindaco, “è un centro con una forte tradizione venatoria: Avevamo intere montagne battute dai cacciatori, perché erano piene di cinghiali”. “Attualmente, però, non si può più cacciare per l’alta presenza dei cervi”, sostiene il primo cittadino. “Quindi, sta aumentando anche il numero dei cinghiali e la situazione sta diventando critica”.

C’è chi, pur di scongiurare l’abbattimento dei cervi, ha proposto al primo cittadino di trasferirli in altre zone della Sardegna, ma secondo Argiolas “si sta solo spostando il problema altrove”. “Non dimentichiamoci che ci sono altre parti in Italia, in Europa e nel mondo dove sono riusciti a farne una risorsa“, aggiunge il sindaco.

“Si tratterebbe di valorizzare la loro carne e di creare un turismo alternativo nelle zone interne. Capisco che qualcuno possa scandalizzarsi per tutto questo, ma la realtà dei fatti è che stiamo parlando di animali che morirebbero comunque per fame, incidenti stradali o combattimenti tra maschi nel periodo degli amori”.

Le alternative all’abbattimento

“È necessario lavorare dal punto di vista normativo. Non penso di proporre nulla per domani mattina”, precisa Argiolas, “ma sarebbe almeno il caso di sedersi attorno a un tavolo, per parlarne e ragionarci. Da parte della Regione, c’è l’impegno dell’assessore dell’Ambiente, Gianni Lampis, per trovare delle soluzioni, perché si è reso conto che la situazione è grave. Non mi ha certo garantito l’abbattimento. Quella, però, è una proposta che mi sento fare io, perché ritengo che possa essere la migliore. C’è chi dice no a priori e, alla fine, non propone alcuna alternativa che possa essere valida. A me interessa solo che la questione possa essere risolta”.

“Se volesse far qualcosa di sensato e utile per la propria comunità e davvero trasformare il problema in risorsa per il proprio paese”, è la controproposta di Deliperi, “il sindaco di Laconi potrebbe far formare guide naturalistiche per portare i turisti a fotografare i cervi sardi sia nel parco Aymerich (dove oggettivamente accrescono l’attrattiva turistica) sia nei pochi della zona. In ogni caso, gli esemplari che venissero ritenuti in eccesso dall’assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente, col necessario supporto tecnico-scientifico dell’Ispra, del Corpo forestale e di vigilanza ambientale e dell’agenzia Forestas, potrebbero essere catturati e reintrodotti, con le opportune procedure, in aree naturalmente vocate e già individuate dagli atti di programmazione regionale”.

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