Diritto allo sciopero

Diritti & Lavoro

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L’articolo 40 della Costituzione Italiana riconosce che lo sciopero è un diritto individuale che può essere esercitato soltanto in forma collettiva e nel contempo afferma che si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.

Un po’ come la carota ed il bastone.

I padri costituenti avevano riposto molta fiducia nella lealtà dei legislatori futuri, certi che avrebbero tutelato sempre i lavoratori. Questo accadeva in quegli anni dell’immediato dopoguerra, quando l’atroce vissuto imponeva , con grande slancio, di dover affermare la democrazia, il rispetto  e la tutela dei diritti umani e la regolamentazione del diritto di sciopero, operata a livello legislativo, sanciva il passaggio da una concezione dello sciopero quale reato e come tale soggetto a pene detentive e pecuniarie, emanata dalla politica repressiva del regime fascista attraverso  il codice Rocco, al riconoscimento della sua natura di diritto costituzionalmente riconosciuto. Nel 1960 venne proclamata l’illegittimità costituzionale del divieto di sciopero per fini contrattuali ed addirittura  la Corte giunse ad affermare la piena legittimità  dello sciopero per solidarietà e per la comunanza di interessi, escludendo il caso di sovversione dell’ordine costituzionale. Dal 1980 il diritto di sciopero è stato disciplinato con modalità differenti, ovviamente a discapito del lavoratore e da allora prende forza la condizione che dovevano essere le organizzazioni sindacali a dettare regole specifiche per l’esercizio del diritto,  successivamente nel 2000 si è affermata la promozione di appositi codici di autoregolamentazione da parte della Commissione di Garanzia ed in relazione alle attività correlate all’erogazione di servizi pubblici essenziali, la tipologia di regolamentazione del diritto fissava che le modalità attuative dovevano essere concordate in forma pattizia tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e quelle datoriali. Negli anni seguenti la magistratura si è  pronunciata sugli aspetti  inerenti le modalità attuative delle forme di esercizio del diritto allo sciopero da ritenersi legittime e da li a poco si è concretizzato il passaggio da sciopero ad astensione dal lavoro, fino a legittimarne una lettura secondo la quale il datore di lavoro avrebbe potuto esercitare il potere disciplinare nei confronti di quei lavoratori che avessero esercitato il loro diritto di sciopero senza rispettare quanto previsto dal contratto .

L’esercizio del diritto di sciopero per essere legittimo doveva essere attuato in modo tale che poteva sì compromettere la produzione, ma non la produttività dell’impresa, ossia la sua capacità produttiva futura. Queste elaborazioni giurisprudenziali fornivano esclusivamente indicazioni al fine di valutare la legittimità di talune prassi, senza tuttavia fornire concrete istruzioni operative circa l’esercizio del diritto. Successivamente fu previsto che i soggetti che proclamano lo sciopero, compresi i lavoratori che agiscono spontaneamente, sono obbligati a fornire un preavviso almeno non inferiore a dieci giorni e, entro questo termine, devono comunicare la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dello sciopero agli enti che erogano il servizio e all’autorità competente per la precettazione. Oggi in aggiunta viene sancito un espresso divieto per la medesima sigla sindacale di proclamare un ulteriore sciopero prima che sia trascorso un determinato lasso di tempo da quello precedente e per limitare il diritto sancito dalla Costituzione si è pensato di agire in modo subdolo nei confronti del lavoratore, fino al punto di legittimare un costo giornaliero, pari a 70,13 euro, a carico del dipendente che aderisce allo sciopero.

E l’esercizio del diritto di sciopero è servito!

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