Le omissioni che portarono alla morte di Leila, stritolata da una macchina in fabbrica

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Indagati il proprietario dell’azienda in cui la donna lavorava e il responsabile della sicurezza. Il macchinario che la uccise era diventato pericoloso perché modificato per accelerare la produzione

© Aleandro Biagianti / AGF
– Il luogo di un incidente sul lavoro

AGI – La Procura di Modena ha chiuso le indagini sul tragico infortunio sul lavoro costato la vita a Laila El Harim, l’operaia quarantenne di origine marocchina, ma in Italia da oltre vent’anni, residente a Bastiglia, rimasta incastrata e schiacciata in una fustellatrice alla Bombonette di Camposanto, grossa azienda attiva nel settore packaging.

La notizia è stata diffusa dallo Studio legale 3A che tutela la famiglia di origine della vittima. Il tragico incidente sul lavoro avvenne il 3 agosto 2021. Il Pm titolare del procedimento penale, Maria Angela Sighicelli, con atto firmato l’11 gennaio 2022, ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, prodromico alla richiesta di rinvio a giudizio, ai due indagati: Fiano Setti, 86 anni, di Camposanto, fondatore e legale rappresentante della ditta nonché datore di lavoro, e Jacopo Setti, 31 anni, di Finale Emilia, in qualità di delegato alla sicurezza.

Dovranno rispondere del reato di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme antinfortunistiche. Indagata anche la Bombonette srl come soggetto giuridico.

Il fatto ebbe vasto eco e la morte di Laila è stata ricordata dalle più alte cariche dello Stato e dal Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha avviato un’indagine ministeriale parallela all’inchiesta dell’autorità giudiziaria. Anche questa sarebbe stata chiusa nei giorni scorsi.

Ai due imprenditori – secondo quanto reso noto dallo studio 3A- il sostituto procuratore contesta l’omissione nel valutare – per citare l’atto – del rischio di contatto con organi in movimento durante l’uso delle macchine fustellatrici (tra cui quella coinvolta nell’infortunio, anno di costruzione 2017, ndr), pur essendo tale rischio palese per mancanza di protezione statica fissa, “sicché gli organi in movimento risultavano raggiungibili esponendo i lavoratori al rischio di grave infortunio per contatto con gli stessi”. La stessa operaia aveva più volte lamentato la pericolosità di quei macchinari.

Inoltre, sono accusati di aver violato l’art. 71 del Testo Unico “per aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza utilizzandole in modo difforme da quanto previsto nel manuale di uso e manutenzione; in particolare, installando pareggiatori in gomma da regolare manualmente non previsti nel manuale d’uso e omettendo l’installazione di una protezione statica fissa invece prevista nello stesso manuale; nonché consentendo l’avviamento del macchinario pur in presenza di un operatore al suo interno”.

Ai due indagati viene inoltre imputato di non aver mandato la lavoratrice, assunta il 16 giugno 2021, alla visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui era destinata, onde valutare la sua idoneità alla mansione specifica”, e di aver omesso di avviare la lavoratrice, entro 60 giorni dall’assunzione, alla formazione in materia di salute e sicurezza, sicché la donna non risultava addestrata all’uso della macchina fustellatrice coinvolta nell’infortunio”.

Come ricostruito dall’inchiesta, e reso noto dai legali, Laila, addetta alle fustellatrici, “durante l’attività lavorativa, si era introdotta nella fase di pre-avviamento all’interno della macchina per effettuare la regolazione dei “pareggiatori in gomma” presenti ma non previsti dal costruttore (della macchina, ndr), operazione resa quindi necessaria per il cambio del formato di lavorazione, rimaneva incastrata nella parte posteriore della macchina stessa tra una “barra di pinza” e la barra fissa posteriore” e veniva schiacciata “ad opera del meccanismo costituito da barre mobili e fisse, riportando lesioni gravissime a seguito delle quali decedeva”, come accertato anche dalla perizia autoptica. Laila morì dunque stritolata nella macchina fustellatrice, lasciando una figlioletta di 5 anni e il compagno nonché la mamma, il papà, i fratelli e le sorelle.

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