Viaggio nella folle spesa per mangiare a New York

Economia & Finanza

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Andare al supermercato si fa sempre più proibitiva a causa dell’inflazione che sale a un ritmo che non si registrava da quarant’anni. Gli effetti si toccano con mano non solo nella Grande Mela ma in ogni angolo del Paese.

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AGI – Scaffali pieni, ma prezzi impazziti. Arance a dieci dollari a busta, un cespo di lattuga quattro dollari. E poi il latte, i cereali, i prodotti di prima necessità registrano rincari che arrivano anche al triplo del prezzo rispetto a tre mesi fa. Upper East Side di Manhattan, 86 Street, quartiere liberal della City.

Il via vai di sempre in una città dove puoi camminare veloce ma troverai sempre qualcuno che va più veloce di te. Poi basta entrare nel supermercato della zona, quello della catena Fairway, e trovi che i prezzi vanno a una velocità ancora più straordinaria. I costi della spesa stanno salendo a un passo che non si registrava da quarant’anni e si toccano con mano in ogni angolo d’America. L’inflazione segna un +7,50 per cento in un anno e lo 0,6 per cento rispetto al mese scorso.

usa effetto inflazione spesa proibitiva

In attesa di una risposta da parte della Federal Reserve, a Wall Street sostengono che i tassi di interesse potrebbero crescere di piu’ dell’1,75 per cento entro la fine dell’anno, dal quasi zero di ora. Ma nella vita di tutti i giorni, l’inflazione morde e basta fare il classico giro della spesa per averne conferma.

Quel +7,5 è la media, ma ogni consumatore scoprirà l’aumento reale in base ai prodotti scelti. In quel caso l’inflazione “personale” può fornire indicazioni ancora più preoccupanti. Da settimane gli scaffali sono pieni, qui come in altri supermercati della zona: la catena degli approvigionamenti, messa in crisi in molte aree d’America a causa della pandemia da Covid, qui ha colpito in passato, ma adesso la situazione appare normale. Sono i prezzi a non esserlo.

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Il reparto verdure regala esperienze mistiche per chi è abituato all’Italia: qui la verdura è considerata un alimento d’elite, poco richiesto in una società che predilige bacon, tagliate di manzo, hamburger, burro d’arachidi, glassa e bottiglie maxi di soda dai colori sgargianti.

Una confezione da un chilo e mezzo di arance ha raggiunto la quotazione di 9,99 dollari (8,76 euro), quando appena tre mesi fa costavano tre dollari meno. In alternativa c’è l’offerta di tre arance a 5 dollari (4,38 euro), in pratica 1 euro 45 centesimi a pezzo. Un cesto di insalata iceberg, rispetto ad altri prodotti, e’ sceso, passando a 3,99 (3,50 euro) ma appena tre settimane fa aveva raggiunto una quotazione di 5,99 dollari (5,26 euro).

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La baby arugula, cioè la rucola, costa 9,99 dollari alla libbra, equivalente a 450 grammi. Un chilo di rucola arriva a 17 euro. I 9,99 (8,76) sono richiesti anche per meno di mezzo chilo di melanzane, quasi 6 dollari (5,20 euro) il cavolfiore, che si poteva trovare, un paio di mesi fa, a due dollari. In pratica, per preparare una ricca insalata per quattro persone servono tra i 15 e i 20 dollari (tra i 13 e 17,5 euro). Salutare ma non economica.

Il sacchetto con otto mele costa 6,99 (6 euro) – quando appena un mese fa costava 4,99 – ma, come ogni esperto di spese sa, sono i limoni uno degli indicatori dei prezzi al consumo: qui una retina costa 9,99 dollari (8,76), con il prezzo triplicato in tre mesi. A novembre costava in medio 3,99.

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La carne, anche grazie agli aiuti al settore da parte del presidente Joe Biden, ha mantenuto i prezzi di sempre, con leggeri aumenti, che non superano l’uno per cento rispetto a dicembre, ma questo anche perché la carne spesso rappresenta per la famiglia americana quello che è il pane per l’italiana: non deve mai mancare.

Per una confezione da un chilo e mezzo di costato di maiale servono circa 20 dollari (17,5 euro). Il salmone dell’Atlantico viene offerto in sconto a 11,99 dollari (10,44 euro) ogni 450 grammi, il latte sta tra 1,49 e 2,49 (1,30 e 2,30 euro), mentre i cereali da tempo non sono più in offerta speciale: una confezione che dura tre giorni costa 5,99 (5,25 euro).

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La pasta italiana si difende: un pacco di spaghetti continua a costare 2,99 dollari (2,60 euro) e lo stesso vale per i sughi, sempre molto cari, ma non più del normale: variano da 5,79 a 12,99 (da 5 euro a 11,40). In pratica, per comprare un po’ di lattuga, arance, mele, rucola, una confezione di carne, latte e cereali, servono 58 dollari (50 euro).

Appena un mese fa per gli stessi prodotti bastavano 53 dollari (46,4 euro), a settembre anche l’equivalente di 42 euro. Moltiplicate per due, tre volte la settimana e avrete un’idea di come l’inflazione faccia sentire i suoi effetti anche nella Grande Mela, frutto non più solo più simbolo della tentazione, ma quasi proibitivo quando si parla di spesa.

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