di Paolo Pagliaro
Se è vero che lo studio della storia serve talvolta a evitare errori, qualche altra volta a trovare soluzioni, e sempre a renderci più saggi, allora in questi giorni tormentati e luttuosi viene utile la lettura di un libro pubblicato dall’editore Carocci e intitolato “Storia e geopolitica della crisi ucraina”. Lo ha scritto Giorgio Cella , docente alla Cattolica, che ricorda come attorno a Kiev si sia sempre combattuta la lotta tra Occidente e Russia per l’estensione delle rispettive sfere di influenza.
Ucraina vuol dire “terra di confine” e nel nome è già scritta la sua instabilità geopolitica. Al crocevia tra Est e Ovest, tra cattolicesimo e ortodossia, l’Ucraina non è mai stata stabilmente indipendente se non dopo il 1991, quando finirono l’Unione Sovietica e la guerra fredda. Ma dopo un conflitto, scrive nella prefazione lo storico Massimo de Leonardis, una pace durevole richiede che si tenga conto degli interessi fondamentali degli sconfitti. Non accadde a Parigi nel 1919, e il prezzo lo conosciamo. Ma non è accaduto neppure dopo la guerra fredda, e il prezzo lo stiamo pagando adesso. Negli anni in cui la Nato si espandeva ad Est, l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger. certo non un pacifista nonostante il Nobel, scriveva che “se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve diventare l’avamposto di una parte contro l’altra, ma fare da ponte tra le due”.
Non è stato così e ora non sarà solo lo scontro militare o il grande gioco diplomatico a determinare il futuro del Paese. Decisiva sarà anche la battaglia in atto per la conquista dei cuori e delle menti degli ucraini, e questa guerra Putin l’ha già persa.
(© 9Colonne – citare la fonte)