“La neutralità dell’Ucraina non garantisce che la Russia si fermi”

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Intervista a Rosa Balfour, direttore del think tank Carnegie Europe con sede a Bruxelles, che si dice “scettica e perplessa” su un possibile accordo fra Mosca e Kiev.

 

 

© MANDEL NGAN / AFP – Proteste contro la guerra in Ucraina

AGI – Anche concedendo che si arrivi a un accordo sulla “neutralità” dell’Ucraina, questo non offre sufficienti garanzie che la Russia si fermerà e che non andrà avanti con ulteriori invasioni o almeno con la destabilizzazione che da anni procede all’Est del Paese.

Rosa Balfour, direttore del think tank Carnegie Europe con sede a Bruxelles, si dice “scettica e perplessa” su un possibile accordo fra Russia e Ucraina. Qualcosa è cambiato dall’inizio dell’invasione: “fino al 23 febbraio – ha detto Balfour all’AGI – soprattutto gli europei pensavano che la Russia potesse essere fermata dalle stesse politiche di appeasement iniziate dalla crisi in Georgia nel 2008 e proseguite rispondendo all’annessione della Crimea nel 2014. Ora questa fiducia non c’è più”

“La situazione è fluida – ha concesso – e le dichiarazioni di Zelensky sulla fine di una prospettiva Nato dimostrano la volontà di trovare opzioni ‘meno peggio’”, poiché in ogni caso comunque andranno le cose “l’esito di questa guerra non sarà a favore dell’Ucraina”.

Secondo Balfour, “la questione della neutralità, che sia austriaca o finlandese, visti i precedenti della Russia dal 2008 in poi, non offre nessuna garanzia che eviterà un’eventuale ulteriore invasione o destabilizzazione. Abbiamo visto un progresso lineare, anzi direi esponenziale dalla Georgia all’annessione della Crimea a quello che sta succedendo oggi. Non sappiamo cosa deciderà Mosca fra 5 anni”.

In ogni caso, ha aggiunto, “un accordo con la Russia comprenderebbe una resa territoriale dell’Ucraina: sicuramente la Crimea, Donetsk e Lugansk, ma forse anche qualcosa in più. Si tratta di una riduzione del territorio ucraino senza garanzie che la Russia si fermi”. Forse, concede l’analista, l’unico vantaggio di un tale accordo sarebbe “arrivare a un cessate il fuoco che magari può portare a negoziati un po’ più seri, ma il problema è sempre evitare che la Russia non ripeta ciò che ha fatto, e non lo vedo in una soluzione di neutralità”.

Inoltre, sottolinea il direttore di Carnegie Europe, “le azioni russe di queste settimane hanno dimostrato che la questione della Nato era un pretesto, e non un vero casus belli, anche ammettendo l’interpretazione di Putin. Non è stato un motivo di aggressione neanche nel 2013, quando i cittadini ucraini hanno fatto la rivoluzione per liberarsi del loro leader autoritario e filorusso che non aveva rispettato l’impegno di firmare un accordo commerciale con l’Unione europea”.

Anche in quella occasione, ha ricordato Balfour, “la Russia è intervenuta militarmente, ha annesso la Crimea e ha continuato da allora a destabilizzare l’Est del Paese con una guerra sotterranea che ha provocato 15 mila morti in otto anni”.

Allora, ha spiegato, “il pretesto non era l’appartenenza alla Nato ma un accordo di libero scambio: Secondo me, la Russia non si fermerà alla richiesta di una neutralità militare per la propria sicurezza. Quello che vuole è il controllo politico sull’Ucraina. Sono molto dubbiosa che questo porterà a una soluzione definitiva”.

Un’altra perplessità riguarda le sanzioni: basterà un accordo di questo tipo ad allentarle? “Finora nessuno fra i Paesi occidentali ha mostrato quale sia il percorso giusto per tornare indietro, anche parzialmente, rispetto alle sanzioni, ed è questo che vuole ottenere la Russia. Io credo che l’unico modo per ritirare le sanzioni dovrebbe essere il ritiro completo delle truppe russe dal territorio ucraino, un’inversione di marcia di Mosca che al momento non mi pare all’orizzonte”.

“Anche se è nell’interesse di Zelensky ritrattare su alcuni punti, come sta facendo sulla Nato, non credo possa fare compromessi sul desiderio del suo Paese di avvicinarsi all’Europa e allontanarsi dalla Russia. Dopo quello che ha fatto, nessun ucraino vorrà avere rapporti intensi con la Russia. Dal 2014 –  conclude – c’è stato un riorientamento di tutto il Paese verso occidente proprio a causa dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione”.

 

 

 

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