DSA dell’UE, il controllo delle notizie in rete è in arrivo

In Europa Parlamento e Commissione sembrano complimentarsi a vicenda dopo aver discusso del Digital Service Act: presto Democrazia e Informazione potranno avere un’arma censoria in più per difendersi… o no?

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Col mondo digitale in rapida evoluzione, l’Unione Europea ha deciso che urge esercitare un maggiore controllo sulle notizie online. Per questo motivo sta pensando e definendo l’implementazione del Digital Service Act, attualmente un concordato – raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo – che è stato annunciato come una pietra miliare nella regolamentazione del potere delle grandi aziende tecnologiche (quelle con all’attivo più di 45 milioni di utenti mensili). Tuttavia, dietro i giusti propositi, potrebbero nascondersi anche secondi fini… meno nobili.

La legge in progetto, infatti, prevede di “porre sotto il microscopio” le piattaforme digitali e i loro iscritti con lo scopo, secondo Ursula von der Leyen (ancora presidente della Commissione europea), di proteggere gli internauti da traffici illegali, frodi, messaggi violenti e contenuti inadeguati, promuovere la libertà di espressione (ma certificata) e garantire opportunità alle imprese1. Tuttavia, la vera sfida risiederebbe nella coniugazione delle tanto decantate buone intenzioni con la garanzia dei diritti fondamentali e della privacy.

“Meccanismo di crisi” e crisi dei meccanismi: risolvono i “dem”

I semi dell’accordo sono stati accolti con entusiasmo dall’UE, ma molti osservatori sono preoccupati che le motivazioni sottostanti possano avere un impatto più ampio sull’ecosistema europeo dell’Informazione. Un aspetto che solleva dubbi sostanziali è l’introduzione del “meccanismo di crisi“: questa pianificazione consentirà alla Commissione – in cooperazione con il Consiglio dei Coordinatori nazionali dei Servizi digitali – di analizzare gli effetti delle attività svolte in rete durante contesti “critici”, come quello del conflitto russo-ucraino.

Non è casuale che voci di sostegno al progetto DSA siano arrivate anche da oltreoceano, con l’ex presidente Barack Obama e la quattro volte ex “first lady” Hillary Clinton (icone “dem” a stelle e strisce) che hanno sottolineato l’urgenza di dover regolamentare i punti di vista2 (anche) in Europa3. E con questi big in campo è sicuramente necessario valutare attentamente il confine tra la caccia all’Informazione “dannosa” e il rischio di limitare il libero confronto.

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DSA, la politica degli ossimori

Sebbene, infatti, il Digital Service Act sia stato presentato come uno strumento per proteggere ogni aspetto democratico delle discussioni, nulla garantisce che non possa facilmente degenerare col tempo in un veicolo per esercitare il controllo sulle notizie e influenzare a piacimento il dibattito pubblico.

La volontà dell’UE di combattere le fake news o – la presunta – manipolazione delle notizie online è in parte comprensibile, ma pare comunque che resterà essenziale saper bilanciare tali sforzi con la tutela delle libertà civili e della diversità di opinioni, un cammino apparentemente lungo e difficile da percorrere.

L’idea di un “occhio che osserva” i contenuti informativi in rete solleva importanti interrogativi sul futuro del libero scambio di pareri e conoscenze. Per questa ragione sarà l’implementazione del DSA stesso (che dovrà essere prima ratificato da Parlamento e Commissione, entrare in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, poi, in vigore 20 giorni dopo, con le nuove regole che saranno applicabili dopo appena 15 mesi) a dover quindi essere attentamente monitorata, per garantire che non si trasformi in un comodo strumento di stigmatizzazione, controllo sproporzionato o semplice distopia (la “censura democratica” rievoca immediatamente il ricordo di famosi ossimori orwelliani tipo “il Green Pass è libertà” o “inviamo armi per ottenere la pace”). L’Europa dovrebbe invece fare affidamento sulla trasparenza, sul coinvolgimento delle parti interessate e sulla protezione dei diritti fondamentali, mentre persegue l’obiettivo di un web più sicuro e informato. Ma questa è un’altra storia…

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Adalberto Gianuario del 23 Aprile 2022), Twitter (social network), Wikipedia (enciclopedia libera con sito web), sito istituzionale del Consiglio dell’Unione europea, sito istituzionale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy,  sito istituzionale della Casa Bianca, Everyeye.it (sito di notizie prettamente tecnologiche), Euronews e EU Reporter (canali YouTube).

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

Note di riferimento:

  1. “Ciò che è illegale offline sarà effettivamente illegale anche online nell’UE: un segnale forte per persone, aziende e Paesi in tutto il mondo”,  Ursula von der Leyen su Twitter.
  2. A poche ore dal lancio dell’operazione speciale di Putin in Ucraina la Commissione dell’UE, tra le prime cose, optò per censurare in Europa le testate giornalistiche RT e Sputnik, limitando ai cittadini del Vecchio Continente ogni ipotetica notizia o prospettiva russa sul conflitto in corso.
  3. Si dice che persino gli Stati Uniti d’America stiano esplorando opzioni simili per affrontare la loro disinformazione ma, essendo forse leggermente più “democratici” del Vecchio Continente, risultati accettabili da tutti tardano ad arrivare.

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