Boris Johnson: un urlo di guerra per coprire le magagne d’oltremanica?

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Mentre l’UE sta passando da un ruolo squisitamente gregario a un ruolo più proattivo e strategico nel panorama globale, l’ex membro del Regno Unito sembra trovarsi maggiormente isolato. Tuttavia, nella crisi bellica ucraina, l’attivismo del primo ministro d’oltremanica, Boris Johnson, è cresciuto a dismisura. Nondimeno, l’intervento di altri membri dell’esecutivo britannico si è rivelato risoluto.

L’Occidente deve “imparare le lezioni” dalla guerra in Ucraina e adottare un “nuovo approccio” alla sicurezza globale che si concentri su una maggiore deterrenza, una cooperazione economica più forte e alleanze più strette. Questa è in sostanza la recente presa di posizione da parte del ministro degli Esteri britannico Liz Truss, in cui si afferma che il conflitto deve essere un determinare un drastico cambiamento del modo in cui i paesi occidentali replicano all’aggressione come la Russia di oggi.

Il viceministro della Difesa britannico James Heappey ha, inoltre, sostenuto che bombardare obiettivi militari sul suolo russo con armi fornite dalla Gran Bretagna all’Ucraina sarebbe “perfettamente legale” e il Cremlino ha risposto minacciando di “colpire la decisione dell’Occidente”, attaccando i centri decisionali a Kiev” e persino paesi NATO che forniscano aiuti militari all’Ucraina. Di conseguenza, anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov evoca lo spettro di una “terza guerra mondiale”.

In definitiva, il governo di Boris Johnson sembra aver assunto la guida dell’Occidente, e sicuramente il ruolo più determinato in Europa, insieme agli Stati Uniti, in risposta all’invasione russa dell’Ucraina, e più in generale all’offensiva antioccidentale di Vladimir Putin.

Secondo alcuni analisti, al netto della propaganda, comunque questa nuova postura britannica potrebbe essere un gesto geopolitico da interpretare come reazione all’isolamento post-Brexit. Una questione ancora non del tutto risolta. Nonostante il Regno Unito non faccia più ufficialmente parte dell’UE, la procedura, avviata sulla base di un referendum e dell’invocazione dell’articolo 50 del Trattato UE, non è ancora stata completata. Vi sono ancora aspetti spinosi aperti principalmente in tema di commercio, immigrazione e situazione nell’Irlanda del Nord.

Ma non c’è politica estera che non sia determinata da questioni di politica interna. Viste in quest’ottica, le brutte acque in cui Boris Johnson ha navigato per mesi, essendo tra l’altro accusato di aver partecipato a un compleanno, violando palesemente le restrizioni imposte da sé medesimo, quando il Paese era nel pieno della pandemia da covid-19, possono far sorgere qualche sospetto.

In tal senso, si potrebbe trovare la chiave di lettura di quanto – seppure secondo una logica folle e miope viste le possibili estreme conseguenze – la crisi in Ucraina costituisca per l’opinione pubblica interna una grande distrazione da tutte le gravi magagne in cui versa la perfida Albione.

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