A scuola non c’è più rispetto! Quale futuro?

Attualità & Cronaca

Di

Dario Patruno

La decisione di una Preside di una scuola media leccese, riportata dal un giornale locale il 13 maggio, di escludere dalla gita scolastica fuori porta sei ragazzi maleducati che non hanno alcun rispetto per i compagni e per il personale scolastico nel tentativo non di discriminarli ma di educarli, è l’occasione per ripensare il ruolo della scuola oggi. Come si sa i protagonisti di una comunità scolastica comprendono il Dirigente, i docenti, gli alunni e i genitori e a volte il ruolo dei genitori finisce per essere diseducativo nell’appoggiare incondizionatamente i figli senza guardare oggettivamente al comportamento tenuto dai ragazzi in classe e fuori nei confronti dei compagni.

La Preside ha motivato la scelta affermando “Abbiamo voluto dare loro un segnale per le continue e reiterate parole poco gentili ed educate riservate a compagni ed adulti ma anche per il fatto che non facessero i compiti, non portassero a scuola il materiale didattico e insultassero ripetutamente gli altri ragazzi come anche gli adulti”.

I docenti, gli alunni perché educati e non timidi, non possono essere dileggiati, presi in giro, apostrofati, minacciati e quando finalmente un dirigente assume decisioni “educative” come nella fattispecie descritta, la comunità scolastica, l’opinione pubblica, prenda posizione a favore di decisioni che educano, perché educano più i “no” che i “sì”.

Il rischio reale è quello di creare le premesse per la costituzione di baby gang e per questo bisogna intervenire subito, in maniera decisa per il bene di tutti. L’auspicio della Dirigente era l’interiorizzazione della punizione, trovando nei genitori interlocutori credibili che sappiano effettuare un serio esame di coscienza. “La nostra speranza è che questa “punizione” possa far venire in loro il dubbio che qualcosa di fatto abbiano sbagliato”.

E quando parliamo di pace tra le nazioni in questi giorni di guerra alle porte, iniziamo dal basso, comincino le comunità scolastiche ad avere rispetto dei ruoli, a dialogare invece che a confliggere, a mediare tra persone che la pensano in maniera diversa, altrimenti salta tutto e se stampa e televisione diventano cassa di risonanza ed enfatizzazione dei conflitti stessi, s’innescano fenomeni che non aiutano. I ragazzi devono essere aiutati a comprendere che la scuola non ha un valore solo informativo ma soprattutto formativo perché aiuta a formare le coscienze.

Il presidente della Corte Costituzionale il 18 maggio ha avuto modo di ribadire in un Convegno che “L’insegnamento di un’università fondamentale “nel riconoscimento dell’altro dentro la società delle diversità”. Quelle stesse diversità di cui si ha eco “nei fatti che accadendo a poca distanza dal nostro Paese – spiega Amato – e che sono incomprensibili”. L’ex premier chiude con un messaggio a tutte le Università, proprio alla luce del conflitto di Mosca con Kiev, e relativo al ruolo dell’Accademia nel nuovo mondo che si prospetta. “Oggi il compito di un’università è quello di creare consapevolezza nei suoi studenti della sovranazionalità dei problemi e del perdurare della contrapposizione fra la nostra incapacità di ‘uccidere’ la sovranità nazionale e la volontà di rafforzare i governi sovranazionali – afferma Amato – Non significa cancellare gli Stati ma cancellare quello che è accaduto due mesi fa in Ucraina”.

Cominciamo ad educare i ragazzi perché iniziando fin dall’età adolescenziale, possano ragionare, comprendere, per completare nell’Università la formazione e spiccare il volo nella consapevolezza che il proprio punto di vista non è mai il migliore e l’unica posizione valida si costruisce nel rapporto, nella convivenza, nella relazione interpersonale, nel comprendere le ragioni degli altri.

Ne siamo consapevoli? Lo spero perché è l’unica via d’uscita alla distruzione di una umanità che ha fame e sete di giustizia e verità, in cui i più forti non prevalgano sui più deboli, perché la violenza fisica, verbale e psicologica siano bandite come armi che uccidono e non salvano.

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