Il coraggio delle donne siciliane narrato da Alessandra Maria Mazzara

Arte, Cultura & Società

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Intervista a cura di Mariangela Cutrone

Se amate le saghe familiari incentrate sulle vicende di donne forti e coraggiose in grado di affrontare con una marcia in più le avversità della vita, “Nel tempo che resta”, il romanzo della scrittrice siciliana Alessandra Maria Mazzara, edito da La Caravella è il libro che fa per voi.

Ambientato tra la suggestiva e incantevole Sicilia e i famigerati e tanto sognati Stati Uniti, questo libro narra le vicende di una famiglia siciliana matriarcale guidata da Nonna Nuzza, una donna che si ritrova improvvisamente senza marito e senza figlia ma che con determinazione e perseveranza si prenderà cura da sola e con tanto amore della nipote Beatrice. Nonna Nuzza sarà per quest’ultima una grande fonte di insegnamenti, una guida, un’amica e complice.  La vita delle donne di questa famiglia non sarà affatto facile. Ad un certo punto Beatrice si ritroverà a prendere decisioni drastiche che la condurranno negli Stati Uniti, ignara che lì c’è un pezzo della sua famiglia frammentata. È inevitabile entrare in empatia con il personaggio di Beatrice.

Un libro che fa emergere vicende storiche che interessano ben ottant’anni della nostra storia e porta alla luce i cambiamenti di una generazione che per emergere e realizzarsi è stata costretta ad emigrare. Quella narrata da Alessandra Maria Mazzara è una storia che fa emozionare, sorridere, commuovere e che ha narrato con tanta maestria e passione.

Di com’è nata l’ispirazione di questo romanzo e di quanto sia importante il passato nella vita di ognuno di noi conversiamo con l’autrice in questa intervista.

Com’è nata l’ispirazione per questa storia familiare densa di emozioni e colpi di scena?

“Nel tempo che resta” nasce dalle storie che mia nonna mi raccontava nei pomeriggi passati insieme, aneddoti sulla sua vita da ragazza, sulla vita del suo quartiere, sulla vita prima e dopo la guerra. Erano squarci di vita e di un’epoca per me così lontani nel tempo e nello spazio che ho iniziato, pian piano, a fantasticarci su e il romanzo è un po’ figlio di quelle storie.

 

Il tuo romanzo insegna che è impossibile sfuggire dal passato. Secondo te che ruolo ha il passato nella vita di ognuno di noi?

Il passato ci identifica. Siamo il risultato delle scelte fatte, degli errori commessi, delle esperienze vissute. Non possiamo sfuggirgli, né sforzarci di relegarlo in un angolino, come se non ci appartenesse, perché sarebbe come rinnegare una parte importante di noi. Ma è un rapporto che può anche diventare pericoloso: tenere troppo stretto il nodo che ci lega al passato può impedirci di vivere bene il presente, perché la nostalgia, il rimpianto, quando stringono troppo gli artigli fanno davvero male. Viverlo, dunque, come quello che è: parte importante del nostro essere e della nostra storia personale, un terreno spesso fertilizzato dagli errori, ma anche dai successi, dal quale attingere forza e sapienza con lo sguardo sempre proiettato in avanti, mai indietro.

 

Quanto il Destino abbia un ruolo rilevante nel tessere le trame delle nostre esistenze come accade alle protagoniste del tuo romanzo. Credi nel suo potere?

Credo che il destino, per come lo si intende nella nostra epoca contemporanea, sia la somma delle nostre scelte e delle nostre azioni. Lo creiamo da noi, non lo subiamo. La nostra vita – con tutti i suoi alti e bassi – dipende solo dalla passione e dall’energia che ci mettiamo nel viverla.

 

In “Nel tempo che resta” le protagoniste sono delle donne che riescono ad affrontare le avversità con una certa determinazione, forza e coraggio. Secondo te è vero che le donne hanno una marcia in più nell’affrontare le situazioni più drammatiche e complesse?

Sì, credo che le donne siano dotate per natura di una sensibilità più sottile, più empatica, più spirituale. Con le dovute eccezioni, le donne spesso riescono ad essere più resilienti e più forti nel rialzarsi dopo una rovinosa caduta.

C’è un personaggio del tuo romanzo al quale sei più affezionato e perché?

Ho amato tantissimo il personaggio di nonna Nuzza. L’ho immaginata un pomeriggio, con mio figlio che dormiva accanto a me, alla luce fioca di una lampadina accesa per permettermi di abbozzarne i tratti, il carattere, la forza e la tenacia senza svegliarlo. Racchiude in sé molto della mia famiglia, è come se fosse tanti personaggi in uno, pezzi di persone che ho realmente conosciuto in un solo corpo.

Le vicende di “Nel tempo che resta” si volgono tra la Sicilia e gli Usa…quanto la Sicilia può essere fonte di ispirazione per un artista, poeta, scrittore?

La terra che ci ha dato la vita e che ci ha visti crescere rimarrà sempre dentro di noi. I suoi odori, sapori, colori, le stradine di paese, le botteghe, le piazze, i luoghi di ritrovo da bambini e poi da ragazzi, i visi familiari, sono piccoli tasselli di un puzzle senza i quali la nostra vita non sarebbe completa. Dovessimo attraversare anche l’oceano, vivere così lontani da dimenticare persino la lingua d’origine, il ricordo della nostra terra non ci lascerà mai e ispirerà sempre i nostri racconti, i nostri pensieri. Diversi sono gli scrittori e gli artisti in generale che hanno attinto da questa nostalgia per creare opere che perpetueranno all’infinito, di generazione in generazione, quella saudade che non li ha più lasciati, nonostante il tempo e lo spazio. E qui ritorno alla seconda domanda: il tempo passato è una ricchezza, basta saperlo usare bene.

Nel tempo che resta è il tuo primo romanzo. Quando e come è nata la tua passione per la scrittura?

 

In realtà, scrivo da sempre. Mi diverte creare storie, plasmare personaggi, dar loro una voce, una fisionomia, decidere il loro destino. E poi, ho scoperto che scrivere è anche un ottimo anti stress. Aiuta parecchio a scaricare ansie e preoccupazioni e a fare i conti con te stesso. Ti mette davanti alle tue fragilità e attraverso il processo creativo le incanali, le affronti e le superi.

 

A chi consigli la lettura del tuo libro?

 

“Nel tempo che resta” è il romanzo per chi ama la Sicilia, il suo dialetto, le sue tradizioni e le sue contraddizioni, per chi ama le storie di famiglia e di donne forti che lottano contro tutto e tutti, persino contro sé stesse, se necessario, pur di salvarsi.

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