Lega e Forza Italia chiudono a Conte. Il Pd prova a mediare ma è caos nel M5s

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Il racconto di una giornata politica movimentata in attesa delle decisioni di Draghi. La strada per portare il premier a rimanere a Palazzo Chigi rimane stretta. E il M5s si trova in uno stato di fibrillazione tale da rendere permanente la convocazione del Consiglio nazionale.

di Paolo Molinari

Giuseppe Conte

 

AGI – Nel buio fitto che circonda la crisi di governo, due fari sono puntati su Palazzo Chigi, da una parte, e sul Movimento 5 Stelle dall’altra. Il primo tenta di fare luce su quelle che sono al momento le intenzioni di un premier che nella giornata di giovedì, durante il Consiglio dei ministri, ha utilizzato toni ultimativi circa il suo passo indietro. Parole che suonavano già come un addio. Poi, il colloquio con il presidente Sergio Mattarella ha portato a un supplemento di riflessione. Ma la strada per portare il premier a rimanere a Palazzo Chigi rimane stretta.

Draghi, nella recente conferenza alla sala della Stampa Estera ha detto chiaramente che il governo va avanti se sostenuto dalla stessa maggioranza che lo ha fatto nascere. Inclusi i Cinque Stelle. E qui è il secondo faro ad accendersi. Il Movimento guidato da Giuseppe Conte è in uno stato di fibrillazione tale da rendere permanente la convocazione del consiglio nazionale. Fonti parlamentari riferiscono che lo scontro nell’assise pentastellata è stato molto acceso.

Non sono mancate prese di posizione contro la scelta di non votare la fiducia al decreto aiuti. E il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, sarebbe stato fra i più critici rispetto allo ‘strappo’ consumato al Senato. Nella mattinata di venerdì, poi, il presidente del M5s avrebbe accennato alla possibilità di ritirare i ministri dalla delegazione del governo. Soltanto una ipotesi, viene precisato da fonti M5s, non una proposta concreta.

Sta di fatto che il titolare dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà – che oggi ha avuto un lungo colloquio con Crippa alla Camera – si è opposto all’idea che avrebbe rappresentato un “punto di non ritorno” per il governo Draghi. Lo dice anche il ministro degli Esteri tornando a occuparsi del suo ex partito: “Se Conte ritira i ministri dal governo Draghi di fatto si va allo scioglimento delle Camere, non ci sarà nessuna possibilità di mandare avanti il governo. Io lo voglio dire ai cittadini molto chiaramente: questa crisi avrà effetti pesanti”, sottolinea Luigi Di Maio.

I ministri rimangono quindi al loro posto, ma lo scontro interno al M5s non si ferma. Davide Crippa, capogruppo alla Camera, convoca l’assemblea dei deputati Cinque Stelle, senza sentire Conte. È nella delegazione della Camera che i mal di pancia per la linea Conte sono più diffusi e la mossa di Crippa porta Conte a convocare una nuova riunione del Consiglio nazionale nella serata di venerdì. E mentre il M5s prova a fare chiarezza al suo interno, il resto della maggioranza sonda le strade per uscire dalla crisi.

Il Partito Democratico tenta faticosamente di tenere dentro il perimetro della maggioranza i Cinque Stelle, consapevole che la presenza del Movimento è una delle condizioni che Draghi pone per la sua permanenza a Palazzo Chigi. Per il Pd e il segretario Enrico Letta è stata una giornata di contatti a tutti i livelli, anche con dirigenti M5s: l’intento, viene spiegato dal Nazareno, è quello di cercare di costruire un percorso per permettere a Draghi di vedere quelle condizioni di agibilità politiche che ha richiesto.

Da questo punto di vista, il Pd ha stimolato anche l’intervento di alti dirigenti del partito Socialista Europeo, come Franz Timmermans e Iratxe Garcia Perez, che hanno manifestato il loro sostegno a Draghi su Twitter. Tuttavia, la linea della solidarietà non sembra condivisa dagli altri partiti della maggioranza. Lega e Forza Italia scrivono in una nota congiunta che l’unica strada è il Draghi Bis senza il M5s, sul quale “non si puo’ più contare”.

Uno schiaffo al M5s, ma anche al Pd che risponde con Enrico Borghi: “Sul documento comune FI-Lega verrebbe da dire da quale pulpito viene la predica visto che loro sono alleati strutturali con chi fa ogni giorno l’opposizione a Draghi. Se davvero si vuole sostenere Draghi, si riparta dalla maggioranza parlamentare che ha fatto nascere questo governo assumendosi in trasparenza le responsabilità davanti al Paese”.

I dem non hanno nascosto la loro irritazione mista a delusione per lo strappo de Cinque Stelle, arrivato nel momento in cui sembrava aprirsi la strada verso quel patto sociale che il Pd chiede dall’inizio della segreteria Letta. Tuttavia, nel partito del Nazareno c’è la netta percezione che l’unica strada che si puo’ seguire è quella di ricucire la maggioranza vista fino a qui.

È stato lo stesso Draghi a dire che non ci sarà un bis senza i Cinque Stelle“, osserva una fonte di primo piano del Pd. Per la capogruppo dem al senato, Simona Malpezzi, un rapporto fiduciario “che si è rotto si può ricomporre partendo dal presupposto che questo e’ un governo necessario. Tutti quelli che si sentono responsabili e coinvolti in questo percorso non devono lasciare nulla di intentato”.

Segnali positivi, a volerne cercare, se ne trovano nelle posizioni espresse dalla Conferenza episcopale e in Confindustria, “realtà che hanno sempre un peso specifico importante”, viene osservato. Insomma, “la situazione è pesante, al momento le possibilità di ricomporre la maggioranza sono 50 e 50, ma sta salendo l’appello alla responsabilità e, da qui a mercoledì, le cose potrebbero mettersi nel verso giusto”.

La proposta del Pd è sempre quella di un accordo per punti tra le forze di maggioranza, così da scongiurare nuovi strappi su singoli provvedimenti di bandiera e disinnescare il pericolo che altre forze politiche, come la Lega, possano seguire quella stessa strada e tornare a far fibrillare il governo.

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