Roma e il sistema rifiuti: pochi impianti e tutti privati

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Dopo l’incendio di Malagrotta nel 2013, l’emergenza è permanente. La capitale produce 4650 tonnellate al giorno e 3000 sono indifferenziato non trattabile. Un solo termovalorizzatore per tutto il Lazio contro i 7 dell’Emilia-Romagna.

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Rifiuti Roma – Via del Corso (Agf)

 

AGI – Roma boccheggia da dieci anni tra i rifiuti. A volte sprofonda, come in questi giorni, oppure quando va meglio si limita a galleggiare.

Ma è sempre in emergenza da quando, nel 2013, la chiusura della mega discarica di Malagrotta ha lasciato la Capitale sguarnita di impianti con un (non) sistema legato ai rifiuti precario e non autosufficiente.

La gestione (trattamento e smaltimento) quasi totalmente affidata ai privati è l’altra tegola che rende permanenti le difficoltà. E i costi si impennano tanto che il Campidoglio spende 200 milioni di euro all’anno per spedire l’immondizia in altre regioni (soprattutto nel nord Italia) o all’estero come in Olanda, Germania o Portogallo.

A pagare, chiuso il cerchio, sono i romani. Ogni famiglia ha speso nel 2021, 394 euro di Tassa rifiuti (dati di Ispra-Cittadinanzattiva) contro i 325 di Milano o i 286 di Bologna.

Tra i grandi capoluoghi la Capitale si piazza al terzo posto dopo Genova (480 euro) e Napoli (455). Un costo alto per un servizio di scarsa qualità: cassonetti stracolmi e immondizia in strada sono, infatti, una costante.

Il secondo termovalorizzatore

Nel Lazio (5,7 milioni di abitanti) è attivo un solo termovalorizzatore – a San Vittore in provincia di Frosinone di proprietà di Acea società al 51% del Comune di Roma – contro i 7 dell’Emilia Romagna (4,4 milioni di abitanti) e i ben 13 della Lombardia.

In questo contesto, l’azienda capitolina Ama (partecipata al 100% dal Comune) – addetta alla raccolta dei rifiuti – ha faticato, fino ad ora, a stare sul mercato e sta vivendo un delicato processo di riforma (nella gestione e nel management).

“Dobbiamo fare un cambiamento radicale sulla questione degli impianti ma si dovrà fare anche un cambiamento radicale sulla gestione dell’azienda, sugli orari dei servizi. Non si è mai guardato ad una strategia di lungo periodo”, ha detto all’AGI, l’assessore comunale all’Ambiente, Sabrina Alfonsi.

“Noi chiudiamo il ciclo dei rifiuti solo per il 2% di quelli prodotti”. Lo snodo coinciderà con il nuovo contratto di servizio tra Comune e Ama che partirà da gennaio 2023 e sarà votato dall’Assemblea capitolina dopo l’estate.

“Partiamo dal fatto che Roma produce 1.700.000 tonnellate di rifiuti all’anno – spiega Alfonsi – che vuol dire 4.650 tonnellate al giorno e, purtroppo, di queste 3mila tonnellate sono rifiuti indifferenziati quindi con maggiore difficoltà di smaltimento. Il ciclo dei rifiuti è estremamente fragile, precario totalmente in mano ai privati quindi con una possibilità di entrare in emergenza altissima perché basta che si rompa un Tmb piuttosto che una linea del termovalorizzatore o si chiuda una discarica che il sistema va in tilt”.

Un solo termovalorizzatore (Gualtieri è determinato a costruirne un secondo ed è esploso un vespaio politico) e due discariche attive nel Lazio – sono ad esempio 21 in Lombardia – danno l’idea della insufficienza di impianti per l’unica vera metropoli italiana con un’area interessata alle operazioni di spazzamento e pulizia pari a 7 volte Milano, 10 volte Parigi o Barcellona.

Le operazioni (dati Ama) si estendono su una superficie complessiva di circa 1.200 Kmq interessando 3.370 Km di strade. Ma l’impiantistica non è all’altezza. Infatti, solo per fare un esempio, la totalità dei rifiuti raccolti a Roma viene smaltita fuori dai confini comunali.

Mentre oltre la metà dell’immondizia trattata (nei Tmb) finisce in altre regioni. Montagne di rifiuti (smaltimento e trattamento) sono così spedite in Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Alto Adige. Oppure all’estero in Olanda, Germania e Portogallo.

E la gestione è quasi totalmente privata. Per quanto riguarda, infatti, i rifiuti differenziati il 96% sono trattati in impianti di terzi e il 4% in impianti Ama. E per gli indifferenziati le percentuali sono rispettivamente dell’85% e del 15%.

Di proprietà pubblica si contano solo il Tmb Ama di Rocca Cencia (tratta 500 tonnellate al giorno), il tritovagliatore di Ostia (sempre di Ama) e il termovalorizzatore di San Vittore (per lo smaltimento – Acea).

Dunque, i rifiuti vengono trattati, per gran parte, in diversi Tmb privati (trattamento meccanico biologico) che sono impianti propedeutici al successivo smaltimento (in altri macchinari). C’è quello ‘sopravvissuto’ all’incendio di Malagrotta (700 tonnellate al giorno), il Tmb di Aprilia (600 tonnellate), il Tmb di Viterbo (200 tonnellate) e il Tmb di Frosinone (200 tonnellate).

Le restanti 2.450 tonnellate di rifiuti raccolti a Roma ogni giorno (sulle 4.650 totali) vengono quindi trattate fuori regione. Le discariche attive sono ad Albano e a Viterbo. Così basta una manutenzione non programmata di un impianto per mandare in tilt il sistema.

Il costo del personale Ama

Intanto Ama è nel pieno di un processo di rinnovamento. La giunta Gualtieri chiede un cambio di passo. I numeri estrapolati dal bilancio 2020 (l’ultimo disponibile) raccontano di un’azienda che fatica a stare al passo con i tempi.

Ad esempio i 341 milioni di costi per il personale a fronte dei 305 per i servizi. “Il nuovo contratto Ama che partirà dal primo gennaio 2023 avrà due grandi novità. Le ‘Ama di municipio’ – annuncia Alfonsi – per avvicinare il servizio alla cittadinanza e poi il piano industriale che prevede sistemi di raccolta intelligente: dai cassonetti con la tesserina per le tariffe puntuali fino a impianti che permettono la selezione del materiale. La compagine che costruirà il termovalorizzatore di Roma dovrà intervenire nella gestione dei rifiuti della città stessa anche prima dell’attivazione dell’impianto. Questa città ha un grande problema di logistica per i propri servizi. Dovremo prevedere sedi di zona, parcheggi dove poter tenere i mezzi e officine di quartiere”.

Il nuovo management di Ama ha intensificato i controlli sui certificati medici dei dipendenti per fronteggiare il possibile rischio di assenteismo.

Ad esempio a maggio su 3.906 controlli (circa il doppio in un mese rispetto a quelli negli anni 2020-2021) 200 netturbini sono stati ritenuti idonei dal medico del lavoro ad operare sui mezzi di raccolta e spazzamento.

Per quanto riguarda il lavoro notturno ed eventuali incentivi per i netturbini: “anche in questo Roma è un po’ anomala – sottolinea l’assessore al Ciclo dei rifiuti – ci sono dei servizi che dovrebbero essere svolti sempre di notte. Lo dicono anche i sindacati. Noi ci siamo trovati a fare un cambiamento sui turni della domenica e dei festivi. Un lavoro che deve essere pagato di più ma non si può pensare di non prevederlo, sono i famosi servizi essenziali”.

Il piano dell’amministrazione Gualtieri (che verrà annunciato nel dettaglio entro luglio dallo stesso sindaco) è realizzare con nuovi impianti – tra cui il contestato termovalorizzatore – un ciclo dei rifiuti per Roma “di prossimità, di autosufficienza. Un ciclo – conclude Alfonsi – a filiera corta e senza discariche che risponde perfettamente al nuovo piano nazionale e alle normative europee. Abbiamo partecipato al Pnrr per la costruzione di 2 biodigestori aerobici che servono per trattare l’umido e anche per costruire 10 centri di raccolta o di riuso sui 30 che stiamo costruendo nella città. Attraverso il Pnrr abbiamo presentato 2 progetti per altrettanti impianti di selezione della carta e della plastica. Infine, abbiamo partecipato tramite Acea per chiudere anche il tema della gestione dei fanghi”.

Nel frattempo, Roma è in affanno continuo. “Entro una settimana l’emergenza determinata dall’incendio dell’impianto di trattamento di Malagrotta sarà superata”, ha dichiarato Gualtieri lunedì scorso. Il conto alla rovescia è partito.

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