L’inflazione americana responsabile dell’economia precaria

Economia & Finanza

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Bisogna tornare indietro nel tempo della storia americana, per ritrovare una crisi economica di tale portata. L’inflazione sta divorando la ricchezza del paese.

Per il popolo americano sarà un anno difficile, aggravato da un rallentamento dei consumi e dell’export. Anche il Segretario del Tesoro Janet Yellen ha sottolineato l’inflazione record.

Con l’approssimarsi dell’autunno, l’inflazione sarà ancora più tenace, il costo della vita crescerà aumentando la sacca di povertà.
Questo poteva essere attenuato se la FED avesse reso pubblico i dati dell’inflazione.

Il Governo avrebbe avuto il tempo tecnico di varare misure di contenimento del costo della vita.
Il tesoro americano pensava di sorreggere l’economia stampando sempre più biglietti verdi.

Nel breve periodo può essere anche una ricetta efficace, i cittadini credono di avere più denaro di quanto in realtà possiedono, ma ciò è solo mera illusione.

Credendo di avere di più denaro, sono portati a spendere più del dovuto. Questa massa di denaro immesso nel mercato, droga l’economia e crea un falso boom economico di breve durata.

Nel consumatore cresce la convinzione di avere più denaro, in realtà è solo una dilazione dell’offerta di moneta.
Il consumatore avrà realizzato che il boom economico è un falso assioma, quando il periodo di vacche grasse si contrae e i prezzi al consumo iniziano a lievitare.
Sarà questo il momento più difficile, gli incubi di non poter estinguere i debiti contratti, si faranno più assillanti. Capiranno quanto è stato sciocco lasciarsi trasportare dal finto boom economico.
Unica speranza per il consumatore
incauto, sperare che l’inflazione così alta come i costi dell’energia, abbiano una durata breve.
Il popolo americano, nonostante abbia cambiato le abitudini della spesa per contrastare l’aumento dei prezzi, optando per i prodotti di seconda scelta, l’inflazione non si normalizza, anzi continua a salire.
Nei prossimi mesi i lavoratori americani, sulla loro pelle, dovranno confrontarsi con un robusto taglio degli stipendi, a causa dell’inflazione. I datori di lavoro non potranno elargire più gli stessi stipendi, la crescita dei costi operativi aziendali, non permette di allargare la forbice dei salari.
Sarà il momento più difficile per i lavoratori, l’inflazione eroderà i loro risparmi e le unità sindacali perderanno il potere contrattuale.
Siamo al “cane che si morde la coda”, se un eventuale accordo sindacale legato all’inflazione fosse possibile, i prezzi non frenerebbero, anzi tornerebbero a salire come già accaduto nella seconda recessione del secolo scorso negli anni ’70 con la crisi petrolifera.
Sarà spietato affermarlo, ma legare i salari all’inflazione, non risolve il problema, l’aumento dei salari sarà scaricato sui consumatori e quindi anche sui lavoratori. Non è la strada giusta per contenere l’inflazione. Questo è l’artifizio per non liberarsi mai dall’inflazione. Se il tesoro non mette mano ad una politica monetaria restrittiva, altro che continuare a stampare biglietti verdi, e ad una riduzione delle spese superflue dello stato, vedi extra gettito per le armi e le guerre per esportare democrazia, e infine ad un freno ai consumi, l’inflazione si trasmuterà in RECESSIONE.

Maurizio Compagnone
Analista

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