Il nuovo Biden attacca Trump e divide l’America. Ma non torna indietro

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L’atteggiamento del presidente degli Stati Uniti, secondo il Wall Street Journal, potrebbe innescare una sfida tra un’America “semi-fascista” e una “socialista”. E Biden non torna ai messaggi concilianti.

di Massimo Basile

Joe Biden

 

AGI – Il sottopancia della rete trumpiana Fox News recita fin dalle prime ore del giorno: “Biden dichiara guerra all’America”. Il nuovo attacco lanciato da Joe Biden ai Repubblicani, nel corso dell’inusuale discorso di ieri in prima serata televisiva, viene letto dagli avversari come sfida non solo al partito conservatore, ma ai suoi elettori, quindi a metà del Paese.

La Casa Bianca si è affrettata a spiegare che il presidente non ce l’aveva con gli americani, ma era solo un intervento a difesa della democrazia. Le reti conservatrici non ci hanno creduto e useranno questa virata per motivare i propri elettori.

A meno di ventiquattr’ore dal discorso sulla “battaglia per l’anima dell’America”, Biden ha finito per acuire la spaccatura di quell’anima, mettendo da parte i toni di tre anni fa. Il Wall Street Journal si chiede oggi se la sfida sarà tra un’America “semi-fascista” e una “socialista”.

Il leader dei Repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy, aveva chiesto a Biden di scusarsi pubblicamente per aver definito i conservatori di Donald Trump “fascisti”. In realtà Biden aveva parlato di “semi-fascismo”, ma il prefissoide “semi” è stato considerato subito come una foglia di fico da tutti, e forse lo era davvero.

In ogni caso il presidente non è tornato indietro: ha evocato il movimento trumpiano Maga, Make America Great Again, mai citato così tanto come ieri, indicandolo come la vera entità “estremista” e “minaccia alla democrazia” e dei “fondamenti della repubblica”.

Biden ha accusato il partito conservatore di “cieca obbedienza” al suo leader, Trump, e di essere stato “intimidito” dal tycoon. La parola “Maga” è stata associata a un’altra, “Republicans”, che chiama in causa milioni di elettori conservatori.

Alla scelta semantica si aggiungono i toni, altra vera novità politica di questa fase: a due mesi dalle elezioni di Mid-term, Biden ha scelto di abbandonare i messaggi concilianti che avevano caratterizzato la sua campagna per le primarie presidenziali.

Nel 2019, a meno di cinque chilometri di distanza dall’Independence Hall di Philadelphia dove ha parlato ieri sera, Biden aveva garantito che si sarebbe rivolto a tutti gli americani e promesso di “restaurare quell’anima dell’America” che Trump aveva ferito.

Tre anni dopo il presidente ha deciso di fare una scelta drammatica, e di parlare a una sola parte del Paese, accusando l’altra di essere patriota e democratica solo a parole. “Non potete – è il suo nuovo messaggio – dire che state con la polizia e poi giustificare gli insurrezionisti del 6 gennaio che attaccarono gli agenti”.

Non potete – ha aggiunto ieri – pensare che le elezioni sono regolari solo se le vincete voi. Non è così che funziona la democrazia”. Biden ha deciso di mettere da parte una metà del Paese, di fatto seguendo la linea di due suoi predecessori: Trump, come presidente, e Hillary Clinton, come candidata alla Casa Bianca.

Entrambi lo avevano fatto nel 2016: il primo lanciando la guerra all’America che non era con lui. La seconda, scavando un solco con i conservatori, consegnando alla storia il suo giudizio sugli elettori trumpiani definiti “deplorevoli”. Hillary si presentò come l’ultima barriera tra il Paese e il baratro trumpiano.

Rispetto al discorso in Maryland del 25 agosto, quello del “semi-fascismo”, stavolta Biden ha scelto parole più sobrie, ma ha finito per evocare scenari da guerra civile, presentandosi lui stesso come argine tra la deriva “estremista” del movimento trumpiano e la difesa della democrazia.

Dunque, sei anni dopo Hillary, Joe. Il drammatico cambio di registro è frutto di una scelta elettorale: con un elettorato democratico ancora poco entusiasta, e quello afroamericano un po’ freddino, l’unico modo per fermare l’avanzata dei Repubblicani alla Camera e al Senato è spezzare il fronte avversario, dividerlo, seminare dubbi, parlare ai moderati che non si riconoscono nei toni violenti del movimento trumpiano, convincere i vecchi elettori repubblicani che considerano ancora l’America terra dei diritti e non dei divieti.

Per questo i termini forti vengono usati con il contagocce, perché scavino lentamente nella coscienza di una parte del Paese che non ama i balzi in avanti, non sarà mai progressista ma non è certa di essere trumpiana o “semi-fascista”.

Questa è la fetta di elettorato che può diventare decisiva l’8 novembre. I termini “semi-fascismo” e “estremismo” evocati a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro servono a insinuarsi lentamente nel tessuto conservatore moderato, e spingere gli elettori a decidere cosa fare: se scegliere tra l’estremismo e la moderazione, tra il movimento Maga e i progressisti.

Al limite, nessuno dei due. Nei prossimi comizi Biden utilizzerà probabilmente nuovi termini che definiranno i contorni di questo orizzonte oscuro. Una strategia che i Repubblicani temono, e che i Democratici auspicavano, stanchi del “benaltrismo” bideniano.

Ma di fatto da qui alle elezioni di Mid-term i toni della campagna elettorale evocheranno quelli di una guerra civile sempre più evidente, per ora solo nelle parole e in qualche episodio isolato. Ma è anche un messaggio chiaro: la vecchia America immaginata da Biden come una grande chiesa laica non esiste più. E, forse, dall’8 novembre, ce ne sarà un’altra, ancora più divisa.

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