Il crollo della sterlina rinvigorisce l’attacco dei laburisti a Truss

Economia & Finanza

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Alla Convenzione del partito laburista, il direttore finanziario Rachel Reeves ha parlato di “emergenza nazionale” e ha definito il cancelliere dello scacchiere, Kwasi Kwarteng, e il primo ministro Liz Truss “due giocatori d’azzardo disperati che inseguono le loro perdite al casinò”

© Oli SCARFF / AFP / POOL
– Liz Truss

 

AGI – L’opposizione laburista britannica ha criticato il governo di Liz Truss dopo che la sterlina è precipitata al minimo storico rispetto al dollaro, in reazione a un massiccio piano di spesa che ha sollevato il timore di una profonda recessione del Regno Unito. A metà giornata la valuta britannica è rimasta in calo dello 0,87% ma era salita a 1,0728 dollari dopo aver toccato nella notte tra domenica a lunedì 1,0350 dollari, il minimo di sempre contro il biglietto verde.

“Venerdì il Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng ha avuto la possibilità di progettare una risposta alla crisi del costo della vita e ha fallito“, ha proseguito Reeves, con “più di 50 miliardi di sterline che si accumulano sul debito nazionale”. Per Rachel Reeves il calo della sterlina significa tra le altre cose “maggior costo del prestito per il governo” e rimborsi più costosi di mutui casa per i cittadini.

Venerdì il nuovo ministro delle Finanze ha annunciato in particolare tagli alle imposte sul reddito per la fascia fiscale più alta, oltre a quelli che erano stati diffusi dai media in precedenza, accompagnati da massicci aiuti per sostenere il caro bollette. Il sostegno ai costi energetici è stato calcolato in 60 miliardi di sterline per soli 6 mesi, ma gli economisti stimano che l’intero pacchetto fiscale sarà finanziato con un cifra tra 100 e 200 miliardi di sterline, e tra gli investitori persistono dubbi e critiche su come il governo britannico abbia intenzione di finanziare questi investimenti.

Dagli annunci del governo, la sterlina è crollata di quasi il 5% e ha perso il 20% del suo valore dall’inizio dell’anno. Ieri Kwasi Kwarteng ha messo in prospettiva la reazione molto negativa del mercato al suo “mini-budget” e ha detto che il Regno Unito dovrebbe avere “un approccio più proattivo alla crescita”, rifiutandosi di commentare la caduta libera della valuta nazionale.

L’economista Nouriel Roubini, noto per le sue previsioni molto pessimistiche e per aver anticipato la crisi finanziaria dei mutui subprime, ha affermato su Twitter che il Regno Unito si stava avviando verso uno scenario simile a quello degli Anni ’70, “con alla fine la necessità di ‘andare a mendicare un salvataggio dal Fondo Monetario Internazionale”.

La Bank of England (BoE), che giovedì ha alzato il tasso di 0,50 punti percentuali al 2,25%, potrebbe aver bisogno di riunirsi urgentemente per rialzarlo: i mercati ora ritengono che il tasso potrebbe aumentare di due punti percentuali entro novembre, quando è programmato il prossimo incontro. “Senza un intervento questa settimana, la sterlina potrebbe presto scendere al di sotto della parità con il dollaro”, avverte Lee Hardman, analista di Mufg.

“La tensione tra la Banca d’Inghilterra e il Tesoro è ormai palpabile – sintetizza Susannah Streeter, analista di Hargreaves Lansdown – con alcuni componenti del board della Banca centrale che vogliono frenare l’inflazione indebolendo la domanda e leader politici che vogliono aumentarla”. Mentre l’inflazione ha raggiunto il 9,9% nel Regno Unito, la più alta del G7, l’istituto monetario ha anche stimato che il Paese fosse entrato in recessione durante il terzo trimestre. La sterlina non è l’unica valuta in difficoltà nei confronti del dollaro, che schiaccia tutto sul suo cammino: da inizio anno lo yen ha perso il 20%, mentre l’euro è sceso del 15%.

Durante il precedente minimo storico della sterlina, nel 1985, diversi grandi Paesi tra cui gli Stati Uniti, avevano firmato gli accordi Plaza, che miravano a svalutare volontariamente il biglietto verde. Ci stiamo avvicinando a un ‘momento Plazà? Il dollaro è forte come lo era allora, ma lo spirito di cooperazione tra le principali economie mondiali non sembra esserci più”, sottolinea John Velis, analista di Bny Mellon.

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