Letta ‘stoppa’ le voci di scioglimento del Partito Democratico

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Il nodo da sciogliere nel Pd prima di qualunque altra considerazione sono i tempi del congresso, obiettivo possibile è quello di chiudere entro fine febbraio o inizio marzo

di Paolo Molinari

AGI – Non il nome, non il simbolo: il nodo da sciogliere nel Partito Democratico prima di qualunque altra considerazione sono i tempi del congresso.

Tutti, a cominciare dal segretario Enrico Letta, sperano di concludere il percorso che porta alle primarie in tempi brevi. Un compito non facile, tuttavia: l’ultima volta, era il 2019, ci vollero sei mesi per fare i congressi locali, quelli provinciali per approdare infine al congresso nazionale e alle primarie.

Base Riformista, che ha già detto di voler sostenere la corsa di Stefano Bonaccini, preme perché “non si allunghi il brodo”: il rischio, per l’area politica che si raccoglie attorno a Lorenzo Guerini, è quello di arrivare impreparati alle regionali di primavera, oltre che veder logorare la figura del proprio candidato. Mercoledì, apprende l’AGI, Base Riformista cercherà di fare il punto su quello che si muove in vista della direzione.

L’obiettivo possibile è quello di chiudere entro fine febbraio o inizio marzo. Una necessità ancora più stringente visti gli attacchi quotidiani che arrivano dai centristi e dal M5s. In particolare, tanto al Nazareno quanto fra le fila parlamentari del Partito Democratico, destano sorpresa gli attacchi di Matteo Renzi.

“Il nostro obiettivo è costruire una opposizione seria che sappia parlare al Paese. Stupisce, per questo, l’ossessione di Renzi che continua a parlare del Partito Democratico”, dice il senatore del Partito Democratico, Alessandro Alfieri. “È evidente che c’è un attacco al Pd a cui dobbiamo rispondere in maniera unitaria“, aggiunge Alfieri, “con un percorso congressuale che venga dal basso e in tempi certi così da affrontare al meglio le prossime sfide”.

Un attacco, quello del leader di Italia Viva che si pone anche in contraddizione con quanto dice Carlo Calenda, alleato elettorale di Renzi. L’uno, Calenda, invita il Pd ha mollare M5s per aggregarsi al centro. L’altro, Renzi, si fa promotore di una linea oltranzista, né con il Pd né con il M5s.

Una “cacofonia prevedibile”, è il commento che arriva dal Nazareno, che “mette in evidenza una contraddizione enorme” fra i due leader centristi. Anche perché, viene sottolineato, “nel Lazio, Calenda e Renzi governano già con il Pd e i Cinque Stelle, solo che sembrano non accorgersene”.

Qualche indicazione in più, anche sui tempi del congresso, arriverà comunque giovedì, quando Letta terrà la sua relazione in direzione. Non si tratterà di una proposta chiusa, viene riferito, ma aperta alle proposte di tutti per un “vero congresso costituente”.

Da questo punto di vista, rappresentano un segnale positivo le tante dichiarazioni e sollecitazioni arrivate anche attraverso i mezzi di informazione. Ciò che invece è “irricevibile” per il Nazareno è la “drammatizzazione di chi pensa che il Partito Democratico sia da sciogliere”.

Il Pd, infatti, è il secondo partito in Italia e uno dei più importanti partiti della socialdemocrazia in Europa, viene sottolineato. La stessa Spd tedesca, che oggi governa, ha avuto un percorso accidentato molto e numeri non molto dissimili da quelli del dem.

In attesa che si riunisca la direzione, dunque, si guarda con ottimismo ai prossimi passaggi, mentre sembra arrestarsi la pioggia di candidature e autocandidature seguita alla conferenza in cui Letta ha dichiarato di non volersi ricandidare alla segreteria.

Anzi, dall’Emilia-Romagna arriva l’auspicio di chi, come Andrea de Maria, vorrebbe vedere correre in ticket Stefano Bonaccini e la sua vice in giunta, Elly Schlein.

Una strada impercorribile a sentire alcune fonti Pd: si tratterebbe, infatti, di minare la forza della leadership nazionale e della giunta emiliana con un colpo solo. Non solo: “Vorrebbe dire fare un minestrone con tutti dentro senza contarsi e lasciando le cose come stanno”.

Anche per evitare questo rischio, il deputato Roberto Morassut – tra i primi, qualche anno fa, a lanciare l’idea di una costituente del Pd – chiede di congelare l’attuale assetto al vertice del partito: “Se vogliamo davvero fare una costituente che non sia un’operazione di facciata, credo che Enrico Letta debba restare segretario e guidarla insieme alle attuali capigruppo fino a che non via sia un processo reale di costituzione di un soggetto politico nuovo che rimescoli le carte tra interno ed esterno”, spiega Morassut: “Fare ora nuovi incarichi per forza di cose concordati tra correnti altera la trasparenza di un percorso costituente che deve invece svilupparsi in modo aperto con nuove procedure allargando il cammino iniziato con le Agorà”, aggiunge.

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