Tra Renzi e i dirigenti Pd lo scontro è sempre più velenoso

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Dopo l’esito elettorale che porterà a un governo di centrodestra e ha generato la crisi del Partito democratico, il leader di Italia viva è tornato all’attacco

di Paolo Molinari

AGI – Il Partito Democratico si riscopre unito, dopo la sconfitta elettorale, e fa muro contro gli attacchi che, sempre con maggiore frequenza, arrivano dall’esterno e, in particolare, da Matteo Renzi. È il leader di Italia Viva a dire che, con Schlein o anche senza di Lei, il partito è destinato a chiudere i battenti.

“Elly Schlein non è un’iscritta al Pd, è una ragazza molto brava ma la fine del Pd c’è con o senza lei. Di lei non condivido nulla”, sono le parole usate dall’ex rottamatore e lette all’interno del Pd come il tentativo di lanciare un’opa ostile sull’elettorato dem, approfittando del momento di riorganizzazione, con il congresso alle porte e l’incognita della futura leadership. A difesa del partito si schiera Luigi Zanda, ex senatore e volto storico dei dem che ha rinunciato alla ricandidatura: “Lo vogliamo capire che Conte, come Renzi e Calenda, vogliono disintegrare il Pd per prenderne i voti? Lo ripetono tutti i giorni”, evidenzia Zanda.

“Il Pd dovrebbe sciogliersi e mandare allo sbando il sistema politico italiano per l’egoismo di Conte, Renzi e Calenda? Non scherziamo. Il Pd non è una costola dei 5S, che hanno dimezzato i loro voti del 2018”, aggiunge.

Renzi, tuttavia, insiste a battere sul tasto dello scioglimento del partito e arriva a imputare al Partito Democratico la responsabilità di aver fatto vincere le elezioni a Giorgia Meloni: “Non l’ho detto io che l’esperienza del Pd è finita, lo hanno detto esponenti del Pd. L’operazione fatta dal Pd e da Letta accecato dall’odio e dal risentimento personale anche nei miei confronti ha portato la Meloni e il centrodestra a prendersi il paese“.

Non solo: per Renzi “il prossimo governo avrà due opposizioni: una riformista con noi, Calenda e chi vorrà starci, e una opposizione populista con Conte e quelli del Pd come Provenzano”.

Parole che contrastano con gli appelli di Carlo Calenda ai dem perché si crei una forte opposizione dei riformisti, senza il M5s. Una “cacofonia prevedibile”, è il commento che arriva dal Nazareno, che “mette in evidenza una contraddizione enorme” fra i due leader centristi.

Anche perché, viene sottolineato, “nel Lazio, Calenda e Renzi governano già con il Pd e i Cinque Stelle, solo che sembrano non accorgersene”. Contro le parole di Renzi si schiera anche il senatore Pd, Alessandro Alfieri: “Il nostro obiettivo è costruire una opposizione seria che sappia parlare al Paese. Stupisce, per questo, l’ossessione di Renzi che continua a parlare del Partito Democratico“, sottolinea il coordinatore nazionale di Base Riformista, l’area vicina a Lorenzo Guerini, un tempo braccio destro dello stesso Renzi: “È evidente che c’è un attacco al Pd a cui dobbiamo rispondere in maniera unitaria”, aggiunge Alfieri, “con un percorso congressuale che venga dal basso e in tempi certi così da affrontare al meglio le prossime sfide”.

Dal Nazareno viene bollata come “irricevibile” la “drammatizzazione di chi pensa che il Partito Democratico sia da sciogliere“. Il Pd, viene aggiunto, è il secondo partito in Italia e uno dei più importanti partiti della socialdemocrazia in Europa. La stessa Spd tedesca, che oggi governa, ha avuto un percorso accidentato molto e numeri non molto dissimili da quelli del dem.

Dal numero di volte che lo ripete, sembra che per Renzi far ‘finire’ il Pd sia il vero motore della sua politica“, dice la senatrice del Pd Tatjana Rojc: “Pochino per chi doveva essere l’ago della bilancia in Parlamento e far tornare Draghi a Palazzo Chigi. Il Pd ha perso, ma anche Renzi deve fare bene i conti, tra quello che andava vendendo e quello che porta a casa. Quel 40% dei voti presi al Pd dubito siano un patrimonio che a piacimento si puo’ mettere a disposizione di FdI per accordi nazionali o territoriali, o per terze posizioni”, chiosa l’esponente dem.

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