Negli ultimi 50 anni è scomparso il 69% della fauna selvatica

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L’ultimo drammatico report del Wwf evidenzia perdite “devastanti” dovute all’attività umana dal 1970 a oggi. Nelle regioni ricche di biodiversità come l’America Latina e i Caraibi, il crollo della popolazione animale ha raggiunto addirittura il 94%

di Gaia Vendettuoli

© Roger de La Harpe / Biosphoto / Biosphoto via AFP – Rinoceronte malato

 

AGI – Nell’ultimo mezzo secolo la popolazione di animali selvatici, che comprende mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci, è calata in media del 69% in tutto il mondo. Lo rivela un report del Wwf che evidenzia perdite “devastanti” per la natura dovute all’attività umana dal 1970 a oggi. Nelle regioni ricche di biodiversità come l’America Latina e i Caraibi, il crollo della popolazione animale ha raggiunto addirittura il 94%.

Il Living Planet Report (Lpr) 2022 dell’organizzazione monitora quasi 32.000 popolazioni di oltre 5.000 specie di vertebrati e lancia un appello per la COP15 che si terrà in Canada dal 5 al 17 dicembre: “Solo un accordo ambizioso potrebbe invertire la perdita di biodiversità e, allo stesso tempo, garantire il sostentamento di miliardi di persone la cui economia dipende direttamente dalla natura“.

Il direttore generale di Wwf International, Marco Lambertini, ha detto che l’organizzazione è “estremamente preoccupata” dai nuovi dati, che mostrano “un devastante calo delle popolazioni di fauna selvatica, in particolare nelle regioni tropicali che ospitano alcuni dei paesaggi piu’ ricchi di biodiversità del mondo”.

Mark Wright, direttore scientifico del Wwf, ha affermato da parte sua che le cifre sono “davvero spaventose”, in particolare per l’America Latina. “È estremamente importante per la regolazione del clima – ha proseguito – e stimiamo che attualmente ci siano da 150 a 200 miliardi di tonnellate di carbonio avvolte nelle foreste dell’Amazzonia”. Che equivale a 550-740 miliardi di tonnellate di CO2, da 10 a 15 volte in più rispetto alle emissioni annuali di gas serra ai tassi attuali.

Il Living Planet Report ha rilevato che le specie di acqua dolce sono diminuite più di quelle che si trovano in qualsiasi altro habitat, con un calo della popolazione dell’83% dal 1970. Il rapporto ha rilevato che i principali fattori di perdita della fauna selvatica sono il degrado dell’habitat dovuto allo sviluppo e all’agricoltura, allo sfruttamento, all’introduzione di specie invasive, all’inquinamento, ai cambiamenti climatici e alle malattie.

“I sistemi alimentari odierni sono responsabili di oltre l’80% della deforestazione sulla terraferma e, se si guarda all’oceano e all’acqua dolce, stanno anche guidando un crollo degli stock ittici e delle popolazioni in quegli habitat”, ha sottolineato Lambertini.

Il Living Planet Report sostiene che l’aumento degli sforzi di conservazione e ripristino, la produzione e il consumo di cibo in modo piu’ sostenibile e la decarbonizzazione rapida e profonda di tutti i settori possono alleviare la doppia crisi del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità. Il Wwf chiede inoltre ai governi di tenere adeguatamente conto nel processo decisionale del valore dei servizi resi dalla natura, come cibo, medicine e approvvigionamento idrico.

“Dobbiamo sottolineare il fatto che la perdita della natura non è solo una questione morale del nostro dovere di proteggere il resto del mondo – ha insistito Lambertini – in realtà è una questione di valore materiale, una questione di sicurezza anche per l’umanità“. Alcune aree hanno subito una perdita di popolazione maggiore rispetto ad altre: l’Europa, ad esempio, ha visto un calo della popolazione della fauna selvatica del 18%.

“Ma ciò maschera anche perdite storiche molto estreme di biodiversità”, ha affermato Andrew Terry, direttore della conservazione presso la Zoological Society of London, che ha contribuito a raccogliere i dati. “Sappiamo che stiamo uscendo da (un) punto basso dello stato della biodiversità nell’emisfero settentrionale“, ha spiegato.

In Africa, dove il 70% dei mezzi di sussistenza dipende in qualche modo dalla natura, il rapporto ha mostrato un calo di due terzi delle popolazioni di animali selvatici dal 1970. Secondo Alice Ruhweza, direttore regionale dell’Africa al Wwf, la valutazione ha mostrato come ci sia stato un “enorme costo umano” quando la natura è andata perduta.

E ha detto che i giovani in particolare sono preoccupati per la conservazione della fauna selvatica e vorrebbero dai governi misure di tutela maggiori. “Abbiamo una popolazione giovane, intraprendente e sempre piu’ istruita che mostra maggiore consapevolezza sui problemi della natura”, ha affermato Ruhweza. “Quindi il potenziale di cambiamento è davvero significativo – ha aggiunto – ma il tempo stringe e dobbiamo agire ora”.

 

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