Sul tavolo un decreto-legge per mantenere il cosiddetto ‘ergastolo ostativo’ e il rinvio della riforma Cartabia. Per il coronavirus, verso lo stop alle multe ai non vaccinati fino al 30 giugno
AGI – I primi due provvedimenti all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri convocato per lunedì riguarderanno la giustizia.
Partiamo dalla giustizia. Al primo punto del primo Consiglio dei ministri ‘vero’, dopo quello di esordio assorbito, come di prassi, dagli adempimenti formali, ci sarà un decreto-legge per mantenere il cosiddetto ‘ergastolo ostativo’, considerato dal governo – sono uno sempre fonti di Palazzo Chigi a farlo filtrare – strumento essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata. Un provvedimento definito prioritario e diventato urgente, sempre secondo le stesse fonti, alla luce dell’udienza della Corte Costituzionale fissata per l’8 novembre 2022.
Il testo in esame ricalca il disegno di legge n. 2574 già approvato nella passata legislatura dalla Camera dei Deputati e punta a evitare le scarcerazioni facili dei mafiosi, perché permette l’accesso ai benefici penitenziari al condannato che abbia dimostrato una condotta risarcitoria e la cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata.
“Una corsa contro il tempo – fa filtrare Palazzo Chigi – per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo”.
Sempre sul tema della giustizia, il Consiglio dei ministri affronterà il rinvio al 30 dicembre 2022 dell’entrata in vigore di alcune disposizioni della ‘Riforma Cartabia’, raccogliendo le criticità già emerse nel dibattito parlamentare e confermate – proseguono le stesse fonti – in questi giorni dagli operatori del diritto con una lettera al ministro della Giustizia.
Il provvedimento intende rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari.
In questo caso l’obiettivo è quello di “dare seguito all’indicazione tracciata da Giorgia Meloni nelle dichiarazioni programmatiche in Parlamento e segnare, così, un primo atto di discontinuità, rispetto ai precedenti esecutivi, nella gestione della pandemia da Covid-19”.