Coldiretti, la “black list” del cibo estero rischioso

La più grande associazione italiana di coltivatori diretti ha lanciato l’allarme sulla pericolosità di alcuni alimenti stranieri la cui importazione è oramai un obbligo. Analizzando le cause e le colpe del perché siamo costretti a queste scelte e non si possa fare diversamente, notiamo ancora una volta quanto la nostra sovranità alimentare sia a rischio per colpa di alcuni “strani” dictat comunitari

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La Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti (in breve, Coldiretti), cioè la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza degli agricoltori italiani, ha organizzato da poco il ventesimo Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, per aprire un confronto sul futuro dell’industria alimentare nostrana. I numerosi esponenti del governo presenti hanno espresso forti preoccupazioni riguardo all’approccio dell’Unione Europea nei confronti del settore agroalimentare nazionale.

Bruxelles infatti, che pare occasionalmente curarsi – ma con scarsissimi risultati – dell’inflazione dilagante e della crisi energetica continua, sembra invece aver messo volontariamente da parte il comparto del sostentamento alimentare (progetti ideologizzati dell’UE come il “Farm to Fork“, anzi, prevederebbero addirittura una riduzione produttiva del 30%).

Chi vuole una minore produttività nazionale e perché?

Queste scelte sono basate sulla narrativa che ha contraddistinto gran parte della legislatura precedente e che ha messo ambiente e scienza al centro dell’attenzione istituzionale, anche se a spese del lavoro agricolo e del benessere di chi lo svolge. Il “Green Deal” europeo, cioè quel sogno ossessivo di “ridurre l’impronta ambientale e climatica del sistema alimentare” mediante l’abbattimento drastico delle emissioni di CO2 entro il 2050, è sempre al centro del dibattito tra i consumatori per i quali, però, questa direzione politica – studiata a tavolino e poi imposta – pare avere solo due conseguenze principali: o la scelta forzata di importare prodotti esteri o la ricerca di alternative alimentari (vedi la “carne artificiale” prodotta nei bioreattori).

L’eurodeputato Carlo Fidanza (PdL) ha chiarito questa direzione dicendo: “Il prezzo qual è? Nel momento in cui riduci la produzione, in una fase storica in cui la popolazione mondiale aumenta e siamo anche in una situazione di instabilità internazionale (quindi di maggiore scarsità di risorse alimentari) questo non può portare altro che una diminuzione del reddito delle imprese agricole, una riduzione del consumo (oppure un aumento dei prezzi al consumatore) e un aumento della dipendenza da soggetti e Paesi terzi, ai quali non siamo in condizione di applicare le stesse norme che applichiamo ai nostri agricoltori. L’alternativa, se riduci la produzione e non vuoi né importare di più né far costare di più i prodotti, a quel punto rimane la carne sintetica”.

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La “lista nera” di Coldiretti

Coldiretti non ha nascosto come questa “catastrofe” del sistema alimentare sia più vicina di quanto si possa immaginare. Le regole e le normative a cui sono sottoposti gli agricoltori di casa, insieme all’impennata generalizzata dei costi produttivi, hanno fatto lievitare i prezzi dei prodotti italiani. E tutto questo starebbe automaticamente dirigendo i consumatori verso la scelta di confezionati stranieri, che sono comunque – generalmente parlando – meno affidabili, controllati e regolamentati dei nostri.

L’associazione, che da tempo si preoccupa anche di avvisare gli italiani circa la presenza al banco di alcuni alimenti meno sicuri, ha aggiornato al 2022 la “lista nera” dei cibi più pericolosi per le nostre tavole, tra cui il pollo polacco, al primo posto (a causa dei 263 casi di salmonella indotta registrati), seguito dagli agrumi e dai peperoni turchi (contaminati da pesticidi). Al terzo posto ci sarebbero i semi di sesamo indiani (nutrimento “di nicchia”, spesso utilizzato in diete particolarmente salutiste, che però è risultato veicolo di una sostanza tossica per l’uomo, l’ossido di etilene) e a scorrere vari altri prodotti che starebbero innescando numerose problematiche di salute (vedi il pepe nero brasiliano, sempre terzo in classifica, che avrebbe sviluppato ulteriori casi di salmonella, o le arachidi americane ed egiziane, piene di aflatossine).

Secondo un recente sondaggio Coldiretti/Censis, a proposito, ben l’88% degli italiani starebbe chiedendo di imporre dei “divieti di ingresso nei mercati nazionali per l’export proveniente da Paesi privi di regole sociali, sanitarie e di sicurezza analoghe a quelle di casa nostra e dell’UE”. Tutto ciò non solo per difendere la nostra salute, ma anche quel minimo di sovranità alimentare nazionale che viene sistematicamente schiacciata dai piedi degli organismi comunitari e delle lobby a loro vicine: perché studiare leggi sulla sostenibilità ambientale che penalizzano solo i contadini italiani per poi importare container stranieri nocivi o, comunque, rischiosi, sembra non solo andare contro gli interessi economici dell’Italia nel campo dell’alimentazione, ma anche puzzare di “business marcio”.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Arianna Graziato del 29 novembre 2022), sito di Coldiretti, sito di The European House Ambrosetti (TEHA), sito della Commissione europea (sezione Sicurezza alimentare), sito della Commissione europea generico, sito del ventesimo Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, Wikipedia, Il Messaggero, Coldiretti (sezione Trentino Alto Adige), Il Punto Coldiretti, PisaToday.

Canali YouTube: Coldiretti.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

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