Mostre nel Metaverso: “The Platonic Volumetric Rings” di Roberto Zanon

Arte, Cultura & Società

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Ormai il mondo dell’Arte – un po’ per necessità dovute alla pandemia, un po’ per l’evoluzione digitale che ha invaso tutti i settori – sta sempre di più sperimentando la creazione di esperienze tridimensionali totalmente immersive in una sorta di “universo parallelo”, il Metaverso.  Il concetto trova le sue origini nel romanzo cyberpunk di Neal Stephenson “Snow Crash” (’92), in cui viene definito come lo spazio nel quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire, e nell’ultimo anno è stato rilanciato dal colosso di Facebook Inc., Mark Zuckerberg.

Nonostante le criticità sollevate da alcuni per l’indubbio attacco al senso puro e “primitivo” del mestiere e per le controversie legali sorte da clamorose battute d’asta e investimenti stellari, sono attualmente moltissimi coloro che, invece, vedono in questa realtà la possibilità di cambiare prospettiva e di comunicare – attraverso visori VR o altri device – un linguaggio moderno e innovativo. Penso, ad esempio, a “Metavanity”, il museo ideato da Vanity Fair, oppure a “BOOMing – Contemporary Art Show”, la prima fiera digitale in Italia e “Lieu.City”, piattaforma in cui si possono visionare le opere di Leonardo Da Vinci e Bansky, o ancora a “MetaOcean”, il progetto fotografico di Simone Cosimi e suo figlio per sensibilizzare alla salvaguardia degli oceani e a “LoveITDetroit“, la prima mostra gratuita nel mondo di arte moderna italiana su iniziativa del Consolato d’Italia a Detroit. Non sappiamo se si tratti di una proficua alternativa di fruizione degli eventi culturali in virtù del futuro incerto che intravedono spazi museali e gallerie, o, al contrario, di una radicale migrazione del mondo artistico sul virtuale; quel che è certo è che inevitabilmente funge da catalizzatore per un pubblico ormai poco sensibile, specialmente in giovane età.

Volendone sottolineare i lati positivi a livello tecnico, ad oggi gli artisti hanno l’opportunità di farsi conoscere anche in luoghi, non ancora ben definiti e accettati da tutti, ma che di sicuro sono contenitori di evidenti potenzialità non solo dal punto di vista numerico per le enormi platee di visitatori raggiungibili, ma anche da quello della profilazione delle loro collezioni ed opere negli stand. Ulteriore vantaggio: poter chiedere approfondimenti su determinati lavori, chattare con galleristi o curatori 24h/24 affinché rendano più agevole e consapevole un eventuale acquisto.

Ed ecco che in questo sistema si è inserito anche il rinomato architetto, PhD in Design e Innovazione e docente di Design all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Roberto Zanon con la sua mostra “The Platonic Volumetric Rings” allestita nel Metaverso di spatial.io. Il progetto prevede l’esposizione di cinque anelli – appartenenti alla serie dei quarantatré “gioielli volumetrici” – da lui disegnati e realizzati in cartoncino da montare solo con gli incastri partendo da un foglio piano appositamente sagomato. La metodologia di progettazione utilizzata dal designer parte dal taglio di una superficie bidimensionale, che, grazie alla sua precisione, permette di comporre uno specifico volume, vuoto e con dettagli costruttivi all’interno, e quindi di arrivare senza alcun uso di colla ad una forma tridimensionale.

In base alle finalità il materiale più congeniale è risultato appunto il cartoncino con le sue diverse declinazioni, il quale consente di mantenere un controllo accurato e una stabilità strutturale nonostante la sua leggerezza. Per la mostra Zanon si è focalizzato su cinque anelli ispirati ai solidi platonici, solidi classici e “magici”, con l’intento di reinterpretarli soggettivamente in gioielli che fondano l’interesse per il geometrico con la tradizione millenaria e la contemporaneità, in diverse misure e aperture ma con la stessa fascetta che permette di indossarli. Pertanto, sebbene il valore del materiale sia alquanto modesto, le forme originali unite al profondo significato di cui ogni pezzo è pregno danno vita a elementi altamente creativi ed espressivi.

Attraverso studi e ricerche, il cui esito lo ritroviamo nel suo ultimo libro “Gioiello e Progetto – Approfondimento metodologico sulla forma topologica significante”, comprendiamo infatti la prospettiva dalla quale il designer veneto guarda all’evoluzione del gioiello contemporaneo: maggiormente vicino alle strutture architettoniche, piuttosto che i soliti accessori decorativi, mediante configurazioni nuove e mutevoli, ossia quelle tridimensionali.

La meta-mostra rappresenta l’occasione giusta per vedere i cinque anelli in un ambiente roccioso (metafora del volume, ma sgravato dal peso), appositamente progettato a forma di pentagono, nel quale grazie al virtuale ci si può muovere anche in modo repentino tra piani e stanze differenti. Tutti gli oggetti presenti al suo interno sono “galleggianti”, fluttuano nell’aria conferendo allo spettatore un senso di evanescenza.

Nel mondo parallelo l’unico riferimento è un avatar che rappresenta il visitatore e perciò va comandato e guidato per esplorare il luogo. Il punto iniziale del percorso è stato realizzato sospeso nel cielo, a circa 20 metri da terra, e per dare inizio alla visita della mostra bisogna “precipitare” ammirando dall’alto l’allestimento. L’esposizione si divide su due piani: nel piano inferiore è possibile ammirare i cinque anelli di Zanon, mentre al superiore sono raccolti i relativi disegni costruttivi. Andando sulla sfera posta al centro della “piazza” si può provare uno dei grandiosi strumenti che il Metaverso offre, il teletrasporto. Lo spazio in cui si arriva è una sorta di stanza appositamente creata per avere tutti gli approfondimenti e chiarimenti circa i presupposti relativi ai Platonic Volumetric Rings. Inoltre, è possibile trasferirsi in un altro ambiente virtuale, definibile più che altro come “mostra nella mostra” in quanto vi sono esposti altri gioielli volumetrici appartenenti alla serie, ossia sette anelli e una collana con accluso un bracciale. Il teletrasporto perciò è per Zanon un vero e proprio ipertesto – come lui stesso ha dichiarato.

«Tralasciando le opportunità legate alle blockchain, al mondo degli NFT e le chiare assonanze con i videogiochi, le considerazioni che io desidero fare sono incentrate sull’architettura e, per traslato, sull’allestimento. Se allestire nel reale è l’opportunità di sperimentare l’organizzazione strutturata dello spazio in rapporto al soggetto da esporre, anche nel virtuale questo rimane vero, ma cambiano le modalità. Per giudicare un’architettura virtuale, quindi, bisognerà guardarla con la lente giusta, pensarla immersa nel suo ambiente con le sue regole e non facendo riferimento al mondo fisico. In questo senso la formazione dell’architetto progettista può risultare ancora determinante, perché mutano lo spazio e le leggi che lo governano, ma sempre di spazio nel quale intervenire progettualmente si tratta. L’universo del Metaverso perciò mi sembra super interessante per il mio mestiere: porta a utilizzare i nostri codici, riadattandoli però ad un contesto che è tutto da esplorare e dove la fantasia fa da padrona».

Il link per la mostra virtuale è: https://bit.ly/3Olf9rX

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