L’Italia delle regioni, oggi l’intervento del Presidente Emiliano alla presenza del Presidente Mattarella

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“La festa delle Regioni, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella: una giornata meravigliosa nella quale ribadiamo la centralità delle Regioni nella crescita di questo Paese. Abbiamo firmato un’intesa per istituzionalizzare la Conferenza delle Regioni che diventerà una vera e propria Istituzione dello Stato”. Sono le parole del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano dalla Villa Reale di Monza, all’apertura della seconda giornata dell’evento “L’Italia delle Regioni”. Durante la Cerimonia c’è stata la firma, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dell’Intesa sottoscritta tra tutti i Presidenti per il riconoscimento della Conferenza delle Regioni quale organo comune delle Regioni e Province autonome. Al termine della giornata il simbolico passaggio di consegne tra Lombardia e Piemonte, Regione che ospiterà nel 2023 la seconda edizione del Festival. Mentre l’edizione 2024 si svolgerà in Puglia.

“Il Presidente Mattarella – ha detto Emiliano al termine della cerimonia – ha auspicato che il Parlamento prenda coscienza dell’importanza delle regioni e che quindi legiferi sulla Conferenza delle Regioni, manifestando interesse anche su questa idea della sua costituzionalizzazione. Questo è il passaggio più rilevante della giornata assieme anche alla circostanza che tutti sono d’accordo sul dare maggiori poteri alle regioni, anche coinvolgendo i comuni, ma ovviamente prima passando da una perequazione dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini. E quindi “il come e il quando” di questa maggiore autonomia sono la frase chiave. Non “se farla” ma come farla e quando. Le regioni del Sud soprattutto chiedono che la perequazione attraverso i livelli essenziali delle prestazioni possa essere precedente l’eventuale concessione di una maggiore autonomia alle regioni che lo richiederanno. Per quanto mi riguarda personalmente penso ancora che la maggiore autonomia delle regioni debba passare non dal 116 ma dal 138: cioè essere una riforma costituzionale completa che implichi anche le idee che il Governo pare avere sulla riforma dello Stato quindi una riforma costituzionale reale. Ovviamente la differenza è che il processo del 116 può svolgersi in modo relativamente rapido e questo è l’obiettivo delle regioni del nord, delle regioni più ricche, invece noi pensiamo che il 138 dia maggiore ruolo al Parlamento e garantisca tutti anche sotto l’aspetto dell’eguaglianza e del superamento della questione meridionale. In questo la Conferenza delle regioni è un organismo essenziale che si pronuncia nel 99 per cento dei casi all’unanimità. Per noi è normale avere opinioni diverse in partenza che poi trovano una composizione al momento dell’intesa: un meccanismo che è diverso da quello parlamentare dove si contrappone una maggioranza e una minoranza. Qui invece anche Presidenti di componenti politiche diverse trovano normalmente soluzione all’unanimità e lo faremo credo anche sulla questione dei maggiori poteri alle regioni”.

Proprio il presidente Emiliano, in qualità di vice presidente della Conferenza delle Regioni e province autonome, è intervenuto illustrando le diverse tematiche affrontate in questo primo Festival delle Regioni, un lavoro di studio e approfondimento che fornirà l’ossatura per il documento di prospettiva per il nuovo regionalismo.

“L’attuale stato del regionalismo nel nostro Paese – uno dei passaggi del discorso di Emiliano – è il risultato di un processo lungo e travagliato. Non vi è alcuna riserva pregiudiziale verso percorsi di differenziazione autonomistica che sappiano essere rispettosi, ad un tempo, dei parametri procedimentali o formali e di quelli sostanziali che la Costituzione repubblicana delinea con chiarezza.

La vera questione è, semmai, come e quando. Leale collaborazione, sussidiarietà, adeguatezza, tutela dei diritti civili, politici, sociali ed economici, perequazione delle risorse, principio internazionalista ed europeista sono i principi che devono sostanziare il percorso verso l’attuazione della norma costituzionale sull’autonomia.

Autonomia e solidarietà devono trovare una sintesi, anche politica, che sia in grado di dare sostanza al valore dell’autonomia presente nella Carta Costituzionale.

Per altro verso, occorrerà rafforzare gli strumenti per garantire, anche in considerazione della attuale congiuntura economica, la tenuta sociale del Paese nell’ottica dell’unità nazionale.

Occorrerà assicurare a tutti i cittadini di questa Repubblica pari diritti definendo i livelli essenziali delle prestazioni che per troppo tempo non hanno trovato realizzazione. È su questo che dovremo lavorare anche valorizzando le sedi della concertazione che ci daranno garanzie sulla condivisione del percorso.

La riflessione che emerge, dopo il confronto di questi due giorni intensi, Signor Presidente, evidenzia come le Regioni possano contribuire alle sfide della sostenibilità, della transizione digitale, ecologica, energetica, che il nostro Paese dovrà affrontare, sostenendo e promuovendo la crescita del tessuto imprenditoriale e la coesione economica e sociale”.

“Occorrerà recuperare i divari esistenti – ha poi sottolineato rivolgendosi al Capo dello Stato – e garantire, come Lei stesso qualche giorno fa ha avuto modo di evidenziare, che vi sia una reale uguaglianza anche tra i Comuni. Tutti, Signor Presidente, dovranno avere gli stessi diritti e le stesse opportunità. Siamo chiamati a costruire la rete dei nostri territori. La Rete assume un valore particolare per la tenuta sociale del Paese: i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, la ridefinizione dei fabbisogni di mobilità, la riorganizzazione e il potenziamento del welfare e della sanità attraverso un’organizzazione territoriale più efficace e in linea con i nuovi bisogni dei cittadini”.

“Crediamo – ha concluso – che la sostenibilità possa rappresentare anche un fattore per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la riduzione del divario tra Nord e Sud.

Avvertiamo l’esigenza di un maggiore dialogo e collaborazione di tutti i livelli istituzionali per un’attuazione efficace del Piano nei tempi dati e, a tal fine, ci proponiamo di svolgere a pieno il nostro ruolo istituzionale di accompagnamento dei territori e delle amministrazioni locali. Solo attraverso la leale collaborazione tra i diversi livelli di Governo e il coinvolgimento della società civile potremo concretamente rilanciare il Paese e cogliere questa straordinaria occasione per un reale ammodernamento anche delle nostre istituzioni. È un appuntamento che non possiamo perdere, Signor Presidente, e le confermiamo la nostra volontà di metterci a disposizione di questo Governo, come degli altri che in questi anni si sono succeduti per realizzarlo appieno”.

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INTERVENTO PRESIDENTE MICHELE EMILIANO

6 DICEMBRE 2022 – 1° FESTIVAL DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

Signor Presidente,

desidero anzitutto manifestarLe la nostra gratitudine per aver accettato l’invito a partecipare al primo festival delle Regioni e delle Province autonome: L’Italia delle Regioni.

Questa nostra iniziativa, che intende avere cadenza annuale, si inscrive nel processo già avviato in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario delle Regioni in linea con l’esperienza di collaborazione che il sistema regionale, nell’ambito della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha maturato negli ultimi 40 anni e consolidato nel corso dell’emergenza pandemica.

Ogni anno una Regione prenderà a testimone questo percorso di riflessione, quest’anno la Regione Lombardia, il prossimo anno la Regione Piemonte, e successivamente la mia Regione, la Puglia.

Le criticità e le emergenze che insieme abbiamo affrontato negli ultimi anni ci hanno permesso di consolidare i nostri rapporti e di intraprendere modalità di lavoro sempre più proiettate alla collaborazione e alla condivisione.

Il ruolo che in questi anni così difficili ci è stato affidato ci ha reso consapevoli dell’importanza di avviare un reale confronto con la società civile per individuare prospettive ed obiettivi anche sullo stesso ruolo delle Regioni.

Per questo abbiamo deciso di intraprendere un percorso di approfondimento coinvolgendo gli attori regionali e alcuni stakeholders. Abbiamo individuato tematiche ed ambiti in cui si sono confrontati i Presidenti, gli Assessori regionali, i dirigenti delle strutture regionali, esponenti del mondo universitario e delle istituzioni, del Terzo settore, delle associazioni di categoria e delle grandi imprese.

L’approfondimento, articolato su cinque tavoli tematici, ha cercato di mettere in luce le sfide che dovrà affrontare l’istituzione regionale, negli ambiti della propria azione politica ed amministrativa. Dalle questioni più strettamente legate alla Terra e al territorio, l’ambiente, l’agricoltura, le reti infrastrutturali, economiche e sociali, a quelle di carattere più istituzionale sul rapporto con i Comuni, con le Città metropolitane le Province, le aggregazioni funzionali, per arrivare anche agli scenari internazionali ed europei.

Il contributo che il sistema delle Regioni può apportare allo sviluppo del nostro Paese e le prospettive future del regionalismo sono gli obiettivi che ci siamo dati nel nostro lavoro.

Non c’è bisogno di ricordare che in Assemblea Costituente vi erano forze tout court contrarie all’introduzione del regionalismo, così come forze fortemente in disaccordo su quale tipo di regionalismo adottare nel nostro sistema costituzionale. La scelta del Costituente, a seguito di discussioni serrate, è caduta come noto su un modello duale con distribuzione delle funzioni che oggi, però, sembra segnare il passo.

L’attuale stato del regionalismo nel nostro Paese è il risultato di un processo lungo e travagliato.

Non si può dire che l’autonomia regionale abbia oggi raggiunto quei livelli, qualitativi e quantitativi, che la riforma del Titolo V con le leggi di revisione costituzionale del 1999 e del 2001 aveva lumeggiato, determinando, nel ventennio che è seguito, comprensibili fibrillazioni in quei territori le cui peculiarità mal tollerano il permanere di un modello regionale duale sclerotizzato.

Ed è vero che in una ampia parte dell’opinione pubblica si è diffusa la convinzione che l’acritico mantenimento di uniformità degli ordinamenti territoriali possa persino risultare in contraddizione con il principio stesso di autonomia, a cui appare consustanziale quello di differenziazione.

Non vi è, dunque, alcuna riserva pregiudiziale verso percorsi di differenziazione autonomistica che sappiano essere rispettosi, ad un tempo, dei parametri procedimentali o formali e di quelli sostanziali che la Costituzione repubblicana delinea con chiarezza.

La vera questione è, semmai, come e quando.

Leale collaborazione, sussidiarietà, adeguatezza, tutela dei diritti civili, politici, sociali ed economici, perequazione delle risorse, principio internazionalista ed europeista sono i principi che devono sostanziare il percorso verso l’attuazione della norma costituzionale sull’autonomia.

Autonomia e solidarietà devono trovare una sintesi, anche politica, che sia in grado di dare sostanza al valore dell’autonomia presente nella Carta Costituzionale.

Per altro verso, occorrerà rafforzare gli strumenti per garantire, anche in considerazione della attuale congiuntura economica, la tenuta sociale del Paese nell’ottica dell’unità nazionale.

Occorrerà assicurare a tutti i cittadini di questa Repubblica pari diritti definendo i livelli essenziali delle prestazioni che per troppo tempo non hanno trovato realizzazione.

E’ su questo che dovremo lavorare anche valorizzando le sedi della concertazione che ci daranno garanzie sulla condivisione del percorso.

La riflessione che emerge, dopo il confronto di questi due giorni intensi, Signor Presidente, evidenzia come le Regioni possono contribuire alle sfide della sostenibilità, della transizione digitale, ecologica, energetica, che il nostro Paese dovrà affrontare, sostenendo e promuovendo la crescita del tessuto imprenditoriale e la coesione economica e sociale.

La complicata fase storica vissuta negli ultimi anni ha, indubbiamente, dimostrato l’affidabilità delle Regioni nei campi in cui sono chiamate ad intervenire, evidenziando come esse possano contribuire in maniera determinante all’implementazione e allo sviluppo dei rispettivi territori.

Un ruolo rilevante che, alla luce della particolare congiuntura internazionale, esse vogliono continuare a esercitare nello spirito di leale collaborazione con Stato ed Enti Locali.

La crisi energetica ed i cambiamenti climatici, infatti, impongono la modifica del nostro sistema di approvvigionamento energetico, dei modelli produttivi agricoli e manifatturieri. Impongono, altresì, una rimodulazione delle politiche di difesa del suolo e di protezione civile dai sempre più frequenti eventi calamitosi.

Su tali sfide abbiamo basato le nostre riflessioni interrogandoci su quali nuovi modelli di politiche e governance regionali siano più efficaci.

È emersa l’importanza del potenziamento delle RETI – infrastrutturali materiali e immateriali – quale mezzo di collegamento geografico, di trasmissione e di utilizzo dei dati, e per facilitare l’accesso ai mercati globali.

Le Regioni si faranno parte attiva per promuovere ed agevolare l’innovazione tecnologica e normativa ai fini dell’ammodernamento e del recupero di competitività delle nostre imprese duramente colpite dalla crisi pandemica e dalle conseguenze della guerra in Ucraina.

Servirà anche da parte delle Regioni una verifica delle singole realtà regionali per garantire che gli interventi interessino sia le aree metropolitane, le città medie, le aree interne, i territori montani.

Occorrerà recuperare i divari esistenti e garantire, come Lei stesso qualche giorno fa ha avuto modo di evidenziare, che vi sia una reale uguaglianza anche tra i Comuni. Tutti, Signor Presidente, dovranno avere gli stessi diritti e le stesse opportunità.

Siamo chiamati a costruire la rete dei nostri territori.

La RETE assume un valore particolare per la tenuta sociale del Paese: i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, la ridefinizione dei fabbisogni di mobilità, la riorganizzazione e il potenziamento del welfare e della sanità attraverso un’organizzazione territoriale più efficace e in linea con i nuovi bisogni dei cittadini.

La pandemia ha sicuramente messo in luce la necessità di un cambiamento nella cultura dell’organizzazione del nostro sistema sanitario, partendo dalla Riforma della medicina del territorio per garantire gli interventi in materia di assistenza domiciliare in una logica di maggiore vicinanza.

In questa direzione è importante puntare sulle dotazioni infrastrutturali e tecnologiche per rafforzare la rete, sulla ricerca e sull’innovazione abbinati allo sviluppo di competenze tecnico-professionale, digitale e manageriali del personale.

Tutto ciò si può realizzare attraverso il potenziamento di quegli strumenti già a disposizione, la cui utilità è stata maggiormente messa in luce dalla pandemia, parlo in particolare dello sviluppo della sanità digitale, del fascicolo sanitario elettronico e della Telemedicina anche al fine di colmare il divario tecnologico rispetto al resto dell’Europa e ridurre il divario territoriale.

La costruzione della rete non può prescindere dalla promozione di una nuova visione di integrazione socio-sanitaria, che, peraltro, è essenziale oltre che per ridurre quella che qualcuno chiama l’ospedalizzazione degli interventi, per accrescere la responsabilità ed il coinvolgimento sociale degli operatori e della persona interessata attraverso interventi personalizzati.

Il sistema di governance nell’area sociosanitaria si deve fondare sulla reale attivazione della “presa in carico” della persona e di conseguenza sulla implementazione di modelli e di erogazione di servizi in rete e di prestazioni a partire dai bisogni delle persone.

La non autosufficienza è un altro tema che dovremo affrontare con il nuovo Governo, elemento qualificante per lo sviluppo delle politiche in favore delle persone anziane e non autosufficienti.

Una occasione di progresso civile per il nostro Paese e una priorità per l’agenda politica, verso un obiettivo quello della sostenibilità.

La RETE, peraltro, oggi come forse non mai, è anche alla base del rilancio di una nuova fase dell’integrazione europea che sappia valorizzare l’ideale di un’Europa delle Regioni capace di superare gli egoismi talvolta emergenti da singoli Stati, in un quadro di progressivo ma definitivo passaggio dal concetto di governo a quello di governance.

Ben lungi dall’essere intesa quale elemento di frammentazione o, peggio, di disgregazione, il rafforzamento di un’Europa delle Regioni va proprio nel senso opposto: dovrebbe essere il punto di riavvio di un progetto che, innescato in concreto dal Trattato di Maastricht, sublimi all’interno dello spazio unionale il principio di sussidiarietà.

Non mi riferisco solo alla, pur avvertita, necessità che il Comitato delle Regioni dell’UE acquisti un ruolo più rilevante di quello odierno nei processi di decision making unionale. Sotto questo punto di vista, l’ancora insopprimibile centralità degli Stati nell’architettura europea funesta un reale processo di partecipazione multilivello anche quando si tratti di porre in essere scelte che impattano significativamente sui territori e che hanno ineludibile bisogno dell’ente Regione per la loro attuazione top-down.

Mi riferisco, piuttosto, alla implementazione dell’insieme di quei virtuosi meccanismi di reti territoriali che compartecipano ad una costruzione dal basso dell’Europa. Di recente, ad esempio, il Parlamento europeo, con la risoluzione 16 gennaio 2018, è tornato a ricordare i tratti portanti delle strategie macroregionali europee quali «naturale evoluzione dell’UE in termini di cooperazione transfrontaliera». Fra queste, particolare rilievo assumono per le regioni italiane sia la strategia UE per la regione ionica ed adriatica (EUSAIR), costantemente al centro della crisi migratoria, sia quella per la regione alpina (EUSALP).

Mi riferisco, ancora, agli auspici di rafforzamento della dimensione territoriale nelle politiche per lo sviluppo eurounionale con una rimodulazione dei delicati passaggi che sovrintendono al processo di impegno e utilizzo dei Fondi strutturali. In un contesto in cui l’assetto istituzionale più idoneo al soddisfacimento degli interessi nazionali passa attraverso il regionalismo e il riconoscimento delle autonomie, pare opportuno un deciso consolidamento dell’architettura di governance in chiave multilivello.

Una delle sfide a cui le Regioni sono chiamate nella programmazione delle proprie politiche è la sostenibilità, in tutte le sue declinazioni, quale nuovo paradigma per lo sviluppo economico che deve conciliare la tutela del patrimonio naturale con le esigenze di crescita e sviluppo non solo economico ma anche sociale.

In questo ambito, così nuovo e complesso, le Regioni saranno a disposizione del Paese. Dall’agricoltura alle politiche di ambientali, alla rigenerazione urbana, alla protezione civile, alla difesa del suolo e alla prevenzione del rischio idrogeologico sino al turismo come elemento indifferibile di sviluppo.

Cercheremo in questi ambiti, come sempre abbiamo fatto nel corso di questi quaranta anni, di individuare linee comuni di azione per realizzare uno sviluppo omogeneo e equo per i cittadini e le imprese della nostra Repubblica.

Durante la giornata di ieri con il contributo di importanti stakeholders abbiamo analizzato la molteplicità delle nostre agricolture, ognuna delle quali si muove con diversi obiettivi strategici, passando da un’agricoltura industrializzata più accessibile ad un’agricoltura di eccellenza che affronta le sfide sui mercati internazionali. Abbiamo evidenziato il valore della biodiversità delle nostre produzioni e sollecitato una maggiore presenza dell’agricoltura diffusa nelle nostre aree interne.

Ognuno di questi interventi si colloca nella modernità con diversi processi adattivi che disegnano assetti territoriali e richiedono e richiederanno, in linea con il progresso tecnologico, specifiche politiche regionali.

E, ancora, il tema del dissesto idrogeologico che colpisce così insistentemente l’intera penisola anche in riferimento ai mutamenti climatici.

Ci siamo interrogati sulla relazione tra ambiente, reti di protezione civile, investimenti strutturali per ridurre i rischi e per la messa in sicurezza del territorio.

È emerso anche il tema della governance delle grandi aree metropolitane anche con riferimento all’inquinamento dell’aria, della salute, del consumo delle risorse, del consumo del suolo, della risorsa idrica, delle forme di produzione e distribuzione dell’energia e di come le politiche regionali possano integrarsi con quelle delle città e quelle nazionali ed europee per governare la riduzione degli impatti del modello attuale.

Tema centrale sarà anche l’intreccio tra politiche culturali, ambientali e turistiche per la valorizzazione delle nostre comunità attraverso politiche turistiche che promuovano nuove forme di servizi ricettivi ed esperienziali che permettano al capitale sociale e ambientale di essere risorsa di sviluppo sostenibile.

Partendo dall’analisi dell’attuale contesto internazionale, abbiamo discusso di politiche di coesione, di come dovrebbe cambiare il ruolo che giocano le policy basate sui fondi nazionali ed europei. Occorrerà condividere una linea comune tra Stato e Regioni per garantire che le risorse siano spese laddove effettivamente servano.

Per quanto riguarda il PNRR, tre temi ci sono sembrati di particolare importanza: la necessità di dialogo e collaborazione di tutti i livelli istituzionali, l’adattamento della governance complessiva del Piano allo scenario geoeconomico, la capacità del Piano di trainare il consenso e la partecipazione della società civile.

Crediamo, Signor Presidente, che la sostenibilità possa rappresentare anche un fattore per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la riduzione del divario tra Nord e Sud.

Avvertiamo l’esigenza di un maggiore dialogo e collaborazione di tutti i livelli istituzionali per un’attuazione efficace del Piano nei tempi dati e, a tal fine, ci proponiamo di svolgere a pieno il nostro ruolo istituzionale di accompagnamento dei territori e delle amministrazioni locali.

Solo attraverso la leale collaborazione tra i diversi livelli di Governo e il coinvolgimento della società civile potremo concretamente rilanciare il Paese e cogliere questa straordinaria occasione per un reale ammodernamento anche delle nostre istituzioni. È un appuntamento che non possiamo perdere, Signor Presidente, e le confermiamo la nostra volontà di metterci a disposizione di questo Governo, come degli altri che in questi anni si sono succeduti per realizzarlo appieno.

Mi avvio alle conclusioni Signor Presidente. Questi sono solo brevi accenni alle diverse tematiche che abbiamo affrontato in questo nostro primo Festival delle Regioni che, siamo certi, fornirà l’ossatura per il documento di prospettiva per il nuovo regionalismo che porteremo alla Sua autorevole attenzione quale impegno di tutte le Regioni e delle Province autonome.

Buon lavoro a Lei, Signor Presidente.

Buon lavoro a tutti noi, e a tutti i cittadini italiani che guardano a noi con speranza e mi auguro ancora con sufficiente fiducia.

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