IL 5 febbraio scatta l’embargo verso i prodotti petroliferi russi

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La preoccupazione è per le accise, ma il vero pericolo potrebbe presentarsi il giorno dopo il 5 febbraio quando scatterà l’embargo, verso i prodotti petroliferi russi oggetto del sesto pacchetto di sanzioni della U.E.

L’Europa ne dipende per un buon 33%.

Inoltre è molto difficile sostituire le importazioni dalla Russia. Tra l’embargo scattato a dicembre e quello, che scatterà a giorni l’Europa perde 1,3 milioni di barili al giorno di petrolio e 1,3 milioni di barili al giorno di prodotti petroliferi. La Russia perde i 6 miliardi di dollari incassati dall’Europa.

Dipendenza particolare e quantitativamente rilevante, a iniziare dal gasolio che deriva dalla raffinazione del greggio nelle nostre raffinerie

Già oggi il prezzo del gasolio supera quello della benzina (1,86 verso 1,81 euro a litro alla pompa in modalità self service), ma essendo le accise del gasolio inferiori del 16% rispetto a quelle della benzina vuol dire che già oggi il suo prezzo industriale è più elevato.

Cosa succederà? Un’altra botta all’inflazione o una riduzione dei consumi?

Le merci trasportate, in che misura ne risentiranno? Qualcuno potrebbe pensare semplicisticamente, “sostituiamo le importazioni russe “e, a questa domanda la risposta è che la capacità produttiva disponibile vale due milioni e mezzo di barili al giorno, che sono esattamente la metà dei barili giornalieri esportati dalla Russia.

Altri due problemi rendono la semplicistica soluzione della sostituzione ardua. IL mercato petrolifero internazionale è gestito dal primo esportatore al Mondo, che è l’Arabia Saudita e l’OPEC che, in varie occasioni specialmente l’Arabia è mostrata vicino ai russi.

Crescerà ancora l’inflazione?

Ci sono tutti i presupposti a causa dell’embargo votato con il sesto pacchetto di sanzioni UE.
Cosa succederà dopo il 15 febbraio alle economie soprattutto del vecchio continente, ma non solo? Diminuirà l’offerta di petrolio senza alcun dubbio ma anche di derivati.

Di quanto?

Facendo riferimento alle quantità esportate, prima della invasione dell’Ucraina i barili di petrolio giornaliero erano 5,3 milioni e i derivati cioè olio combustibile, nafta, gasolio per 2,8 milioni di barili al giorno e, la metà li assorbiva l’Europa.
Infine si tenga presente che la capacità di raffinazione dell’Europa è molto limitata. Bisogna solo che la UE i pericoli per le economie li abbia presenti e, quantificati perché davvero i danni potrebbero essere rilevanti.

A tutto questo si aggiunga il price cap sul petrolio russo e le scorte USA ai minimi, dopo le enormi esportazioni volute da Biden. Le previsioni sul prezzo del barile nei primi tre mesi del corrente anno vanno dagli attuali 80 circa ai 115 euro, prezzo massimo stimato da Goldman Sachs.

Altri come la Bank of America stima invece il barile a 95 dollari.
Sugli aumenti vorrei essere serio e obiettivo! Da inizio anno i carburanti sono aumentati di una quantità pari alle accise soppresse cioè 18 centesimi a litro.

A margine poi va richiamata l’attenzione sul fatto, che da sempre sono i gestori della distribuzione a fissare il prezzo dei carburanti. L’evento degli aumenti del prezzo del petrolio, della guerra, del dell’esplosione di debiti pubblici e privati, della crisi climatica portano un economista come Roubini a parlare di stagflazione, inflazione e bassa crescita.

Sconcertanti i dati riportati dal Prof. Roubini: a livello globale, il debito totale del settore pubblico e privato in percentuale del PIL è passato dal 200% nel 1999 al 350% nel 2021.

Il rapporto è ora del 420% nelle economie avanzate e del 330% in Cina. Negli Stati Uniti, è del 420%, che è più alto che durante la Grande Depressione e dopo la seconda guerra mondiale.

 

Foto di マクフライ 腰抜け da Pixabay

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