Rischio Italia, spread in agguato

Attualità & Cronaca

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Ci risiamo, quando la UE e le potenti lobby internazionali, sostenute anche dall’opposizione interna del nostro Paese, decidono che quel governo legittimo, eletto democraticamente dai cittadini italiani, non va più bene perché non persegue i loro interessi, ecco che appare miracolosamente il deus ex machina a risolvere il problema: lo spread. Spesso le parole straniere vengono usate dalla politica nostrana e dai molti giornalisti con una connotazione a dir poco magica ed oscura, quasi ad intimorire il povero cittadino medio, che non mastica l’inglese e rimane impressionato e confuso da questi paroloni ridondanti (torna alla memoria il famoso jobs act del governo Renzi), un po’ come il latinorum del povero Renzo di manzoniana memoria; anche se la politica, per la sua valenza, dovrebbe essere l’arte della chiarezza. Quando non si vuole fare capire nulla al cittadino di cultura medio-bassa si ricorre alle parole straniere. Si sa che gli italiani non sono portati per le lingue! Eppure la lingua serve per comunicare e il nostro italiano è una delle lingue più ricche di lessemi, a confronto l’inglese ed altre lingue europee sono poverissime, ma in questa esterofilia quasi collettiva, che come un virus ha tolto a molti italiani senso critico e raziocinio, tutto è giustificato. Ma che cosa è lo spread? Questo termine inglese è traducibile con la parola italiana “differenza, divario” ed indica la differenza di rendimento tra due titoli dello stesso tipo e durata, uno dei quali è considerato titolo di riferimento; il confronto si fa con Berlino. Lo spread è un indicatore della fiducia dei mercati finanziari nei confronti del Paese che ha emesso i titoli di Stato. Spesso sono le agenzie di rating, o meglio agenzie di valutazione, che condizionano il mercato con i loro giudizi sulla solidità e solvibilità di una determinata società emettente titoli sul mercato finanziario. Sembra che i mercati siano molto sensibili a qualsiasi notizia venga messa in giro dai media finanziari, i quali spesso fomentano una sorta di frenesia politica, evidenziando anche alcune esternazioni dei politici stessi o tacendone altre per influenzare le scelte dei mercati, alias delle borse. Spesso, dai giornali di settore, non si capisce bene con quale finalità, viene dato più spazio del normale al debito, al deficit, al surplus, alla spesa , ai prestiti e inevitabilmente si alimentano i timori degli investitori. Probabilmente vi è l’interesse di fare investire altrove e di danneggiare il nostro Paese. Tutti questi timori finiscono per condizionare e bloccare la stessa azione politica timorosa di allontanare dal Paese gli investitori, ma la politica è fondamentale per apportare cambiamenti reali e benefici concreti. Anche se la politica ha una certa influenza sui mercati, non deve diventare un’ossessione per partiti e uomini politici, né è corretto che certa opposizione strumentalizzi i mercati e lo spread come un grimaldello per colpire il governo, delegittimarlo  e farlo cadere; il tutto ai danni dei cittadini e del Paese. Spesso alcuni esperti guardano in modo poco oggettivo alla politica e al suo impatto  sulle scelte economiche dei mercati, alcune dichiarazioni politiche programmatiche riescono a dare fiducia e magari poi non vengono mantenute, la storia è piena di tante promesse mancate! Certamente i mercati esteri non hanno preferenze politiche, né ideologie da portare avanti; i governi di schieramenti opposti possono portare avanti, indifferentemente, politiche che gli investitori possono apprezzare o no. In genere gli investitori pensano che i partiti del centro-destra siano più favorevoli, mentre quelli del centro sinistra non lo siano; ma oggi tutto ciò è molto difficile da determinare perché le ideologie sono venute meno e la politica è profondamente cambiata. Bisogna ricordare che l’economia in occidente è trainata dal privato che è molti resiliente. Inoltre spesso non si sa se determinate scelte politiche gioveranno o no , lo dirà solo il tempo.

Insomma si capisce bene che l’operato politico non è preso per nulla in considerazione, un governo può anche operare benissimo a livello politico-amministrativo, ma se al sistema finanziario internazionale non piace ha i suoi strumenti per toglierlo di mezzo: i cittadini non hanno più alcuna voce, né vale l’interesse della nazione.  Sembrerebbe che in alcuni corridoi del potere già si ragioni sulla possibile struttura di un nuovo esecutivo. Bisogna ricordare che lo spread era molto più alto al tempo del governo Draghi, ma nessuno ci fece caso perché quel governo era congeniale al sistema.

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