ONU, report dell’UNEP svela test di geoingegneria (finanziati da Gates)

Obiettivo: combattere le radiazioni solari, creando – o distruggendo – nuvole, senza curarsi delle sconosciute – e, ipoteticamente, nocive – conseguenze. L’ultimo rapporto di un programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ci aggiorna sugli infruttuosi tentativi di raffreddare il globo, condotti col carbonato di calcio (lanciato nella stratosfera per schermare il surriscaldamento) o con tecnologie di schiarimento/assottigliamento dei cirri. E mentre le comunità svedesi bloccano – in tempo – il progetto ScoPEx dell’onnipresente Bill Gates, ci si interroga sulla certezza dei vantaggi e sui pericoli nascosti dietro alla sdoganata ingegneria solare

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Contro l’ossessione dei cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale (e a favore del business che la alimenta), mentre si sprecano le “chiacchiere ecologiche” ecco che la geoingegneria diventa una prassi distopica applicata sottobanco. Ma le voci corrono e le perplessità crescono, tanto che a suscitare le recenti riflessioni su questi esperimenti è stato da poco chiamato in causa il rapporto annuale dell’UNEP (United Nations Environment Programme), il programma ambientale delle Nazioni Unite).

Ingegneria climatica: avanti per forza, tra dubbi e paure?

Il report, pubblicato a febbraio e redatto da nove studiosi provenienti da università sparse in tutto il mondo, si intitola “Un’atmosfera: una revisione di esperti indipendenti sulla ricerca e l’implementazione della modifica delle radiazioni solari” e rappresenta un’analisi approfondita delle metodologie scientifiche utilizzate dall’ingegneria climatica nel tentativo di raffreddamento del pianeta.

Sebbene la coordinatrice progettuale dell’UNEP, Andrea Hinwood, abbia espresso la propria più profonda preoccupazione per la mancanza di conoscenze empiriche sui “potenziali rischi, impatti e conseguenze indesiderate” nell’utilizzo di tali tecnologie, in sostanza la strada che si sta scegliendo irresponsabilmente di percorrere sembra essere, si, tutta in salita, ma delineata: “[…]Abbiamo bisogno di saperne di più e sosteniamo la richiesta di un processo di revisione scientifica completo, che sia inclusivo e rappresentativo a livello globale”, ha infatti dichiarato la Hinwood durante un’intervista.

Anche i nove scienziati, autori del rapporto, sono stati cauti nel loro giudizio, affermando come “[…]un’implementazione su larga scala della geoingegneria solare, a breve e medio termine, non sia attualmente giustificata e (attuarla) potrebbe rivelarsi poco saggio”. Tuttavia, è sembrato anche che i medesimi studiosi non volessero comunque scartare la possibilità che questo punto di vista possa un giorno cambiare, se le azioni per contrastare il cambiamento climatico dovessero risultare insufficienti: “[…]La geoingegneria solare è l’unico approccio noto che potrebbe essere utilizzato per raffreddare la Terra in pochi anni”, avrebbero infatti dichiarato.

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Cosa comporta esattamente il “<em>Solar radiation management</em>”?

Un documento reperibile sul portale dell’UNEP asserisce che “[…]nella maggior parte degli approcci con solar radiation management (trad.: manipolazione della radiazione solare), una piccola quantità di luce proveniente dal Sole viene deliberatamente riflessa nello spazio per raffreddare il pianeta. Il sistema messo in pratica prevede l’introduzione nella stratosfera di particelle riflettenti, di dimensioni inferiori al micron (questa tecnologia si chiama SAI – Stratospheric Aerosol Injection, trad.: Iniezione di Aerosol Stratosferico -, ma sarebbero state già testate anche altre metodologie, come lo schiarimento delle nuvole marine – tecnica indicata con l’acronimo MCB – e l’assottigliamento dei cirri – il CCT -”.

Nel report di cui abbiamo parlato, poi, si menziona il fatto che sarebbero già state calendarizzate ben cinque simulazioni con questo approccio tecnico, ma il responso non sarebbe stato mai reso pubblico a causa di ritardi nei test o mancanza di pubblicazioni. Come avvenne nel caso dell’esperimento SAI condotto in Svezia dall’Università di Harvard (parte del famoso Progetto ScoPEx finanziato da Bill Gates) quando, dopo vari fallimenti e a causa delle obiezioni della comunità locale, nel 2021 si decise di bloccare il volo di prova per il rilascio dei granelli di carbonato di calcio a 20 km dal suolo terrestre – e non è detto che sia stato un male, visto che gli scienziati del rapporto UNEP hanno anche chiaramente messo in guardia, a proposito di tutela del territorio, sul fatto che a volte “[…]L’implementazione di geoingegneria solare può anche aumentare il cambiamento climatico, danneggiare o introdurre una serie di nuovi rischi per le persone e gli ecosistemi, compresi quelli per la salute umana e la biodiversità”.

In sintesi, i risultati del programma ambientale delle Nazioni Unite stanno sollevando più domande sulla reale efficacia e necessità dell’ingegneria climatico-solare e (sui potenziali pericoli ad essa associati) di quante certezze e vantaggi provino o riescano a dare. Rimane, dunque, un campo di studio che sicuramente richiederebbe ulteriori ricerche prima di essere adottato su larga scala. Anche se c’è chi paradossalmente dice che “[…]questi vantaggi e rischi potrebbero non essere completamente noti senza un’effettiva implementazione”.
Ma la distopia del “proviamo e vediamo come va”, generalmente parlando, non ci convince nemmeno un po’.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Elisabetta Barbadoro del 05 marzo 2023), sito dell’UNEP, sito dell’UNEP (sezione Archivio documenti e Segretariato per l’Ozono), CUE (Close-up Engineering).

Canale YouTube: UNEP Live, NBC2 News.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

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