L’inflazione cinese raffredda i mercati

Economia & Finanza

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L’economia cinese in lenta ripresa, Powell di nuovo ‘falco’ e il ritorno in Europa del Patto di Stabilità creano un clima di grande incertezza per gli operatori

di Alessandro Galliani

© Lokman Vural Elibol / ANADOLU AGENCY / Anadolu Agency via AFP  – Operatore finanziario borsa di New York

AGI – I mercati restano incerti e sotto pressione, perché i dati sull’inflazione cinese, che a febbraio è stata più debole del previsto, indicano che la ripresa economica del Dragone potrebbe procedere col freno a mano tirato, mentre la Fed non accenna a moderare la sua aggressività sui tassi e c’è preoccupazione per i dati di domani sul mercato del lavoro a stelle e strisce, soprattutto se dovessero essere buoni e spingere dunque la banca centrale Usa a non abbassare la guardia sul costo del denaro.

In Asia i listini sono contrastati, con Tokyo che ha terminato la seduta in rialzo in attesa della decisione della Boj domani: gli investitori scommettono che lascerà invariata la sua politica ultra-accomodante, per aiutare l’economia che zoppica. Debole Hong Kong, mentre Seul e Shanghai arretrano, dopo i dati sull’inflazione cinese, che febbraio frena all’1%, il minimo da un anno. I prezzi in Cina non decollano, nonostante le riaperture e questo fa trapelare delle preoccupazioni sulla forza della ripresa, come dimostrano i prezzi del petrolio che in Asia tornano a frenare, col Wti a quota 76 dollari e il Brent a 82 dollari al barile.

I future a Wall Street e in Europa sono deboli, dopo che ieri la Borsa Usa ha recuperato nel finale e chiuso contrastata, sulla scia dei toni da ‘falco’ usati soprattutto martedì scorso al Senato dal presidente della Federal Reserve, Jerome Powell che hanno alimentato le attese di un aggressivo inasprimento della politica monetaria. Anche il fronte obbligazionario resta turbolento, col 2 anni di nuovo sopra il 5% al 5,06%, il top dal 2007, e il 10 anni che flirta con quota 4%, mentre l’inversione della curva dei rendimenti e cioè l’anomalia per cui i rendimenti offerti per le scadenze più lunghe sono minori rispetto ai rendimenti della parte a breve della curva, resta a -1%, il top dal 1981, un livello che segnala un forte aumento dei rischi di recessione.

Powell falco

Ieri Powell, alla Camera, ha chiarito che la banca centrale Usa non ha ancora preso una decisione sull’entità dell’aumento dei tassi di interesse, anche se il 70% degli operatori scommette che la Fed aumenterà i tassi di 50 punti base alla fine del mese e porterà il terminal rate al 5,5% in estate, mantenendolo su questi elevati livelli per tutto l’anno, senza introdurre tagli. A rafforzare i timori dei mercati anche i dati Adp del settore privato che hanno confermato la forza del mercato del lavoro statunitense, anticipando i dati governativi che saranno diffusi domani. A febbraio l’economia Usa ha creato 242.000 nuovi posti, in forte accelerazione rispetto ai +119.000 di gennaio (dato rivisto al rialzo da +106.000) e sopra i 200.000 occupati in più stimati dagli analisti. Stabile l’euro che resta comunque poco sopra quota 1,05 sul dollaro, che ieri ha toccato il top da tre mesi, sulla scia dei toni da ‘falco’ di Powell.

Il ritorno del Patto di Stabilità

Intanto da Bruxelles la Commissione fa sapere che nel 2024 decadrà la sospensione del Patto di Stabilità introdotta per il Covid e saranno ripristinati i limiti del 3% del rapporto deficit/Pil e del 60% del rapporto debito/Pil. Ripartiranno anche le procedure d’infrazione, anche se le norme cambieranno e l’esecutivo proporrà raccomandazioni specifiche a cui i Paesi dovranno attenersi. Oggi il presidente Usa Joe Biden presenterà la sua proposta di bilancio degli Stati Uniti e il piatto forte sarà il taglio di quasi 3.000 miliardi di dollari dal deficit in un decennio, aumentando le tasse sulle aziende e sulle persone che guadagnano oltre 400.000 dollari l’anno. La crescente enfasi di Biden sul deficit ora non significa che la Casa Bianca preveda una crisi imminente sui 32.000 miliardi di dollari di indebitamento Usa. Semmai, la Casa Bianca spera di creare un netto contrasto con le minacce repubblicane di rifiutarsi di alzare il limite del debito senza ottenere in cambio forti tagli alla spesa. Inoltre, includere questo piano fiscale nell’agenda di Biden puo’ aiutarlo a rafforzare la sua credibilità economica prima della sua prevista campagna di rielezione del 2024.

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