Irrisolto il nodo della molteplicità delle stazioni appaltanti , discrezionalità e limitazione del mercato

Attualità & Cronaca

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L’ennesima riforma del Codice degli appalti.

L’ennesima promessa che saranno sbloccati i cantieri , pur essendo vigente lo “ sblocca cantieri” e la figura del Commissario straordinario , che può derogare al 90% delle norme.

Dovrebbero anche approvare un completamento  lavori visto , che troppo spesso non vengono  “ chiusi” i lavori iniziati.

Condizioni,  le precedenti che non assicurano , che la spesa pubblica sarà un investimento o uno spreco.

Nel Codice modificato compaiono istituti, che hanno destato critiche quando erano vigenti : soprattutto general contractor e  appalto integrato.

Una figura quella del general contractor della famigerata legge obiettivo o legge Lunardi ,definita dall’allora presidente dell’Autorità Anticorruzione Cantone “ una legge criminogena”.

Un general contractor che dovrebbe ottenere un determinato corrispettivo, in base alle prestazioni professionali e specialistiche.

L’appalto integrato da sempre oggetto di critica è identificato come la soluzione ,che ha come fine la rinuncia della pubblica amministrazione al controllo del progetto, che sarebbe così in balia delle scelte progettuali dell’impresa, addirittura alcuni identificano  l’appalto integrato come strumento  preferenziale per la corruzione.

Tecnicamente l’appalto integrato è affidare il progetto e la costruzione all’impresa , che si assume i rischi e assicura certezza di realizzazione e  costi nei tempi previsti.

L’esperienza ci dice che le cose non vanno così perché dopo ,che è avvenuto l’affidamento al committente pubblico viene presentato un progetto esecutivo diverso da quello atteso e o lo accetta oppure  inizia un lungo procedimento di modifica e trattativa con l’impresa.

Quindi appalto integrato generalizzato, azzeramento dei controlli preventivi , innalzamento a 500 mila euro della soglia di qualificazione delle stazioni appaltanti , forte riduzione delle garanzie sul conflitto d’interesse .

Ma non è finita perché ci sono altre modifiche ,che appaiono critiche.

È tale la soppressione del registro degli affidamenti in house gestito dall’Autorità Anticorruzione , che effettuava la verifica dei requisiti  della idoneità dell’impresa , che in house,  quindi fuori mercato acquisisce un appalto pubblico. Requisiti richiesti da norme interne e comunitarie.

Quanta discrezionalità ci sarà del dirigente pubblico nell’affidare direttamente appalti fino a 150 mila euro? Non si rischia di privilegiare legami con soggetti locali o parenti o con il politico potente locale?

Utilizzando le tecnologie informatiche è possibile fare presto analizzando e verificando le offerte.

IL dato centrale della riforma del Codice è “ il fare presto a prescindere “ , il risultato della qualità dell’opera e della progettazione è secondario !

Altra perla è la forte limitazione  del dibattito pubblico , un istituto di democrazia partecipativa, di confronto tra pubblica amministrazione e privati, riguardante materie sensibili come il governo del territorio e l’ambiente.

IL “debat public” è stato introdotto , in Francia con la legge cosiddetta “legge Barnier” e considerato  quale espressione di un nuovo diritto  di natura costituzionale , di partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche in materia ambientale.

E ancora  il cosiddetto subappalto,  a cascata con  criteri di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, alias il dirigente comunale o della impresa pubblica da esercitarsi caso per caso.

Salvini addirittura afferma “recuperando lo spirito della legge obiettivo, grazie alla quale tante opere sono state fatte, si prevede anche – considerando che resta il dibattito pubblico normato dall’articolo 40, com’è giusto che sia – che in Consiglio dei ministri si possa prevedere un meccanismo di superamento del dissenso qualificato, perché io non voglio vivere in un Paese dove il singolo contenzioso a livello locale, della singola micro-associazione, blocchi opere pubbliche da centinaia di milioni di euro”.

Giusto ricordare a Salvini , che è stato non l’inesistente dibattito pubblico fino al 2016 , ma la legge obiettivo che in 10 anni fece lievitare il costo delle opere  da 125,8 a 367,4 miliardi di euro, con aumento delle opere da 115 a 390  di cui solo l’1%  ultimate con un valore pari a 4,4 miliardi.

Altro che numerose opere realizzate con quella legge !

Apprezzamento per il Principio del risultato introdotto dal Codice modificato ma opportuno ricordare che di risultati nella amministrazione pubblica se ne parla da tre decenni. La “responsabilità da risultato” per la dirigenza pubblica  (articoli 4 e 20 del decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché regole, che hanno disciplinato il sistema della valutazione delle performance, introdotto dal ministro Renato Brunetta con la legge n. 15 del 2009.

Di certo le modifiche mortificano il mercato  a beneficio non dell’impresa più capace, ma di quella “più vicina e che conosco”, come mette in guardia il presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, riferendosi in particolare agli appalti minori,  sotto i 150 mila euro.

 

 

 

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