La passione per il Giappone e il valore dei sogni. Intervista a Mia Another

Arte, Cultura & Società

Di

a cura di Mariangela Cutrone

Ancora una volta con le sue storie in cui romanticismo ed eros si fondono a pieno, la scrittrice italiana Mia Another ci immerge nel grande e suggestivo mondo nipponico. In libreria e in tutti gli store on line potrete acquistare “L’amore non è un manga”, edito da Newton Compton, una commedia romantica che vi terrà incollati sino all’ultima pagina.

Una trama avvincente con protagonista una neo attrice che affronta per la prima volta i ritmi, le abitudini e le invidie del suo primo set cinematografico che la condurrà direttamente a Tokyo. Grazie a questa esperienza acquisirà non solo nuove competenze e nuove capacità indispensabili per il mestiere di attrice ma imparerà a capire qual è il vero amore e il valore del sentirsi liberi e coerenti con se stessi e i propri sogni.

E proprio di sogni e di qual è il segreto per conciliare al meglio una carriera e un rapporto di coppia conversiamo piacevolmente in questa intervista con Mia Another che ancora una volta si è dimostrata con noi molto gentile e fonte di ispirazione.

Con “L’amore non è un manga” ci riporti ancora una volta nel mondo nipponico con le sue magiche e suggestive atmosfere. Come e quando è nata questa tua passione per il Giappone?

Ho iniziato ad appassionarmi a questa cultura da adolescente, leggendo fumetti giapponesi e guardando anime. L’interesse si è poi evoluto nel corso degli anni, mentre mi approcciavo alla letteratura nipponica, storica e contemporanea, e produzioni videoludiche e cinematografiche.

Il tuo romanzo ci invita a riflettere sul ruolo della libertà in amore. Per te quale ruolo ha la libertà all’interno della coppia?

Non penso che possa esistere un amore senza libertà. O, perlomeno, sarebbe qualcosa che assomiglia all’amore, ma che in realtà cela possessività, prevaricazione o stereotipi di genere. Penso che ognuno di noi debba avere il diritto di manifestare la propria personalità e inseguire i propri sogni, e di essere amato soprattutto per questo, sostenuto e incoraggiato. La complicità è il collante di una relazione, perché quando coloro che amiamo sono soddisfatti e felici, fieri di sé, allora lo siamo anche noi, di riflesso.

Ad un certo punto Camilla, la protagonista del tuo romanzo, si porrà questa domanda. “Amore e carriera sono conciliabili”? Tu cosa risponderesti?”

Riagganciandomi alla domanda precedente, direi proprio di sì, sono conciliabili, ma solo se affrontati in maniera sincera e tollerante, rispettando i bisogni, i tempi e gli spazi dell’altro. Non si può costringere qualcuno a rientrare in uno schema di relazione che è troppo diverso dal proprio ideale.

Il sogno di Camilla è quello di diventare un’attrice di successo? Qual è il sogno di Mia Another?

Vorrei continuare a scrivere di ciò che amo e che mi incuriosisce, migliorando il mio modo di comunicare con i lettori, in modo da poter raccontare nuove storie a un numero sempre maggiore di lettori. In poche parole, vorrei essere una Scrittrice, sì, con la S maiuscola.

Che ruolo hanno i sogni nella vita di ognuno di noi secondo te?
Credo fermamente che siano il motore della nostra società. I sogni sono quelli che ci portano ad affrontare sfide e difficoltà per raggiungere un obiettivo, che ci fanno uscire dalla quotidianità per cambiare la nostra vita, per cambiare il mondo che ci circonda. Sono alla base di qualsiasi progresso. Senza sogni da inseguire, penso che l’umanità non sarebbe andata così avanti.

C’è un personaggio de L’amore non è un manga al quale sei più legata rispetto agli altri e se sì perché?

Mi sento particolarmente legata a Shou, il fratello maggiore di Hiro Yamada. Ogni volta che scrivo un romanzo, cerco sempre di incapsulare una parte del mio carattere o dei miei pensieri in uno dei personaggi. Curiosamente, scelgo quasi sempre quelli maschili, e… Stavolta è toccato a lui. Shou è un pezzetto di me.

Nei ringraziamenti hai dichiarato che sei reduce di un periodo buio della tua esistenza. Quanto la scrittura ti è stata d’aiuto?

Sarebbe molto bello poter rispondere che la scrittura mi ha aiutata ad affrontare la depressione, ma sarebbe anche una bugia. Nel periodo peggiore non scrivevo affatto, non ci riuscivo, non ne avevo le energie. Ad aiutarmi sono state le persone a me care e vicine, la terapia e, in un secondo momento, la lettura. Sono stati i libri, in un certo senso, a contribuire al mio miglioramento. Perciò, potrei dire che è stata la scrittura altrui ad essermi d’aiuto, in particolare Margaret Atwood, Neil Gaiman e Tolkien (un grande classico, lo so).

Il Tuo libro “Tokyo a mezzanotte” sta diventando una serie televisiva. Cosa si prova ad aver raggiunto questo grande traguardo?

La verità è che ancora non ci credo. Per me è una cosa talmente grande, talmente impensabile, che se ci penso ho le lacrime agli occhi. Quando ho ricevuto quella telefonata, ho pensato fino all’ultimo minuto di aver capito male, o che avessero sbagliato numero. Ancora adesso faccio fatica a crederci; di tanto in tanto, mi verrebbe da chiamare il produttore e chiedere: “Ma siamo proprio sicuri sicuri?”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube